Le intuizioni, disconosciute, dei socialisti cremaschi
I Socialisti Cremaschi, tra le motivazioni favorevoli al sostegno della candidatura a sindaco di Bergamaschi, ricordano decisivi gli impegni assunti a perseguire, con determinazione, le soluzioni di alcune annose questioni amministrative.
Ad oltre metà del mandato amministrativo 2022-2027, il dibattito politico – amministrativo della città si è acceso sulle prospettive di due situazioni, che i socialisti, in campagna elettorale avevano proposto in un caso, e previsto nell'altro, con specifiche prese di posizione pubbliche.
La prima suggerendo la ripresa dei contatti con la Regione per giungere al concambio con l'ex Tribunale di Crema, circa la fruizione del complesso degli Stalloni, da anni attesa stante le plurime funzioni cui potrebbe essere destinata.
La seconda sollecitando la necessità di riconsiderare la localizzazione del nuovo istituto Racchetti, in capo alla Provincia, nel quartiere di San Bartolomeo, a ridosso di una strada già congestionata, quando esistono alternative realistiche, compresa quella di insediarlo nell'ambito delle aree dismesse a nord est di Crema.
Allo stato attuale non possiamo pertanto, che ritenerci soddisfatti degli accordi raggiunti fra il Comune e la Regione, volti alla permuta dell'immobile dell'ex Tribunale con le strutture e l'area degli Stalloni, da anni indicata dai socialisti, e tacciati fino ad oggi di aver sostenuto ipotesi surreali ed irresponsabili.
Altresì consideriamo importante e significativa la recente ed esplicita posizione critica del Sindaco, in ordine alla problematica ubicazione dell'insediamento scolastico, sopra citato, lungo via Libero Comune, che avvalora ancora una volta quanto da noi sostenuto.
L'idea di promuovere un confronto organico e strategico con la Provincia, sulle localizzazioni degli Istituti Superiori, stante le connesse incidenze nell'assetto urbano come nella mobilità territoriale, è certamente condivisibile.
Ma è urgente riverificare subito, l'assurdo diniego contenuto nella lettera del Presidente della Amministrazione Provinciale del 9/4/ 2021, che interrogato sulla questione sopra riassunta, ha risposto di non esserci spazi per prendere in considerazione soluzioni alternative al progetto in itinere.
A distanza di 4 anni, sia il progetto che il programma dei lavori, sono ancora indefiniti, per cui qualche sincero chiarimento pare proprio necessario.
L'evoluzione registrata attorno alle tematiche richiamate, rivela come le idee ispiranti l'apporto dell'area socialista cremasca nelle scelte strategiche di Crema, a distanza di tempo, vengano attuate o rilanciate, a riprova della loro lungimiranza.
Spiace registrare il lavorio insistente di quanti oggi vogliono offuscare e cancellare totalmente, anche nel campo del centro sinistra, l'area socialista, che sebbene sia priva di rappresentanti nelle sedi istituzionali, è ancora presente nel territorio e porta avanti, seppur non adeguatamente riconosciuta, idee e proposte significative per la città.
Virginio Venturelli
I have a dream: un discorso a braccio passato alla storia
Il discorso di cui vi parlo è tra i più famosi della storia dell'umanità e si realizzò suddiviso in due parti: la prima preparata sulla scorta di alcuni precedenti manifestazioni, e la seconda a braccio dopo una sollecitazione, un appello, un richiamo a rimuovere ogni indugio. Ad avere cioè maggiore sintonia con un pubblico di 250mila persone.
È quanto capitò al reverendo Martin Luther King il 28 agosto 1963, quando dovette misurarsi con una folla oceanica a Washington, davanti al Lincoln Memorial, verso il Monumento a Washington.
Negli anni successivi, linguisti, filosofi, teologi hanno studiato la seconda parte del discorso che, ancora oggi – per forza e struttura – rappresentano un modello universalmente riconosciuto di comunicazione efficace.
King non era un politico e lo potremmo definire un attivista per i diritti civili, ma il suo discorso si distinse in due specifiche parti, la prima di 7 paragrafi e la seconda dall'ottavo fino al termine.
Quel giorno, un mercoledì, a conclusione della storica Marcia su Washington per il lavoro e la libertà, il reverendo King, nonostante la temperatura elevata, indossava una giacca scura, camicia bianca, cravatta anch'essa scura.
Sul palco si succedevano cantanti e attori da Bob Dylan a Joan Baez, da Harry Belafonte a Marlon Brando, Sidney Poitier, Paul Newman. Musica e festa dappertutto.
Il suo discorso, l'ultimo della cerimonia, passò alla storia come capolavoro di ars oratoria. Vediamo come e perché.
Martin Luther King: simbolo della lotta al razzismo
Prima di quel giorno il reverendo King chiedeva con energia che anche i neri potessero godere dei valori proposti e conquistati dalla civiltà occidentale, dalla cultura classica al Rinascimento, alla democrazia: autonomia, divisione dei poteri, stato di diritto e diritti umani civili.
Un pensiero forte, potente, utopico, che lo avrebbe portato a ricevere il Premio Nobel per la pace il 10 dicembre 1964. Era nato ad Atlanta in Georgia e verrà assassinato il 4 aprile 1968 a Memphis nel Tennessee.
28 agosto 1963 a Washington: Martin Luther King saluta il pubblico Il suo sermone durò meno di 30 minuti e il suo staff ricorda che King pose molta cura nel prepararlo, nel dosarne le parole e costruirne la linea. Un suo collaboratore disse poi però che “i preparativi logistici per la marcia erano così gravosi che il discorso non era una priorità per noi”: sapevano che King aveva alle spalle molti discorsi e una preparazione indiscussa nell'affrontare un pubblico numeroso. Tutti loro e le stesse autorità presenti ponevano una fiducia piena in lui. Non avevano nulla da insegnargli.
Quando stava esaurendo la lettura della sua orazione, la cantante gospel Mahalia Jackson, presente sul palco degli organizzatori, che aveva aperto la manifestazione, prese ad incalzarlo, a richiamarlo, gridandogli:<<Martin, parla del sogno! Parla del sogno!>>. Quell'appello estemporaneo indusse Martin Luther King ad accantonare i fogli preparati la sera prima e a iniziare a parlare a braccio, con spontaneità e improvvisazione. Mise da parte il discorso che stava leggendo mettendolo alla sinistra del leggio e lì cambiò il linguaggio del suo corpo. Fin quando leggeva, il linguaggio del suo corpo era quello di un professore che parla ai suoi scolari. Ma dopo si trasformò in un pastore religioso che parla alla sua congregazione.
La seconda parte del discorso del reverendo King
In quella seconda parte il discorso prende il volo con l'irruzione di un diverso procedimento poetico: la ripetizione insistita accompagnata dal crescere della voce e da gradi metafore bibliche. Nella parte improvvisata della sua orazione, King estende il concetto di lotta contro le ingiustizie di uguaglianza al Sud degli USA a quelle economiche al Nord. C'è qualcosa del futuro che solo il sogno può far nascere. Perché senza il sogno la realtà non potrà mai cambiare. Tutto il resto, le politiche e le strategie, vengono dopo. La possibilità di un futuro comincia nell'immaginare un altro mondo, cercare di dargli una forma e provare a realizzarlo.
Il messaggio di Martin Luther King è universale e senza tempo; ci insegna che la lotta per i diritti umani è una causa per tutti. Non è ancora troppo tardi per prestargli ascolto. Il modello di lotta che ispira è quello proposto dal Mahatma Gandhi: la non violenza. Emblema di speranza, di ideali di uguaglianza e giustizia sociale.
Il fascino e la forza comunicativa di quel discorso non erano più frutto di una fredda tecnica oratoria, ma della sua capacità di stare in dialogo, di ascoltare, di rispondere a un appello, di dare voce all'anima di un popolo che nel segno della speranza si fa comunità e fa diventare realtà un sogno. Mahalia Jackson lo aveva chiamato in causa e lui aveva sentito il dovere di ascoltarla!
Quel discorso allora cambiò tutto e divenne una svolta nella storia degli Stati Uniti e un faro di speranza per un futuro più giusto. Oggi anche dopo tanti anni, le parole di King continuano a ricordarci di lottare per la parità, l'uguaglianza e la dignità di ogni individuo. Un concreto appello alla solidarietà, perché sfidava gli americani a realizzare il vero significato della loro Costituzione e dei valori su cui si fonda il loro Paese.
La parte finale di "I have a dream"
"E quando lasciamo risuonare la libertà, quando le permettiamo di risuonare da ogni villaggio e da ogni borgo, da ogni Stato e da ogni città, acceleriamo anche quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, cattolici e protestanti, sapranno unire le mani e cantare con le parole del vecchio Spiritual: “Liberi finalmente, liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente”.
Stefano Pareti
80°: la Festa della Liberazione del 25 aprile
La Festa della Liberazione del 25 aprile arrivata al suo ottantesimo, ha avuto una notevole partecipazione ovunque, nonostante la sobrietà imposta dal Governo. La Memoria storica ha messo in risalto fatti di sofferenza, coraggio e sacrifici da parte dei Partigiani. Senza la Resistenza al nazifascismo non avremmo la Costituzione, la democrazia e la libertà di oggi. Mattarella a Genova nel suo discorso ha ribadito che i cittadini devono difendere la democrazia, un po' sofferente, con più partecipazione pubblica e civica, l'astensionismo aumenta la corsa verso uno Stato illiberale. È sempre tempo di Resistenza anche oggi, con queste parole ha concluso il suo discorso. Mi ha toccato l'anima nel profondo, non dobbiamo mollare è sempre il momento giusto per dimostrare la nostra fede politica, la nostra voglia di giustizia sociale e riforme lungimiranti nella cultura, sanità e scuola pubblica.
C. L.. 27 aprile 2025, Vicenza
Uomini dimenticati
28 agosto 1963 a Washington: Martin Luther King saluta il pubblico Erano più di 400 i prigionieri rinchiusi nelle carceri di Pizzighettone alla data di firma dell'Armistizio. Dieci giorni dopo sono stati ammanettati e caricati sui vagoni ferroviari diretti nei campi di sterminio nazisti. Da quel giorno si sono perse le tracce. Una crudeltà, come se non fossero mai esistiti. Da tre anni, però, l'ANPI di Pizzighettone li ricorda con una cerimonia che si celebra davanti al museo delle prigioni. Nulla di più, meriterebbero una targa in loro memoria ma la giunta comunale si oppone.
Signor sindaco, di cosa avete paura?
Alberto Piazzi, 27 aprile 2025, Bruxelles
Del "Movimento per la riqualificazione dell'Ospedale di Cremona
Da una nostra sostenitrice ci è arrivato oggi un invito ad una riflessione e un ammonimento che crediamo di sintetizzare con le parole finali della sua lettera.
Grazie se vorrà far conoscere ai suoi lettori la voce di chi non concorda con le decisioni prese dall'alto e invita tutti al confronto.
Buona serata.
Enrico Gnocchi - sostenitore del "movimento per la riqualificazione dell'Ospedale di Cremona
Signor direttore.
Ho letto un articolo di Cremona oggi del 18 aprile u.s.
In esso aprendo che una serie di Associazioni cremonesi di volontariato (ACCD, ADMO, Articolo 32, AVIS, Associazione Angeli Custodi, CRI, Donatori Tempo Libero, La Tartaruga, Occhi Azzurri, Futura) plaudono all' iniziativa regionale per la costruzione di un nuovo ospedale, “All'avanguardia tecnologica con maggiore efficienza organizzativa e con un reale integrazione con le reti sanitarie del territorio, che sia connesso alla rete della cronicità, ai servizi domiciliari e riabilitativi, soprattutto in vista dell'invecchiamento della popolazione e dell'aumento delle fragilità”.
Come non essere d'accordo? “Bello, grande, Mio!” verrebbe da dire.
Sorgono però spontanee alcune perplessità.
In primo luogo, mi sfugge completamente il motivo per cui un edificio ospedaliero “vintage” non sia in grado di essere ben organizzato con efficienza e non possa connettersi a tutte queste belle cose: non è un problema di edilizia, semmai un problema di capacità organizzative e infrastrutturali che prescindono dal fatto che si usa il giocattolo nuovo o quello vecchio.
In secondo luogo, andiamo in Italia, cosa sotto gli occhi di tutti (o quasi), un gravissimo problema di sanità pubblica, ormai già sfasciata, in cui non è più possibile avere un equo accesso alle cure.
Questo però è un problema legato in primo luogo alla scandalosa mancanza di figure professionali: mancano medici, infermieri, operatori sanitari; la cosa si trascina ormai da un po' di anni, senza che nessuno tra coloro che sarebbero deputati a risolverla abbia fatto alcunché di realmente efficace.
Ora, costruire un nuovo ospedale (come pure tante belle Case di Comunità), pur avveniristico, scintillante, cromato, senza PRIMA risolvere il problema del personale che andrà ad operare al suo interno equivale a costruire una casa partendo dal tetto: un'assurdità.
È uno spreco di denaro pubblico, aggiungerei, ma a quello, tant'è, nessuno bada più.
Trovo estremamente sensato a questo punto che le realtà che operano nella sanità cremonese si incontrino e si interroghino su cosa sia realmente necessario al territorio e su come realizzarlo.
Una riorganizzazione non può prescindere dall'opinione dai suggerimenti degli operatori del settore: a questi soggetti in primis ci si dovrebbe rivolgere.
Invece si insiste sempre e solo a imporre soluzioni dall'alto, spesso portate avanti da chi non conosce (o finge di non conoscere) la realtà dei fatti.
Con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Una sostenitrice del “movimento per la riqualificazione dell'ospedale di Cremona”.