Si può girare la frittata come fa comodo. Si possono imbastire analisi e controanalisi, semplici o ricercate. Si può spaccare il capello in quattro o in otto. Si può ricorrere a raffinati sofismi o a rozzi pipponi. Si possono chiudere gli occhi o ficcare la testa sotto la sabbia. Si possono raccontare la favola di Cappuccetto Rosso o le avventure di Harry Potter. Si può dire tutto e il contrario di tutto, ma non si può negare che il tempio crematorio ipotizzato a Spino d'Adda abbia incenerito l'Area Omogenea Cremasca. Ora è lampante: è disomogenea. Anzi liquida. Gassosa. Virtuale. L'accanimento terapeutico per tenerla in vita è fallito.
Un paio di mesi fa l'Area Omogenea convocava un'assemblea per sostenere la realizzazione di un tempio crematorio nel comune di Spino d'Adda, con Consorzio.it e Cogeme protagonisti dell'operazione.
Ai sindaci veniva chiesto di approvare - in giunta e in tempi celeri - una delibera a sostegno del comune di Spino disponibile ad accogliere l'impianto.
Trentasette sindaci aderivano all'invito. Tra costoro non figuravano i recedenti da Scrp ed alcuni altri, crepa nell'illusoria unanimità da sempre sbandierata dai rianimatori.
Nei giorni successivi, saputa la notizia, i cittadini di Spino si allertavano.
Partiva l'ambaradan tipico di queste situazioni con rulli di tamburi e venti di guerra, raccolta di centinaia di firme contro l'impianto e proposta di referendum.
L'amministrazione comunale finisce in un cul-de-sac, posizione scomoda, soprattutto se mancano pochissimi mesi alle elezioni amministrative e se nel sac c'è un punteruolo appuntito pronto a entrare nella carne.
Il 27 gennaio si svolge una seconda assemblea sull'argomento. I trentasette sostenitori dell'impianto vengono sollecitati a sottoscrivere una richiesta al sindaco di Spino affinché ritiri la candidatura del suo comune ad ospitare il tempo crematorio, disponibilità già inoltrata alla Regione. Minchia signor tenente, è la direzione opposta da quella intrapresa.
Nei giorni precedenti, il contrordine era stato comunicato ai trentasette sindaci per via telefonica. Gli interpellati non avevano posto obiezioni.
Durante l'assemblea qualcosa non va. C'è chi dice no all'inversione di rotta e il clima non è dei migliori. Il documento non viene messo in votazione. La fessura si trasforma in galleria. L'Area Omogenea si squaglia.
Uno dei sindaci presenti alla riunione commenta: «Mi pare che l'operazione possa essere interpretata come un aiuto all'attuale amministrazione di Spino in vista delle prossime elezioni e il metodo usato assomiglia a quello del Comitato centrale che decide e tutti eseguono» (Crema News, 28 gennaio).
Il Comitato centrale è un organismo dei partiti comunisti. Alcuni anni fa queste parole sarebbero state riassunte con una battuta: è arrivato il soccorso rosso.
L'amministrazione di Spino non è comunista. È di centrosinistra. Il presidente dell'area omogena pure e la maggioranza dei sindaci favorevoli al contrordine tendono al mancino. Il sindaco di Spino è una persona mite e di buon senso.
Si possono cercare le cause del vulnus, ma non possono essere attribuite agli otto tapini receduti da Scrp. La Waterloo spinese li assolve dall'accusa di essere divisivi.
Si possono individuare i colpevoli della disfatta, ma nessuno è senza peccato, quindi nessun tribunale, nessun processo, nessun pubblico ministero. Non è tempo dei Fouquier-Tinville e dei Saint Just. Non è il momento di ghigliottine e di teste mozzate.
È l'occasione, invece, per rivedere il ruolo e le funzioni dell'Area Omogena. È un'opportunità per correggere le distorsioni congenite e i peccati originali. È l'incidente che può permettere di costruire un organismo rappresentativo dell'identità del territorio cremasco, luogo di discussione e confronto veri e non consesso dove votare decisioni prese in altre sedi.
In caso contrario, il Cremasco resterà la Repubblica del Tortello, condannata alla marginalità e destinata alla panchina nelle partite che contano. Continuerà ad essere il Calimero, pulcino nero della Lombardia, ma senza il detersivo miracoloso per ritrovarsi bianco.
L'Area omogena, nata come organismo politico, non è mai riuscita a tagliare in maniera netta il filo doppio che la lega con le società partecipate, prima Scrp e poi Consorzio.it, che è ancora controllato da Scrp, nonostante quest'ultima sia in liquidazione da anni.
Il progetto delle ciclabili non finanziato dalla Regione e il tempio crematorio di Spino sono due esempi paradigmatici e altrettanti flop dell'interconnessione tra organo politico e braccio operativo. Nulla di negativo, se non si avesse l'impressione di un'Area Omogenea più interessata a trovare lavori per Consorzio.it, che ad elaborare strategie e linee di indirizzo per il territorio.
Schierata sempre e comunque al fianco di Scrp e Consorzio.it, l'Area Omogena non è mai parsa capace di svolgere il compito per il quale è nata: guidare il Cremasco e traghettarlo nel futuro. Ma non tutto è perduto. Se si vuole, si può. Si può, cantava Giorgio Gaber. Da ascoltare. E riflettere.