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La sinistra e la questione socialista /48

  06/04/2025

Di Redazione

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Un obiettivo per i socialisti alternativi al centro destra

I socialisti iscritti al PSI come quelli che si sono separati ed oggi aderiscono ad Azione, nel corso dei rispettivi Congressi di Partito, hanno colpevolmente sorvolato sulla improvvida scissione e successiva divisione elettorale alle elezioni europee, disorientante tutta l'area socialista.

Nessun tentativo nei mesi scorsi è stato prodotto per recuperare una situazione, inaspritasi nei rapporti personali, più che sugli indirizzi politici, assai avvicinatisi rispetto a quelli motivo della scissione.

Fondamentale al riguardo sarebbe stata la convocazione di un congresso veramente straordinario in cui confrontarsi su tesi e proposte specifiche, approvare vincolanti risoluzioni finali, nonché organismi dirigenti rappresentanti tutte le articolazioni del dibattito.

La rivalutazione di una prassi decisamente più democratica nella vita di Partiti, rispetto a quella oggi preminente: meno impegnativa nei contenuti programmatici, imperniata sulle esaltazioni dei leaders, premiante le fidelizzazioni più che le competenze.

Nella frammentata situazione in cui versa la tradizione socialista, nessuna componente ne rappresenta l'esclusiva identità ed eredità, per cui al riscatto del socialismo italiano, sono essenziali anche i contributi associativi e culturali esistenti, spesso discriminati anziché valorizzati.

I socialisti in coalizione con altre forze politiche, che tacciono i rispettivi punti vista, in quanto potrebbero compromettere l'ottenimento di qualche briciola di visibilità, sono un pessimo esempio della loro millantata autonomia e coerenza.

Ravvedimenti da chi si è collocato nell'innaturale schieramento di centro destra, realisticamente non sono prevedibili, mentre maggiormente distintivi e strategici dovrebbero essere i comportamenti dei socialisti favorevoli alla costruzione di una alternativa al Governo Meloni, Tajani e Salvini.

Per quanto sopra non vanno più avallate subalternità a nessun Partito del centro sinistra, bisognoso di un riassetto che aumenti la propria credibilità per aspirare alla guida del Paese, oggi preclusa dai problemi identitari del PD, dalle divisive valutazioni politiche e programmatiche con il M5S e la Lista Verdi/ Sinistra Italiana, nonché dalla mancanza di un apporto determinante delle forze liberal – socialiste democratiche.

Le vistose divergenze in politica estera non sono degli aspetti marginali, ma basilari ai fini della autorevolezza dei Governi nelle sedi internazionali.

I socialisti liberali non possono condividere la sterile collocazione centrista di Calenda, stante il vigente sistema elettorale, perché indirettamente favorirebbe solo i populismi che vuole contrastare, né tanto meno accettare il disconoscimento di ogni riferimento nominale o grafico di Azione, alla storia socialista.

La riappropriazione di un ruolo politico più dignitoso, per i socialisti è un presupposto indispensabile, per partecipare fattivamente ed unitariamente al decollo di una aggregazione, (Partito/ Federazione) di stampo schematicamente laburista, saldamente parte di un rifondato schieramento di centro sinistra.

L'idea è sostenuta da più soggetti e culture riformiste, anche dai socialisti, che dovrebbero essere tra i protagonisti delle interlocuzioni preliminari per giungere all'obbiettivo.

Virginio Venturelli
Virginio Venturelli

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I socialisti e le ragioni di Calenda

Condivido l'analisi e le proposte di Carlo Calenda cosi come sono uscite dal recente congresso di Azione. Vediamo le prime. Non si può che concordare sulla fine politica di questo finto bipolarismo. Finto perché di poli se ne sono presentati soltanto due alle elezioni del 2006 quando una legge elettorale, il famoso Porcellum, attribuiva un premio di maggioranza alla prima coalizione indipendentemente dalla percentuale ottenuta. Si mise insieme di tutto a sinistra, da Mastella a Bertinotti, e il governo durò solo due anni. In tutte le altre elezioni, svolte col Mattarellum e col Rosatellum, i poli erano più di due, da quello del patto Segni del 1994 che ottenne, alleato col Partito popolare, il 18%, fino a quello, in realtà era solo una lista, dei Cinque stelle che nel 2018 superò addirittura i due poli. Oggi l'attuale bipolarismo (mettiamoci pure anche l'alleanza Italia Viva, Più Europa, Pd, Asv, Cinque stelle) é anche finito politicamente. Lo lacera, non una cosuccia da niente, ma la collocazione europea e internazionale dell'Italia. Quanto potrà durare l'alleanza di governo tra un partito, Fi, che é parte del popolarismo europeo e appoggia la Von der Leyen, con un partito, la Lega, che in Europa é all'opposizione, vota contro il piano di difesa, appoggia pienamente tutta la politica di Trump? E quanto potrà ancora giustificarsi la ipotetica alleanza tra riformisti del Pd che votano il piano di difesa della Von der leyen, in armonia col gruppo dei Socialisti e democratici, e i Cinque stelle che li ritengono (vedi le accuse alla coraggiosa Pina Picierno) un drappello di guerrafondai? Mai come oggi il supposto bipolarismo si é trasformato in bi confusionarismo. Meglio dunque tornare al proporzionale come suggerisce Calenda e come prima di lui aveva ipotizzato Franceschini. Pare che anche la Meloni, conti alla mano, non sia contraria. Il problema, semmai, é come conciliare il proporzionale con il premierato, se la legge costituzionale verrà sottoposta a referendum e accolta dagli elettori. Ma andiamo con ordine. Se Renzi, a cui personalmente non ho mancato di indirizzare parole di sincero apprezzamento perché la medaglia per aver sostituito Conte con Draghi non gliela può togliere nessuno, ha deciso di intrupparsi in un polo (un abbraccio con la Schlein durante una partita di calcio può risolvere molte diffidenze), Calenda ha deciso di tenere duro collocandosi contro quel che ha definito bipopulismo. Dunque no ai Cinque stelle, che vorrebbe “distruggere”, proposito alquanto ambizioso ancorché nobile, e alla Lega, che sulla politica estera e in particolare sulla guerra all'Ucraina finisce per pensarla come Travaglio, col corollario dei vari professori e professoresse tra i quali la De Cesari e Orsini, e si inventa un pacifismo ipocrita che nasconde un filo putinismo d'antan. Europeista viscerale, o estremista come suggerisce Benigni, Calenda propone un'alleanza riformista e liberaldemocratica, il nome può essere diverso, sulla scia della maggioranza politica che si é formata in Europa tra socialisti e popolari. E fa appello ai popolari di Forza Italia, ai socialisti del Pd, i riformisti che votano in armonia col gruppo, in primis Gentiloni, ai socialisti non subalterni alla Schlein, ai repubblicani, a Marattin e al suo partito liberaldemocratico, ad associazioni e circoli, a singole personalità. Certo un conto é un'alleanza politica che sfasci i due poli, obiettivo politicamente corretto, e un altro é una costituente per creare un nuovo partito o una federazione di partiti che abbiano in comune lo stesso progetto. Su quest'ultimo punto occorre, a mio giudizio, chiarire l'obiettivo. Se la costituente verrà fissata, e l'obiettivo di costituire un nuovo partito, con nome e simbolo nuovi, sarà condiviso da più soggetti, anche il nostro movimento dovrà decidersi a farne parte. Se invece anche il nuovo soggetto sarà una federazione di partiti e di movimenti allora dovremo rapidamente creare il nostro con un nome, un simbolo, un tesseramento e un congresso costituente, che si riaffacci alla politica disegnata da Carlo Calenda con efficacia e che, consentitemi una citazione, io stesso, terzopolista da molti anni, assieme a pochi compagni, avevo suggerito al congresso del Psi del 2022, inascoltato. E la via intrapresa ha prodotto disastri.

Mauro Del Bue
Mauro Del Bue

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