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Don Pierino Mizzi nel 25° della scomparsa

  27/05/2024

Di Redazione

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Dò pubblica evidenza e conto di un gesto dettato da impulso incontenibile. Domenica scorsa, in occasione della visita alla 3 giorni in piazza, siamo stati in Gera. Come sempre, sono andato in chiesa San Pietro, (né per devozione né, come si comprenderà, per ammirazione del decoro musivo. Incrociando all'ingresso del tempio i due ammirevoli e competenti accompagnatori delle visite guidate, d'istinto mi è venuto di chiedere se, a fine maggio, fosse prevista una qualche celebrazione per don Pierino Mizzi. Di cui, appunto, il 30 05 ricorrerà il 25mo della scomparsa. Non pervenuto. La parrocchia di Pizzighettone o ignora la ricorrenza o ne è a conoscenza e fa spallucce. Non è una falla delle due encomiabili guide volontarie, che comunque segnalano l'ostensione nel presbiterio di un ritratto del "pretino" dei mosaici. Che è stato qualcosa di più. Infatti, approdò in Gera nel 1941, in piena guerra. Fu pienamente immerso in uno scenario tremendo di miseria e distruzione (termine non retorico, perché l'aliquota territoriale della borgata Gera fu particolarmente attenzionata dai bombardamenti, al punto che l'edificio sacro ne fu parzialmente interessato). Restò sempre a fianco dei parrocchiani, nella funzione di guida spirituale e di riferimento civile. In tempi in cui la Chiesa esercitava il massimo d'invadenza nelle vicende terrene, non si occupò mai di politica. Gli sono grato per tutto ciò e anche per un "tornaconto" personale. Rimediò al rifiuto opposto dall'Arciprete (nella cui giurisdizione ricadevo, essendo domiciliato in via Mazza 10) al battesimo di mio figlio Francesco. Lo stesso ostracismo sarebbe stato determinato nei successivi passaggi sacramentali, negati da un altro bel pastore (l'arciprete di S. Ilario in Cremona, anni 70-80 del 900). I sacramenti non costituivano la mia massima sollecitudine. Ma erano nelle (comprensibili) aspirazioni della nonna e dei bisnonni. Nella prospettiva subordinata di far somministrare Cresima e Comunione in S. Pietro, per qualche mese portai Francesco ad una sorta di “dottrinetta” privata da don Pierino (che non solo si era dichiarato disponibile ma addirittura l'aveva proposta). Lo vedevo sempre più invecchiato, smagrito (la tonaca presentava più rammendi che tessuto). Nonostante la benevola premura della Sciura Cecchina e di qualche parrocchiana. Poi il declino senza ritorno. Nonché la sconcertante consapevolezza per l'accanimento giudiziario nei confronti delle "migliorie" decorative alla chiesa. Più volte l'avevo incrociai sotto casa, dove parcheggiava un autoveicolo (che con molta buona volontà poteva definirsi tale e non catorcio da rottamazione) per recarsi a piedi alle udienze in Tribunale, per dar conto delle violazioni edilizie. Nella cui escussione dibattimentale era insistente la domanda attorno alla scaturigine autorizzativa. Mi confidava che al magistrato inquirente avrebbe rispettosamente risposto in materia prendeva direttamente disposizioni dalla Madonna, cui si era dedicato per tutto il percorso sacerdotale ed esistenziale. Non mi sorprende ma mi addolora molto la constatazione che la comunità dei credenti (ormai decimata in S. Pietro) e, soprattutto, i responsabili dell'unione pastorale stiano dimostrando totale indifferenza per una ricorrenza che dovrebbe mobilitare il ricordo e la celebrazione nei confronti di un'eccezionale figura di pastore spirituale e di guida civile. In un'epoca tremenda di devastazioni, privazioni, contrapposizioni. Basterebbe poco. Non ne sono investito formalmente e forse, da ateo, non ne ho neppure la prerogativa. Ma nel mio intimo assolvo all'impulso di non far cadere nell'oblio o solo nell'indifferenza una figura così importante. Nel 25mo della scomparsa. Un anniversario “tondo” che dovrebbe suggerire un impulso al ricordo. Siccome ho ancora feconde ed amichevoli relazioni mi sono rivolto con discrezione a chi avrebbe potuto fornire ragguagli. Così apprendendo che ogni 30 maggio, durante il rosario serale nella chiesa di san Pietro, i vecchi parrocchiani rimasti, ricordano Don Pierino esponendo una suo ritratto sull'altare. Forse sarebbe il caso, ben lontana da me qualsiasi intenzione recriminatoria, di farne una rievocazione da braccino meno corto. Se non altro avendo presente l'indotto che deriva dal richiamo della del tempio edificato nello stile corrente di fine 700 e “riconvertito” da don Pierino (a forza di fede, di sacrifici personali, di partecipazione convinta dei parrocchiani). Che richiama una massa importante di visitatori. Comunque, ben lontana da me qualsiasi intenzione recriminatoria.

E non solo perché ho riattivato i ricordi e compulsato il corposo materiale documentale, fornito da Gianfranco e Francesco, non ho potuto trattenere un particolare. Confesso: tenevo, parrocchialmente parlando, il piede in due scarpe. Perché mi sentivo vicino anche a don Giovanni Lena. Che a luglio per molti anni ci ospitava all'istituto Semeria di Monterosso.

Già sulla sponda destra dell'Adda c'è un borgo, talmente popoloso che poteva permettersi due comunità parrocchiali, ricadente l'una nella diocesi di Cremona, l'altra in quella di Lodi.

Le gallerie
Alcune immagini sull’evoluzione stilistica della Chiesa di S. Pietro in Gera di Pizzighettone
Alcune immagini sull’evoluzione stilistica della Chiesa di S. Pietro in Gera di Pizzighettone

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