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Sui "piccoli comuni"...

Sarà una risata che vi seppellirà

  24/06/2020

Di Antonio Grassi

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All'improvviso si scoprono i piccoli comuni. Una quindicina di giorni fa se ne è accorta la Rete delle Comunità socialiste Cremonesi. Pochi giorni dopo è arrivata la Provincia.  I socialisti hanno proposto un Forum provinciale per realtà sotto i 5 mila abitanti. La Provincia ha lanciato i Comitati consultivi dei comuni medio-piccoli. Curiosa coincidenza, ma meglio l'abbondanza che la carestia. 

Si è passati dai calci nelle palle, alle carezze, che fanno piacere, ma che rimangono fine a se stesse, se non accompagnate dalla sostanza.  Dopo i proclami servono i fatti.  È scontato, ma ribadirlo non procura indigestione.

L'amore platonico non è contemplato nella gestione della pubblica amministrazione. Limitarsi alle dichiarazioni d'intenti è una captatio benevolentiae se si pensa bene, oppure una presa per il culo se si pensa male. 

L'agire con le parole funziona per gli attori a teatro non per chi amministra. Vale per pubblico e privato. In questo caso vale soprattutto per l'amministrazione provinciale, un po' meno per i socialisti. Di concreto costoro hanno idee e proposte, che è tanta roba, ma da sole le intenzioni sono insufficienti a modificare lo status quo.

I socialisti non sono nelle stanze dei bottoni e non godono di abbastanza consenso per condizionare quelli che nelle stanze ci stanno. Apprezzabile quindi il loro sforzo.

Un po' diversa la situazione per la Provincia, che in una di queste stanze si trova, anche se, per rispetto alla verità, non dispone di grandi bottoni, ma di bottoncini microscopici. 

Per andare al sodo: ai piccoli comuni deve essere conferita la possibilità reale di incidere nelle decisioni strategiche, progettuali, amministrative del territorio. Altre formule o soluzioni sono fuffa, aria fritta.

Le affermazioni di principio, tipo «i comuni piccoli hanno la loro dignità, non devono essere penalizzati», «è giusto che siano ascoltati anche loro», «sono una realtà importante non possono essere ignorati» e altre espressioni simili, utilissime per apparire democratici, dialoganti, disponibili non bastano per salvarsi l'anima. 

Inflazionati, questi modi di dire vengono spesso accolti dai sindaci dei piccoli comuni con un «le solite puttanate», che non è un complimento per chi li pronuncia e neppure un buon viatico per la rivoluzione.

Se veramente si crede nel ruolo dei piccoli comuni è necessario un impegno preciso per modificare la condizione di paria in cui gli stessi si trovano. Per rendere più equi i rapporti tra lillipuzziani e giganti. Per trasformare l'ottone in oro. 

Uniti, in provincia di Cremona, i mingherlini contano quanto i palestrati, ma i Rambo spadroneggiano. Più diplomatici dell'eroe cinematografico, non usano i muscoli. Preferiscono il dividi et impera, ma intanto, con ma intanto con sottile ruffianeria, inneggiano alla coesione del territorio. Certo, se serve, non disdegnano di gonfiare i pettorali. Ma, è noto, quando ci vuole, ci vuole. 

Un esempio per tutti.

La legge Delrio, che regola l'elezione del presidente e del consiglio provinciale, è un insulto ai piccoli comuni. La somma dei voti di tutti i consiglieri di un comune al di sotto dei 3 mila abitanti, vale meno di un voto di un singolo consigliere di Crema o Cremona. Risultato: l'attuale presidente della nostra provincia è stato praticamente eletto dalle due corazzate. O, con un'ottica meno assolutista, il risultato è stato da loro fortemente influenzato.

Lo stesso succede, ma con diverso meccanismo, nelle società pubbliche partecipate dai comuni, nelle nomine negli enti che contano e anche in quelli che non valgono una cicca di sigaretta. Se fosse possibile anche nel club della briscola e in quello lippa e pure nei fans club di Star Wars e non è detto che non avvenga.

La legge Delrio non solo penalizza i piccoli comuni, ma è anche un insulto al buon senso.

Il presidente in carica è stato eletto lo scorso novembre. Il consiglio in carica scade il prossimo novembre, in quanto la legge prevede una durata dei mandati differente: quattro per il re, due per i vassalli.  

A novembre si dovrebbe andare alle elezioni per rinnovare il Consiglio. Dalle urne potrebbe uscire una maggioranza politica diversa da quella attuale.  Ne deriva che il presidente potrebbe ritrovarsi a gestire un Consiglio con progetti diversi da quelli con cui ha iniziato.

Poche settimane fa lo stesso presidente ha nominato i consiglieri delegati, che sono assessori senza diritto di firma. Con luglio e agosto, mesi dedicati alle ferie, con la scadenza, appunto del loro mandato a novembre, cosa possono programmare i neo delegati? 

A questo bisogna aggiungere che l'elezione del presidente viaggia ancora nelle aule dei tribunali in attesa di sentenza.

Sarà un risata che vi seppellirà. Non per la fantasia che conquista il potere, auspicio del movimento del 77. Non speranza degli anarchici che nei primi anni del secolo scorso sbeffeggiavano il potere. Ma per non piangere.

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