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Questione padana /2

Lettere dei lettori

  12/03/2023

Di Redazione

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La bacinizzazione del Po

Egregio direttore, leggo e condivido oggi sul quotidiano la lettera di Anselmo Gusperti sulla ormai non procrastinabile necessità di una bacinizzazione del Po. Non molti giorni fa il suo giornale ne pubblicò anche una a mia firma con un simile auspicio. Credo sia utile non mollare il tema!

Esso andrebbe affrontato e riconsiderato tra le questioni prioritarie dalle istituzioni preposte ai vari livelli. Nel mio piccolo sostenni gli argomenti ripresi da Gusperti in diverse sedi competenti, istituzionali ed amministrative, nelle quali rappresentai il PCI e poi il PDS cremonese. Mi avvalevo della grande competenza in materia di uno dei maggiori esperti della materia quale fu l'ing. Gabriele Della Luna. Purtroppo fui sempre in minoranza, se non isolato, rispetto alla contrarietà di uno schieramento che metteva insieme, con ragioni diversificate, conservatori ed ambientalisti (compresi parecchi della mia parte politica).

Allora però non esisteva il problema siccità. Le questioni andavano dal grande costo di adeguati sbarramenti sul fiume alle problematicità ambientali e tecniche di una operazione così impegnativa. Ma la siccità, attuale e prevedibile, pone il tema in termini nuovi e ben più pregnanti. La necessità di fondali con vitale presenza di acqua va ben oltre la questione navigabilità del fiume. Ben più che in passato entrano in gioco la disponibilità dell'acqua in generale del sistema Po, il sistema delle falde superficiali e dei corsi d'acqua minori naturali o dei canali, la risalita di acque saline dall'Adriatico, paradossalmente anche la stabilità delle difese e dei ponti e molto altro. Le bacinizzazioni sono state effettuate per importanti fiumi in diversi Paesi, con esiti generalmente positivi. Ora il tema andrebbe affrontato senza pregiudizi ed in modo serio anche per il Po.

Giuseppe Azzoni, Cremona.

Piano di sviluppo Fiere Lombarde

Caro Eco, leggo stamani venerdì 10 marzo 2023 sull'inserto Milano di Repubblica un illuminante notizia-dossier, che non ho potuto non riferire a diluvio di cronaca in diretta del percorso di insediamento degli assetti di governo regionale. Rinculando facendo finta di entrare, non ho potuto non spostare l'osservatorio a quanto si scrisse ossessivamente in tutta la campagna elettorale per il rinnovo del vertice legislativo della nostra Regione.

Il quotidiano locale aveva fatto del profluvio di “promesse” un opportuno quadro sinottico. Che, a futura memoria, mi sono conservato, si sa mai, nella versione digitale e cartacea.

Non ho potuto non riferire questo quadro di promesse alla notizia appresa da Repubblica. Che riassumo, virgolettando.

“Milano e Parma distano 130 km, ma da ieri sono un po' più vicine. O almeno le loro Fiere, con l'accordo che porta Milano a mettere un piede nel polo emiliano. Milano conferisce a Parma il ramo Tutto food e riceve in cambio il 18,5% di Fiere Parma

Milano e Parma si annusano almeno dal 2020, quando hanno cominciato a ragionare attorno a qualcosa di più di partnership. Fiera Milano diventa il secondo azionista di Fiere Parma, dopo Crédit Agricole che ha il 26,44%. Assommando il 6,88% degli industriali i privati diventano maggioranza. Disegno strategico: una piattaforma comune nell'agroalimentare, guardando all'estero”. Da ultimo l'autore del pezzo, Raffaele Ricciardi osserva: razionalizzare le forze in Italia, in un settore che da tempo va a caccia di consolidamento per evitare di cannibalizzarsi. E creare un sistema delle fiere italiane che mantenga l'attenzione al territorio e diventi più attrattivo per l'estero.

Mi piacerebbe conoscere, considerando che l'argomento del riequilibrio territoriale è stato costantemente monitorato in questi anni da L'Eco del Popolo, conoscere la sua opinione in merito. La ringrazio e la saluto.

Franco Orlandelli, 10 marzo 2023, Cremona.

Dopo le promesse elettorali, la chiamata a render conto coi fatti! Altrimenti finisce come per Umberto Gavazza e Domenico Rocchetti

Oddio che cudulàada, Madona Santa!

Non se la prendano i nostri lettori se l'incipit della nostra chiosa-risposta ai loro importanti spunti è (volutamente) canzonatorio.

Diciamo subito di Umberto Gavazza (uno che gioca in casa) e Domenico Rocchetti.

Sono due dei marciatori su Roma, di 100 anni fa.

Durante il trasferimento dalla Padania alla città eterna, location elettiva della presa del potere, e a contatto con la realtà in itinere, Gavazza cancella di volta in volta le promesse riportate sul programma del partito.

Gavazza, essendo, diversamente dal romano disincantato, mobilitato, diciamo, dall'ideale e dalla suggestione del progetto, puntigliosamente, lo sottopone a verifica sul campo.

Difendendolo (e con esso l'intera marcia) dalle “controdeduzioni” del fronte avverso.

Una dialettica talmente decisa da far prorompere il nostro (cinematografico) concittadino nell'esclamazione, entrata nel linguaggio comune: oddio che cudulàada, Madona Santa!

A ben vedere e mettendo insieme le due metafore (quella dell'indefettibile programma e quello del disincanto derivato dal gesto plebeo), non ne uscirebbe una sconclusionata simmetria coi contesti attuali.

In tutto il lungo preannuncio dei due election days (di settembre per le elezioni Legislative e di febbraio per il rinnovo del vertice regionale lombardo) non si può dire che, soprattutto dal “quarto potere” e dai poteri non esattamente occulti, si siano perse delle battute.

Si sarebbe detto un tempo, marciare separati per colpire uniti. In realtà, pur bucando uniti e manifestamente l'endorsement a favore di un campo, la marcia della narrazione non avrebbe potuto essere più coesa di come è stata. Un episodio per tutti: il tour dei patrioti.

La compagnia di giro (detto con massimo di rispetto) una volta sottoposta a vernissage per le politiche (anche se a dire il vero, si dovrebbe annotare che la simmetria non è mai mancata neanche in termini di sostegno allo scenario desolante dei fallimenti della pandemia), ha continuato quasi inerzialmente, anche per le elezioni Regionali.

Un endorsement talmente insistito da diventare imbarazzante e da suggerire una staffetta alla direzione del quotidiano locale. Il cui cambio di mano (su un terreno di maggior rispetto della funzione informativa e dei lettori paganti) si nota, come si può evincere dai primi “editoriali” della domenica. In particolare, di questa domenica. In cui, pur qualcosa ancora concedendo all'irrealismo (il titolo: Non tutto è perduto, Macchiavelli insegna), cambia significativamente, non tanto in rapporto all'esito della campagna e per l'aspettativa di una rappresentanza territoriale in seno al governo di Palazzo Lombardia, quanto in rapporto alle compensazioni (in termini di attenzione futura), l'analisi dei fatti.

Cremona (concedeteci l'iperbole) non avrebbe avuto neanche uno strapuntino, neanche se i posti a tavola fossero stati moltiplicati per tre.

Perché il nostro territorio è out the radar del ricco Epulone, dispensatore dei “posti” e, soprattutto, delle opzioni strategiche.

Insomma, non ce ne facciamo, su questo terreno del metti un posto a tavola in più, un soverchio problema. D'altro lato, per avere un riscontro dell'efficacia di un politico indigeno atto a garantire risultati di governo sul territorio, dobbiamo tornare alla prima repubblica ed alla fase di avvio dell'istituto regionale. D'altro lato, in epoca più recente ma non tanto, il rango e la funzione assessorile l'abbiamo avuta per oltre un decennio. Per di più incarnata in una persona per bene e potenzialmente feconda in termini di ricadute territoriali (se non ci fosse stata, non ci fosse, non ci sarebbe quella sorta di apartheid nei nostri confronti da parte del centralismo regionale).

D'altro lato (e lo diciamo solo per supportare la nostra denuncia/analisi di perdurante marginalizzazione territoriale) è in atto un processo di ulteriore periferizzazione che riguarda anche le strategie economiche. Che non dipendono dalla politique politicienne, ma che ne colgono in pieno la tendenza strategica. Con il che ci riferiamo all'ormai evidente processo di deindustrializzazione/delocalizzazione di insediamenti manifatturieri e terziari (ex Bertarini, Coop, Pharmatek e I.M.L..

Ovviamente ci riserviamo di approfondire ed estendere l'analisi. Ma già sin d'ora consiglieremmo i vertici locali dei corpi intermedi sociali (l'associazionismo categoriale, perché il Sindacato dei lavoratori sul tema è sempre non pervenuto) di guardare alla luna e non al dito.

Cominciando come facciamo noi (che prendiamo spunto dalle lettere di due significativi lettori/corrispondenti) e come prima di noi fece un secolo fa il concittadino Umberto Gavazza, dalla spunta delle “promesse”.

In questo raffronto ci è molto utile il quadro sinottico pubblicato dal quotidiano locale.

Da cui spuntiamo, in rapporto ai temi trattati dai lettori, il riscontro ad una volontà di intervento sulla questione padana (non si parla di bacinizzazione, ma di navigabilità) e, testuale, “piano sviluppo fiere lombarde”.

Sul primo punto (su cui è magistralmente intervenuto Giuseppe Azzoni) registriamo con una certa sorpresa l'intervento del Presidente della Libera CROTTI “La bacinizzazione permetterebbe di accumulare scorte preziose e facendo circolare l'acqua nella rete idrica manterrebbe la falda freatica abbastanza elevata e senza la necessità di assorbire tutto d'estate, quando la rete viene impiegata per l'irrigazione”

Benvenuti a bordo (se consideriamo che per l'imprenditoria agricola la questione dell'equilibrio idrico è sempre stato una questione riguardante solo il lato irriguo e non la canalizzazione e bacinizzazione, nei cui confronti ha mantenuto indifferenza e talvolta contrarietà).

Nell'interesse dei lettori, precisiamo che la terza immagine di corredo grafico del titolo riguardante la questione padana riprende la tavola delle esondazioni del 1976. Stropicciatevi gli occhi: in Provincia, presso l'Ufficio Studi e Programmazione, c'era un settore fiumi (che monitorava gli eventi e studiava attorno alla bacinizzazione)

Ancor più sconcertante è la denuncia (passata in cavalleria nella soglia di attenzione mediatica locale) la vicenda segnalata dal lettore Orlandelli.

Nell'articolo dell'inserto Repubblica si sostiene che l'epilogo della convergenza tra i colossi fieristici ha richiesto due mesi di annusamenti.  La nostra sempre più fierina c'ha pensato per anni. Il presidente della (ex) nostra CCIAA addirittura, se non si ricorda male, fu per qualche tempo al vertice di Fiere Parma ( si disse, per favorire convergenze, si osa sperare, tra la nostra partecipata (nel frattempo vandalizzata da Montichiari) e la Fiera, partecipata dalla Banca francese. Che alcuni anni fa acquisì per un tozzo di pane Cariparma. Agricole Paribas poi avrebbe prestato a Lactalis i denari per subentrare nel controllo di Parmalat. Che aveva in pancia dal Liquidatore Bondi il cash necessario per acquisire l'ex ammiraglia di Tanzi. Concorrente agguerrita di Lactalis. Che ormai non ha più competitors nel settore e che condiziona molto, con la sua posizione praticamente monopolistica, la nostra zootecnia. Adesso, con l'ottimizzazione delle sinergie nel settore fieristico, si chiude l'anello. Tra i prescelti per il board ci sarebbe Bonomi, personalità sempre data dallo storytelling dei poteri molto vicina alle ambizioni del nostro territorio. Forse, come il ricco Epulone, potrebbe scapparci qualche briciola anche per il nostro territorio e per il nostro Ente fieristico. Che, dopo Verona e Parma, ha sempre ambito a farsi partecipare da Milano. Che ha preferito allungare la distanza e investire sul polo emiliano (fieristico e agroindustriale). Anziché su quello contiguo oltre l'Adda; come quattro anni fa (però parlando a largo raggio) assicurarono i due sindaci-gemelli (Sala e Galimberti) parlando in Comune di sinergie tra area metropolitana e area padana. I gemellaggi, pensando all'esito della sinergia in materia di riconoscimento di città della cultura (una sorta di troika di Sindaci dem, à deux), non ci portano bene.

Ma su questo noi possiamo solo focalizzare il sentiment dei lettori ed esplicitare il concept derivante dall'analisi dei fatti. Chi puote e vuole …dovrebbe essere più esplicito e meno canzonatorio nel rapporto con l'opinione pubblica. E coi lettori! Tra poco più di un anno si voterà ancora in gran parte del territorio!

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