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No al papocchio, ma nemmeno tutti addosso a Nencini

Riceviamo e pubblichiamo l'intervento di Alessandro Gaboardi

  23/01/2021

Di Redazione

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No caro Enrico. Convengo con te che è ormai abusata la moda di indorare e magnificare come sofferta ma necessaria per "salvare " qualcosa di importante, una volta l'Italia, un'altra la Costituzione, oppure l'Europa, o la democrazia. Sghignazzavo quando vecchi tromboni ex DC e stagionati ex comunisti alla D'Alema e Bersani invitavano a votare no al referendum promosso dall'arrogante fiorentino. Cosi come in questa occasione dove, ad essere buoni, il voto poteva essere semplicemente motivato con la drammaticità e l'incertezza del momento. Personalmente ho sempre pensato detto e scritto che si dovesse riandare a elezioni, pur nel rispetto di soluzioni diverse che non potevano essere che il ritorno a Canossa di Renzi, o il governo di scopo con a capo il nostro cremonese Cottarelli, oppure il papocchio. Ripeto io sono favorevole alle elezioni, ma fra queste tre la meno gradevole è quella del papocchio. Ciò detto mi pare che incattivirsi su Nencini sia poco elegante e forse ingiusto se è vero che è stata una decisione collegiale. 

Confesso che non ho sentito le motivazioni di voto di Nencini ma temo che anch'esso abbia fatto la solita tiritera. 

Sto leggendo un saggio di Luciano Florindi considerato il padre della "filosofia dell'informazione", scienza che non sapevo esistesse, dove si fa risalire la pochezza della politica all'eccessivo individualismo che è figlio della sfiducia nelle istituzioni. Istituzioni tutte: associazioni, partiti, sindacati amministrazioni pubbliche, Giustizia, Stato. Come conseguenza tutto diventa competizione e l'aggregazione è sporadica e temporanea, più rivolta al contrasto che alla costruzione. 

Tutto questo porta a una disaffezione perché "la Politica" non è una partita di calcio. Chi scende in campo ha già perso, perché ha scelto lo scontro, non il dialogo. 

Quindi Enrico dialoga non distribuire mazzate. 

Volevo dirti di essere costruttore ma in questi giorni la parola ha assunto un significato poco positivo. Perciò non lo dico.:P 

Ti invito a essere buono e comprensivo come di fatto sei.

Alex

(Crema notte del 23 Gennaio) 

Il problema, al di là del merito delle opzioni, è che un quarto di secolo di leadership Boselli e Nencini hanno "asfaltato" il PSI come comunità di liberi e partecipanti testimoni di idealismo e progetti di trasformazione della società.  Con le ultime battute la gestione di Nencini ha raggiunto una fase estrema. Che, diversamente da quanto Tu sostieni, priva plasticamente (e da anni ormai) il popolo socialista della prerogativa fondamentale: il diritto al confronto ed alla decisione democratica. Nencini ha fatto del PSI un microcosmo, riservato a pochi apparatniki servili e funzionale ad una leadership satrapica, poco dissimile al regime coreano.  Certo che la situazione è complessa e molto compromessa, suscettibile di compromettere gravemente stabilità, governabilità, sostenibilità del modello Italia. Gli schematismi sono esiziali. La nostra analisi deve essere ispirata dalla responsabilità ma anche dalle lucide consapevolezze del pericolo del non ritorno. C'è bisogno di mani sul volante, di coesione comunitaria, di richiami idealistici, di attualizzazione del progetto del socialismo riformista. Rispetto a tutto ciò l'ampia consultazione di chi non ha girato le spalle ha fornito il verdetto severo sul capolinea del "fine intellettuale" come riferimento e guida di ciò che resta del movimento socialista. Di cui mi sono fatto interprete con L'Eco e di cui si è fatta interprete la Comunità Socialista territoriale.

Il dibattito e l'impegno alla resilienza continuano.

e.v.

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