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Caporalato a Crema

Il lavoro è sempre meno, ma non per le agenzie di somministrazione

  15/02/2021

Di Alessandro Gaboardi

Caporalato+a+Crema

Mi rendo conto che Il titolo può creare confusione. A Crema non pare esserci così grande esigenza di personale giornaliero in agricoltura anche se la diffusione di serre e coltivazioni orticole nel territorio è notevole. Basta passare sul cavalcavia della tangenziale per vedere parecchie ampie installazioni ed altrettante se ne osservano sul lato a nord verso in località Santo Stefano. Il tutto limitato al territorio della città che non è molto ampio. Immagino che estendendo la ricerca nei comuni limitrofi, che sono poco abitati ma hanno estensioni territoriali ampie si potrebbero avere delle sorprese.  

Considerata la zona gialla che ora permette a noi cittadini di andare in campagna penso che di riprendere la bicicletta per visitare con calma il contado. 

Tuttavia il titolo non si riferisce alla campagna, bensì all'industria e alle attività con essa connesse, confezionamento, etichettatura, spedizione, pubblicità ed altro. 

La situazione è difficile molte attività languono o sono, come quelle turistiche, bloccate in attesa di riprendere senza però avere un tempo definito o definibile. Alcune sono chiuse e non riapriranno altre sono fallite durante il primo attacco epidemico. I dipendenti delle fallite sono a casa. Ora hanno finito anche le diverse casse integrazioni e indennità. 

Queste persone si rivolgono a quello che era una volta l'ufficio di collocamento che ora si chiama in modo diverso, Centro per l'Impiego, ed ha avuto il supporto anche dei famosi Navigator. Questi ultimi da quando sono stati istituiti hanno navigato a vele mosce in acque di bonaccia e prodotto poco. Oggi le acque si sono fatte anche per loro tempestose e rischiano di rimanere anch'essi disoccupati.  

I disoccupati di cui parlo si rivolgono a questi ufficetti dove, è giusto dirlo, vengono trattati con educazione e gentilezza. Gentilezza che mantengono anche quando lo scoramento dei poveri cristi li porta a qualche critica espressa con scarso garbo. 

L'altro canale è l'iscrizione in una o più Agenzie Interinali. Agenzie che per il loro numero farebbero pensare che le offerte di lavoro dovrebbero essere molte. 

Queste società svolgono l'attività di intermediazione, ricerca, formazione del personale per le imprese e sono regolamentate dalla legge del 1997 e da successive leggi e decreti. Devono avere l'autorizzazione dal Ministero del Lavoro e iscritte in un apposito albo.  

Anche le Regioni possono autorizzare l'apertura di agenzie con il limite operativo al territorio regionale. 

A Crema città ci sono, per mia conoscenza, otto agenzie, ma probabilmente sono di più. Tutte allocate in spaziosi uffici con personale fisso che non risulta sia in cassa integrazione poiché gli uffici sono aperti. Quasi tutte con nomi stranieri, alcune legittimamente perché fanno parte di gruppi internazionali, altre solo per darsi un tono. Una, con un nome italiano, è l'Umana che è fra le più grandi in Italia. Fondata da Luigi Brugnaro attuale sindaco di Venezia. L'Adecco invece è Svizzera e un'altra è americana. 

Come facciano a pagarsi gli affitti di queste strutture è per me un mistero. Teoricamente il lavoratore non paga nulla per il servizio che svolgono il costo è sostenuto dall'impresa, in caso di assunzione, e la percentuale varia da un 10 ad un 30% di quanto il lavoratore percepisce nel corso dell'anno. Non è ben comprensibile cosa accade nel caso in cui i lavoratori continuino la loro attività per più anni rimanendo però di fatto dipendenti dell'agenzia di collocamento.  

Il ruolo, la funzionalità e la correttezza operativa di queste società vengono di tanto in tanto messa in discussione in seguito a fatti clamorosi. Il più recentemente noto è quello scoperto in seguito alla morte nel 2020, nei campi del nostro sud, di una bracciante. Si scoprì che la poveretta lavorava con regolare ruolino paga rilasciato da un'agenzia di questo tipo, ma che fra trattenute e sottrazione indebite guadagnava 27 euro per ogni giornata di lavoro. (rif. Corriere.it del 15 sett 2020). 

Del fatto si era occupato più volte il giornale Repubblica e anche il Corriere. 

È lontano dal mio modo di pensare generalizzare su un fatto grave estendendolo a tutta la categoria. È sbagliato ingiusto e negativo in ogni caso. Ma proprio per questo vorrei che si facesse chiarezza sul fatto che mi è stato raccontato ieri mattina alle 9 all'uscita della messa. 

Una signora, disoccupata e un po' su con gli anni cerca lavoro, ha bisogno di guadagnare per sostentare la famiglia ma ha altresì bisogno di terminare alcuni anni di contribuzione per racimolare il diritto alla pensione. 

Un'agenzia la chiama e le offre un lavoro per cinque giorni. Non è molto ma dopo due anni di inattività va bene tutto. 

Accetta e si presenta regolarmente alla ditta. Trova in portineria altre quattro donne tutte convocate per lo stesso compito (imbustare e fustellare, credo). Lavorano tutto il giorno, felici e speranzose, ma quando mancano 5 minuti alle 17 il titolare o il capo operaio dice loro di smettere, il lavoro è finito e non servono più. 

La signora in questione si reca all'ufficio della società di intermediazione ma è chiuso. Andrà a chiedere chiarimenti oggi, ma ha il dubbio che non gli paghino nemmeno questa giornata di lavoro. Una delle altre donne, più esperta, le ha riferito che la prima giornata è di prova e non la pagano.  

Che dire? Che abbiano attuato la formula “lavorare meno, lavorare tutti”?

*Immagine di copertina tratta dalle vignette di Altan

Alex Gaboardi
Alex Gaboardi

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