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Giornata della Memoria 2025 /3

  30/01/2025

Di Redazione

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Gallery Giornate 2019-2024

Forum dei lettori

Oggi giornata della comunicazione nell'ambito del Giubileo 2025 ha riunito a Roma migliaia di giornalisti, anche non cattolici. Il Papa ha ribadito l'importanza di un'informazione basata sulla verità dei fatti.  È dannoso trattare il vero e il falso come ugualmente validi. Una stampa libera e cittadini consapevoli di verificare la verità delle notizie sono entrambi fattori fondamentali per la democrazia. Domani giornata mondiale della Memoria non dev'essere una ricorrenza, ma una missione a fare riflettere e attivare le coscienze di ognuno verso la pace e la giustizia fra i popoli della Terra. Le guerre portano alla disumanizzazione del "nemico" e le atrocità e la distruzione che esse producono non devono lasciarci indifferenti. Oggi più che mai il ricordo della Shoah deve farci capire in che abisso morale ci può portare l'odio.

C.L., 26 gennaio 2025, Vicenza

Il giorno della memoria mi trasmette angoscia perché sono ricordi che affiorano sempre, sono presenti nella mente e nel cuore tutto l'anno. Seguo le varie trasmissioni televisive già sapendo che rivedrò film o sentirò' testimonianze già conosciute gli scorsi anni, sperando che le famiglie o la scuola avvicinino i più giovani a vivere queste realtà …ora sono incuriosita del film che uscirà credo mercoledì sul primo canale: la farfalla impazzita. Una donna che non perdona chi ha causato tanti lutti nella sua famiglia e nel mondo in cui viveva. Senz'altro mi immedesimerò in lei. 

Abbiamo perso una settantina d'anni nello stendere un velo pietoso sulle efferate nefandezze perpetrate in quei tempi …e queste sono le conseguenze   ahimè… Domattina a PIZZIGHETTONE sentitemi vicino.

Clara Rossini, 26 gennaio 2025, Cremona

Mio pensiero, oggi io non celebro la giornata della memoria con la sua accezione originale.

Oggi, se mai la mia memoria va a tutti i bambini, giovani, donne, anziani, vittime di carneficine disumane.

A tutte le vittime del mediterraneo, ai poveri di tutto il mondo che muoiono di stenti mentre multimilionari pianificano di colonizzare Marte...

Questo rappresenta per me la giornata di oggi. Memoria per chi è morto come vittima!

Paola Tacchini – Consigliere Comunale, 27 gennaio 2025m Cremona

Rassegna della stampa correlata

La memoria e l'attualità, editoriale di Mauro Del Bue

Per definire l'eliminazione spietata e programmata di milioni di ebrei nei campi di concentramento e di annientamento nazisti si sono usati due termini: olocausto e shoah. L'olocausto, termine greco, allude ai corpi bruciati dai nazisti, la shoah, che significa strage, distruzione, comprende invece sia l'eliminazione fisica degli ebrei sia le leggi, quella tedesca di Norimberga del 1935 e le leggi razziali italiane del 1938 che l'hanno determinata o sostenuta. Per non dimenticare questa efferata carneficina il 27 gennaio di ogni anno viene celebrato il giorno della memoria, come prescritto dalla risoluzione 60/7 dell'Assemblea generale delle nazioni unite del 25 gennaio del 2005. La data corrisponde alla liberazione da parte dell'Armata rossa del campo di concentramento di Auschwitz. Il pensiero vada subito agli ebrei perseguitati, solo per la loro razza e per la loro religione, ma anche perché ritenuti a capo di non si sa quale complotto internazionale, agli ebrei, uomini, donne e bambini, soffocati a milioni nelle camere a gas, secondo i deliberati relativi alla “soluzione finale del problema ebraico”, ma cominciata con la segregazione degli ebrei, poi con la notte dei cristalli e infine con la persecuzione vera e propria di un intero popolo, che vantava tra i suoi massimi esponenti uomini come Albert Einstein, Franz Kafka, Sigmund Freud, Karl Marx. Mai una popolazione é stata soggetta a tanta e tale violenza. Ricordiamo con orrore le ignobili e orribili sperimentazioni sui bambini ebrei, soprattutto i gemelli, ad opera del dottor Morte, alias Joseph Mengele, che riuscì a scampare dopo la fine della guerra rifugiandosi in Sud America e morì per un ictus in un luogo di vacanza in Brasile. Com'é noto Adolf Eichmann, uno dei massimi responsabili dello sterminio, fu invece catturato dai servizi segreti di Israele in Argentina e condannato a morte dopo un processo diffuso dalle televisioni in mezzo mondo nel 1962. I principali esponenti del nazismo (Hitler e Goebbels si suicidarono nel bunker prima che i sovietici arrivassero nelle vicinanze e Himmler si tolse la vita una volta catturato dai britannici mentre fuggiva), da Erman Goering, a Joachim Von Ribbentrop, ad Alfred Rosenberg a Martin Borman e altri vennero processati a Norimberga nell'immediato dopoguerra e condannati a morte, Rudolf Hess venne condannato all'ergastolo (suo il famoso viaggio in Inghilterra probabilmente non su ordine di Hitler per trattare una pace separata nel 1941). Hess morì nel carcere di Spandau nel 1987, togliendosi la vita (ma vi sono dubbi sulla causa della sua morte). In Italia la persecuzione degli ebrei inizia nel luglio del 1938 col manifesto sulla razza firmato da decine di intellettuali in cui si scriveva che “i cittadini di razza ebrea non sono italiani”, poi con le leggi razziali dello stesso anno che impedivano agli ebrei di insegnare, frequentare scuole, avere incarichi negli enti pubblici ecc. Il 30 novembre del 1943 un ordine di polizia decretò che gli ebrei dovevano essere arrestati. Dopo un periodo di detenzione in carcere erano trasferiti nei campi di transito, e di là deportati nei campi di concentramento nazista. In Italia i campi più importanti erano due: quello di Fossoli, nel comune di Carpi (presso Modena), e quello di Trieste, detto della “Risiera di San Sabba”. I fascisti realizzarono il campo di concentramento di Fossoli nel 1942 per rinchiudervi i prigionieri di guerra inglesi. Nel 1943 la Repubblica di Salò lo utilizzò per l'internamento degli ebrei. L'anno dopo il campo passò sotto la gestione diretta delle SS. Nel 1944 da Fossoli partirono otto convogli ferroviari, 5 dei quali ebbero come destinazione il campo di concentramento di Auschwitz. I deportati furono circa 5000, di cui la metà ebrei. Gli altri erano partigiani, oppositori politici, renitenti alla leva. La risiera di San Sabba era un vero e proprio campo di sterminio. Qui vennero uccise dalle 3 alle 4mila persone. Poi vi erano altri due più piccoli campi, uno nella provincia di Cuneo e uno a Bolzano. Gli ebrei italiani erano, secondo il censimento del 1938, 52.812, e circa il 13%, 7.500, perse la vita nei campi di sterminio. Novemila furono i deportati. Oggi questo bisogna ricordare. Nuove tendenze anti semite stanno emergendo nel mondo e gli ebrei devono ancora soffrire pericoli e discriminazioni. E' vero, si può essere anti sionisti senza essere anti semiti, ma in un momento questo negare la legittimità dello stato di Israele, legittimato dall'Assemblea dell'Onu nel 1947 unitamente alla creazione di uno stato arabo-palestinese, significa schierarsi dalla parte di chi questo stato intende distruggere, le frange terroristiche palestinesi di Hamas e non solo. Certo la guerra continua. E insanguina, dopo la carneficina di Hamas nei territori israeliani, la striscia di Gaza ridotta ormai a un cimitero e a un cumulo di macerie. Il recente accordo per uno scambio di prigionieri non basta per guardare al futuro con fiducia. Come le divisioni, oggi, per le commemorazioni del giorno della memoria non fanno onore a chi le ha provocate.

La "pietra" alle mura del carcere di Pizzighettone

Cronaca dell celebrazione

Come annunciato dalla nostra testata, cooperante insieme a PD, Comunità Socialista, ANPI, Gruppo Consiliare Insieme si Cambia, per l'allestimento dell'evento, si è svolta nella tarda mattinata di lunedì 27 in Piazza d'Armi la celebrazione della Giornata della Memoria identificata nel motto:

Inciampiamo nella memoria Teniamola accesa Costruiamo la pace.

L'evento riprendeva specificatamente il senso del percorso di testimonianza con cui tre anni fa l'opposizione consiliare, interprete del diffuso sentiment popolare ed espressione dell'antifascismo pizzighettonese, aveva ufficialmente chiesto di revocare la cittadinanza onoraria attribuita a Mussolini dal fascismo locale in immediata successione al delitto Matteotti. Gesto in progressione succeduto dalla richiesta di collocare una “pietra d'inciampo” per ricordare i 400-500 reclusi nel carcere locale ed avviati ai lager e dalla celebrazione caratterizzata del 79° della Liberazione.

Va doverosamente ricordato che il collegamento antifascista ed il gruppo consiliare avevano ripetutamente chiesto al Sindaco ed alla Giunta di allestire unitariamente tali eventi, in unità di spirito democratico e di riaffermazione dei superiori valori riferiti alla Costituzione Repubblicana.

Ed, altrettanto doverosamente, va precisato che la maggioranza di destra che regge il Comune si è sempre opposta a tale spirito e a tale proposta, con controdeduzioni capziose quando non manifestamente capziose. Maggioranza che ha voluto ben marcare il presidio del terreno negazionista e revisionista anche con la predeterminata assenza dall'evento.

L'iniziativa comunque si è svolta, in piena aderenza allo spirito informatore e con pieno successo partecipativo. Da parte di semplici cittadini, dagli aderenti alle associazioni organizzatrici e del Consigliere Comunale Giancarlo Bissolotti.

Sarebbe stata preferibile, considerando la specificità storica di richiamo dell'importante Borgo dell'Adda, un'iniziativa universale di tutto l'ambiente democratico ed antifascista locale. Ma è andata così. E così coerentemente proseguirà questa ferma determinazione locale a far inciampare le coscienze e le testimonianze nella memoria storica.

Oltre alla partecipazione fisica, sono pervenuti numerose adesioni. Tra queste quella del Presidente dell'Associazione Partigiani Cristiani, prof. Franco Verdi, che con un messaggio, di cui ha dato conto la speaker della manifestazione, testimoniava il valore, la doverosità e l'insostituibilità della memoria storica. Di cui l'iniziativa di Pizzighettone era manifesta applicazione.

Il prof. Gian Carlo Corada, Presidente provinciale dell'Anpi, comunicava:

Desidero far pervenire a voi, a nome anche del Direttivo Provinciale dell'Anpi, il ringraziamento più sincero per lo spirito civico e l'attaccamento ai Valori di libertà e democrazia che state dimostrando. L'iniziativa in ricordo dei prigionieri deportati dalle carceri di Pizzighettone, promossa dal locale circolo Pd, da “Insieme si cambia Pizzighettone”, dall'Anpi, dalla Comunità Socialista e dall'Eco del Popolo, ha una profonda valenza umana e politica. Nel giorno che ricorda l'immane sterminio di milioni di innocenti è giusto ricordare una vicenda troppo a lungo trascurata. Ciò che colpisce, in questo come in altri casi, è da un lato la ferocia degli esecutori e dall'altro l'indifferenza con cui una parte della popolazione (allora come oggi del resto) reagisce all'efferatezza di simili accadimenti. E se grave è stata ed è l'indifferenza, ancor più grave è stato il comportamento di chi ha collaborato nel perpetrare tali infamie e di chi ancora oggi si ostina a negarle od a giustificarle. Occorre sempre ribadire che, al di là dell'umana pietà dovuta a tutti, vi è una profonda differenza tra chi ha contribuito alla deportazione di tanti innocenti e chi, col sacrificio a volte della vita, ha combattuto per l'indipendenza del nostro Paese e per la libertà di tutti. E di conseguenza il giudizio deve restare profondamente diverso. Ecco perché iniziative come questa non sono semplici cerimonie ma importanti momenti di vita politica democratica e di insegnamento per tutti. Affinché quello che è avvenuto non debba mai più ripetersi, magari in forme diverse, e tutti si possa vivere in un mondo migliore, senza le paure e le tragedie del nostro passato.

Esaurite le premesse, Elisa Mancinelli, ha nome e per conto del “cartello” degli organizzatori, ha esplicitato il significato, generale e locale, della celebrazione della Giornata della Memoria. Ricordando, come nel prosieguo avrebbero fatto Elena Tonus, Gianni Grazioli, presidente del Circolo Anpi e Gianfranco Gambarelli, il carattere trasversale della celebrazione. Dedicata al filone identificante della Shoa, ma anche a quelli apparentemente secondari di tutti gli Internati, per discriminazione di razza, di religione, di opposizione politica all'omologazione ai “valori” e ai parametri propugnati e imposti dal nazifascismo.

Proprio a ciò si è sin dall'inizio riferita la motivazione di rendere tangibile e percepibile la traccia di una tragedia che, nell'ultima fase del secondo conflitto, si materializzò come immane tragedia tra le mura del carcere posto nel cuore monumentale del Borgo storico.

Dopo la collocazione della “pietra” (sostitutiva cartacea, nella premessa che nel proseguo sia possibile la versione lapidea) i partecipanti, sotto la guida dello storico Gambarelli, anima del Museo delle Mura ed autore di importanti saggi dedicati alla storia del Borgo ed in particolare del Reclusorio, hanno compiuto una visita interna alla struttura, preservata e resa percepibile, a livello di ambientazione divulgativa e didascalica.

Gambarelli, con dovizia di particolari, ha ricordato che da quel complesso detentivo nel periodo 1943-1944 sarebbero partiti 400-500 li reclusi, per la loro testimonianza da “fuori dal coro” dell'obbedienza ai regimi liberticidi, oppressivi e discriminatori. Andrebbe qui aggiunta una circostanza di non poco conto. Dopo 8 settembre (del 1943) gli occupanti nazisti (con l'ovvia e attiva cooperazione fascista) catturano 650.000 soldati italiani, che rifiutano l'arruolamento nelle loro file o in quelle della RSI. Per questo rifiuto vennero internati nei lager tedeschi. 50000 di loro moriranno per malattia e violenze.

"Un abominio nazista che trovò la complicità del regime fascista".

È a questo spirito, per concludere, che si richiama il progetto della "pietra" idealmente installata nella Giornata della Memoria alle Mura del Reclusorio di Pizzighettone. Che nel 1943-44 racchiuse appunto 400-500 reietti la cui colpa fu di non omologarsi alle atrocità del combinato tra nazismo e fascismo (nell'accezione in parte se non sorprendente inaspettata del Capo del Governo e delle due massime autorità di vertice parlamentari).

Andata! …o andata?...

…chi…cosa (soprattutto, nell'interpunzione contrapposta). Ci riferiamo, ovviamente, alla “Giornata”, tardivamente approdata (forse tardivamente) nei palinsesti delle celebrazioni universali vent'anni fa, per effetto della risoluzione 1.11.2005 in Assemblea Generale della Nazioni Unite, per commemorare le vittime dell'Olocausto.

L'esordio fu caratterizzato da comprensibili elementi di innesco e di collaudo, per un “pannel”, che, per quanto rispondente all'inaggirabilità di un dovere testimoniante, metteva nel piatto non inaspettabili attriti. Po da una decina d'anni dopo l'iniziale punzonatura, la Giornata fu ben istradata e collaudata da un trasporto militante quasi generalizzato (al netto, ovviamente, dei contrarians d'ufficio e di una certa aliquota di non simpatizzanti). Che si sono in qualche modo saldati fino a diventare una “categoria”. Che, in questo inizio di 2025, hanno in tanti modi reso la vita non esattamente facile ad una degna celebrazione. 

Ok…succede quando il retroterra integra riserve e/o intenzionalità non esattamente trasparenti, tenute di scorta per il momento giusto di quando la ragion di stato (della prevalenza soggettiva) si arma per testimonianze di parte. In cui tutto il pregresso trasversale cede il passo alla priorità della parte.

E' stato il caso delle premesse e della “consumazione” in corso d'opera di questa Giornata 2025. Per cui le due opposte interpunzioni hanno messo alla prova il nostro bagaglio percettivo e l'obiettività di valutazione.

Per come abbiamo “lavorato” la “pratica” territoriale dobbiamo dire che “è andata!”. Nel senso che la Giornata (su cui in ogni caso incombeva un po' “di freno a mano” tirato e occasionato dalla cappa delle polemiche interno al campo naturale) si è snodata con un buon rating prestazionale, che ha registrato un territorialmente diffuso calendario di iniziative (per lo più di iniziativa autonoma). E (come dimostra l'iniziativa di Pizzighettone sviluppatasi in un quasi idilliaco contesto di idealismi e consapevolezze) con quasi niente schizzi delle devastanti polemiche extra moenia.

Che non ci sia stata ricaduta sul nostro contesto è fatto assolutamente positivo, che qualifica la buona intenzionalità dei players del campo, ma non esime (almeno noi) dal tornarci su. Per ragioni di chiarezza ma anche di esorcismo del pericolo che questa spada di Damocle (dell'autolesionismo) continui a pendere sulle teste dell'antifascismo, lasciateci argomentare. Partiamo da un'esternazione, quella di Liliana Segre, che ci ha letteralmente schiantato: “alla fine...della shoah non se ne parlerà più.

Mentre l'Anpi (che ha in pancia tronconi fortemente indiziati di frazionismo del fronte) ha rassicurato:

La nostra battaglia contro l'antisemitismo 365 giorni all'anno.

Non ne dubitiamo. Ma se è permesso un consiglio spassionato e benintenzionato rivolto genericamente alla maggiore associazione partigiana: handly with care (in materia di rilascio di accrediti di equivalenza di titolarità di shoah).

Calma e gesso, verrebbe da dire di fronte ad un tendenziale sfascismo di campo comune; nell'intento che si arresti e riposizioni cuori e menti là dove appare indispensabile.

Alcune importanti espressioni del mondo ebraico italiano, talvolta coeso ma nella circostanza articolato (specularmente alla gamma dialettica del più ampio schieramento anti nazifascista), rilevano (non del tutto immotivatamente, anche se dovrebbero essere prevalente la sollecitudine al mantenimento in questi contesti problematici della coesione della cifra testimoniante) rilevano:

Alcuni leader dell'Anpi hanno dimenticato gli scopi istituzionali dell'Associazione... che non è più quella di un tempo.

Esternazione questa che costituisce premessa ed epicentro della scelta di settori della testimonianza ebraica di disertare alcune iniziative dell'Anpi. Motivazione questa che noi, per quanto in parte non azzardata, noi riteniamo, in questo drammatico momento, erronea. Prendere le distanze (per giunta, rumorosamente) non è come direbbe Peppone, "lavoro da levatrice", bensì gesto infecondo di divisione a vantaggio del competitor. Contrariamente a quanto sostiene Noemi di Segni, l'Anpi è quella di un tempo. Nel bene (perché insieme a ANPC costituisce la dorsale della rappresentanza valoriale dell'underground che è stato ed è l'antifascismo nel rapporto di tutta la scaturigine della Resistenza, della Liberazione, della Costituente, della Costituzione) e nel male, per l'indomabile impulso ad essere "deviata". Prima dalle pulsioni "militariste" (della Resistenza che continua in vista di taumaturgiche spallate redentrici e che non doveva restare sorda a certi collateralismi) e, poi (nella transizione e negli snodi del processo di eradicazione delle grandi aree popolari) dalla pretesa di revamping di una mission che fornisca scopi surrogati destinati a rivitalizzare (nell'associazionismo partigiano) le motivazioni del partito ideologico e radicale che non c'è più.  In ciò trasformando l'ANPI (per obiettività, settori) in un surrogato, officiato ad esprimere controfattuali equivalenze tra genocidi, ad occuparsi di flussi migratori, trivelle ed ambientalismi estremi, appartenenze internazionali non in linea ai capisaldi degli ultimi 80 anni. Da questo punto di vista, non aspettavamo i "drizzoni" consapevoli di settori delle Comunità Ebraiche. Li sapevamo da tempo i processi intenzionalmente "divaganti" di settori dell'antifascismo militante. Ma sul punto, vogliamo e dobbiamo essere perentori, copincollando Truman sui figli di...che sono tali ma che sono nostri. Nel senso che, diversamente da alcuni settori dell'ebraismo, noi non abbiamo disertato (...sia pure rivendicando la piena prerogativa di testimonianza) la Giornata…anzi ne siamo stati partners attivi.

Non abbiamo disertato e non diserteremo per effetto di una immodificabile postura idealistica; che, nella fattispecie, resta, nonostante le criticità evidenziate, ispirata dall'autoinclusività critica. Che vuol dire totale contrarietà alle azzardate “equivalenze” genocide (Abu Mazen, il Palestinese “buono” e pacifista, “la Shoa se la sono cercata”)  agli impulsi devianti rispetto al core business delle finalità associative (nel caso, la corrosiva azzardata equivalenza tra "genocidi", che malcela un innato convincimento di appartenenza un altro quadrante internazionale, terzo-quarto mondialista ma comunque contrapposto alla cultura occidentale ed europea). Ma anche altrettanta contrarietà al risucchio del complesso popolo della testimonianza della Memoria nell'arruolamento meccanico consequenziale. Vale a dire che se appartieni alla cultura ed alla logica del pieno diritto di cittadinanza del popolo erede del popolo che subì la Shoa, devi difendere e sostenere fino in fondo ed interamente le opzioni politiche dell'establishment di Israele. Che, negli ultimi 15 anni ha operato uno snodo di discontinuità rispetto alla preesistenza fondativa dei "padri" che, dando seguito ai deliberati dell'ONU, incardinarono l'unica (restata tale) entità statuale del quadrante Mediorientale praticante il modello liberaldemocratico con venature socialistoidi/laburiste.

 Affermare inoppugnabilmente questo non significa, però, arruolarsi in un acritico collateralismo derivante, come abbiamo premesso, da un inopinato...siccome sostieni la Memoria... devi sostenere anche tutte le politiche della governance di Tel Aviv. Che deve assolutamente preservare la propria prerogativa di esistenza, ma non con i mezzi (del nazionalismo dei "coloni") che sono subentrati con il cambio di fase del dopo Rabin.

Da sempre, sostiene Liliana Segre, c'è l'antisemitismo.  Come non convenire! C'è in questo maturato nell'ultimo anno, un portato di una sorta di mutazione genetica. Che tradisce, nel migliore delle ipotesi, un'eterogenesi dei fini. In chi ha propugnato la fattispecie dell'equivalenza dei “genocidi”. Anche se va aggiunto, in forza dei nostri inestirpabili convincimenti umanitari e pacifisti, che la finalizzazione dell'operazione 7 ottobre, la gestione disumana del sequestro, soprattutto le modalità ancor più riprovevoli del rilascio hanno lasciato e lasceranno macerie.

Anna Foa, accademica, storica, figlia di Vittorio (che conoscemmo personalmente a Cremona ai tempi del Psiup), osserva ed esorta:

Atrocità ovunque, vanno ricordate tutte. Chiudere la Shoa in una cassaforte identitaria del solo ebraismo è un errore.

Noi testimoniamo una versione/rappresentazione culturalmente laica della tragedia ebraica della Shoah e delle ragioni della fondazione/sostenibilità dello Stato di Israele. E di quella palestinese.

Come Liliana con quel suo “invecchio ma vado avanti” non disertiamo.

Liliiana Segre
Liliiana Segre

Anna Foa
Anna Foa

Yitzhak Rabin
Yitzhak Rabin

Gallery

Immagini della partecipazione all'inaugurazione del padiglione Italia del Mausoleo di Auschwitz (aprile 1980).

Dall'archivio L'Eco Storia

  mercoledì 12 agosto 2020

Il Sindaco Zanoni

Ricordato nel 25° della scomparsa

  lunedì 18 novembre 2019

Bandiera veccia, Onor… degli ideali

1919 – 2019 I cent’anni della Bandiera Socialista di Rivolta d’Adda

  giovedì 17 novembre 2016

45° anniversario autostrada A21. Mario Coppetti ancora una volta è stato fantastico

Grazie alla disponibilità dell’Archivio di Stato di Cremona diretto dalla dott.ssa Angela Bellardi, che ha accolto l’ospite insieme ad un gruppo di fedelissimi ammiratori, il prof. Coppetti, maestro d’arte e di vita, ha voluto ricordare con una precisa e dettagliata relazione il 45° anniversario dell’apertura dell’autostrada Brescia-Cremona-Piacenza, avvenuta l’11 novembre del 1971

  martedì 29 settembre 2015

Vittorio Staccione: il profilo del calciatore/operaio antifascista richiama ancora interesse e nuove iniziative

“A Vittorio Staccione, giocatore grigio-rosso nella stagione 1924-25, morto a Gusen-Mauthausen il 16 marzo 1945, simbolo dello sport come impegno sociale, civile e politico, lottò sui campi della vita per la libertà e la fratellanza degli uomini”.

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