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La sinistra e la questione socialista /31

  02/01/2024

Di Redazione

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Rassegna della stampa correlata

La federazione riformista, di Mauro del Bue

Chi si sbraccia a ricordare che quel che resta del Psi deve vivere in autonomia e non federarsi con nessuno dovrebbe almeno non ignorare la federazione tra Pd e Psi degli anni scorsi finita come sappiamo. E non dovrebbe neppure dimenticarsi del gruppo al Senato Italia viva-Psi che, se non era una federazione, le assomigliava parecchio. Né può essere ignorato il fatto che i socialisti alle precedenti elezioni europee strinsero un accordo con Più Europa che non fa parte del socialismo europeo. Perché l'Associazione socialista liberale, trasformatasi a Montegrotto in movimento politico, non avrebbe dovuto aderire all'appello di Carlo Calenda di costruire una vasta alleanza che comprenda liberali, popolari e socialisti? Bando alle scomuniche e alle chiacchiere da cortile. Cosa ci distingue dal movimento Per (Rosato e Bonetti) e dalla stessa Azione? Sulla giustizia, soprattutto attraverso l'azione incisiva dell'on. Costa, l'appoggio al pacchetto Nordio risulta comune, mentre Cinque stelle e Pd sono contrari, sull'Ucraina la necessità di appoggiare la resistenza patriottica degli aggrediti é reciproca, mentre Conte é contrario e la Schlein nicchia, su Israele, la solidarietà al popolo ebreo, non solo quello residente in Israele, ci accomuna come la proposta dei due popoli e due stati. Sul salario minimo siamo d'accordo, come sul Mes e anche sull'utilizzazione del Mes sanitario per rilanciare la sanità pubblica. Potrei citare altri argomenti sui quali l'assonanza é completa. L'associazione socialista liberale resterà naturalmente in vita e dovrà anzi irrobustirsi con l'adesione dei compagni e degli amici di tutte le province d'Italia. Come resterà in vita, anzi verrà potenziata, anche attraverso il contributo dei nuovi compagni di viaggio. La Giustizia, giornale storico e politico che potrà dar voce alla tendenza che combatte il bipopulismo, come Calenda definisce la duplice coalizione italiana. Chi contesta la nostra scelta ci dica se ce n'era una migliore: l'asservimento totale al Pd praticato dall'attuale Psi, un patto con l'estrema sinistra di Fratoianni e Bonelli al quale pare che una parte del gruppo dirigente del Psi guardi, l'accordo con Italia viva che a noi non ha fatto alcuna proposta di federazione e che pare sempre più orientata a costruire un polo di centro a trazione prevalentemente cattolica, un accordo con Più Europa che alle politiche del 2018 é stato rifiutato dalla Bonino e che si potrebbe, come sarebbe utile a tutti, congiungere alla nostra federazione? Non é il tempo delle scomuniche. Non esistono più da trent'anni i vecchi partiti. Le alleanze si fanno sulle cose e non sui nomi. Il Psi, come la Dc, il Msi, il Pri é morto nel 1994. Non basta il nome per resuscitare una storia. Un mio amico che si chiama Napoleone non ha mai avuto intenzione di invadere la Russia.

Nasce la “Casa del Riformismo, di Mauro Del Bue

Carlo Calenda e Mario Raffaelli per Azione, Oreste Pastorelli e Francesca D'Ambra per i Socialisti Liberali, Elena Bonetti per il movimento PER, hanno annunciato la nascita di questa nuova alleanza politica destinata a incarnare i valori moderati della sinistra dal riformismo socialdemocratico alla cultura democratica e popolare, al liberalismo democratico. “Con oggi prende avvio un percorso prima che politico di natura culturale” ha esordito Calenda, “e la cultura equivale alla libertà perché è la consapevolezza dei propri diritti oltre che la capacità di disporne”. Con una vocazione terzo-polista questa alleanza, legata da vincoli federalistici, sarà il vero centro sinistra del paese con quanto basta di “centro” e quanto di “sinistra moderata e democratica”. L'obiettivo sarà quello di realizzare una alleanza stabile. “Questo è un patto di collaborazione permanente, perché dopo le Europee lavoreremo per creare un unico soggetto politico” ha affermato Calenda, per una autentica e seria politica di riforme del paese in un senso moderno e sostenibile che lo porti a più alti livelli di perequazione sociale ed equità economica, con lo scopo di dare un approdo ai tanti elettori moderati che si annidano tra la grande marea di cittadini che scelgono, ormai in misure consolidate, la opzione del “non voto”. Non sarà quella di strappare voti alla Meloni o al duo Schlein-Conte la strategia della nuova area politica ma piuttosto di recuperare l'astensionismo elettorale dei delusi e diciamolo a volte anche disgustati. Elena Bonetti ha infatti ribadito che “il futuro è costruire un soggetto politico nel quale convivano le anime socialiste, popolari, repubblicane legate dal vincolo della natura democratica che superino le contraddizioni e i radicalismi del bipolarismo”. Mentre Mario Raffaelli ha ricordato che “Violante liquida la storia della prima repubblica limitandola al dibattito tra La Dc e il PCI dimenticando la grande stagione di riforme lanciata dal riformismo socialista a partire dal divorzio e lo statuto dei lavoratori. Si è trattato di un disegno preciso di cancellare la memoria storica del riformismo socialista italiano. Di qui il disegno di creare un partito non centrista ma centrale, che sia da volano per scardinare la tenaglia del bipolarismo”. La conferenza stampa è stata aperta dal saluto di Oreste Pastorelli e di Francesca D'Ambra i quali nel riassumere le vicende che hanno portato alla nascita del movimento Socialista Liberale hanno sottolineato l'importanza di tale patto federativo per la riaffermazione degli autentici valori riformisti. All'appello manca una componente che rappresenti la cultura libertaria di tradizione radicale, ma manca poco perché ciò avvenga e ben presto l'area politica sarà bella che completata per affrontare le prime sfide elettorali delle Europee e delle prossime amministrative. Ricco il parterre con Enrico Buemi, Ettore Rosato, Maria Stella Gelmini, Alessio D'Amato, Daniele Fichera, Giulio Sottanelli, Enrico Verini e Gianni Padovani.

Il valore delle idee, di Mauro Del Bue

Siamo socialisti e del socialismo abbiamo acquisito la sua straordinaria tradizione riformista e umanitaria. Ma siamo convinti dell'estrema attualità di un suo efficace e produttivo rapporto con la tradizione del liberalismo sociale. Per questo ci vogliamo definire socialisti liberali. Turati ha aperto le porte alla collaborazione coi governi liberali dei primi del secolo scorso contestando le involuzioni autoritarie e demagogiche del socialismo rivoluzionario, Carlo Rosselli teorizzò col suo libro pubblicato nel 1930 il socialismo liberale, Saragat e il Nenni del dopo 1956 seppero rompere col comunismo, Craxi praticò il lib-lab dopo essersi ricongiunto appieno col riformismo. Siamo gli eredi di una luminosa tradizione oggi spesso volutamente ignorata. Siamo i vincitori di una lunga competizione a sinistra, siamo stati dispersi da una grottesca criminalizzazione politica. Vogliamo risorgere perché da queste fonti si può seminare per un futuro migliore in questi tempi difficili e per taluni aspetti fin drammatici. Abbeverarsi agli ideali, al valore delle nostre idee per rilanciare la politica e per nobilitarla.

Eco confronti

L'antidoto politico alla disaffezione

Alle ultime elezioni politiche del 2022, alle urne si sono recati il 64 per cento degli aventi diritto, mentre alle regionali della Lombardia, lo scorso febbraio 2023, appena il 42 per cento degli elettori.

Tutto lascia presagire che percentuali analoghe risulteranno anche nel 2024, per il rinnovo del parlamento europeo e delle numerose amministrazioni locali, in scadenza di mandato.

La crescente disaffezione al voto dei cittadini, è imputabile a diverse cause ma preponderante è certamente la sempre più scarsa credibilità delle forze politiche, prive ormai di distinguibili identità e solidità programmatica, sostituite, per carpire il consenso degli elettori, dalla demagogia e dal populismo.

Da decenni i cantieri delle coalizioni, di centro destra come di centro sinistra, si dimostrano inadeguati ad arginare il distacco dei cittadini dalle istituzioni, nonostante la promozione di molteplici liste civiche in soccorso, e spesso in alternativa, dei Partiti.

L'astensione dal voto costituisce un grave pregiudizio al funzionamento della democrazia, per cui sbaglia chi sottovaluta il fenomeno, a cominciare Partiti, chiamati espressamente a migliorarsi al rispetto delle prerogative loro richieste dalla Costituzione, al ripristino del diritto degli elettori, di poter liberamente scegliere i propri rappresentanti.

Ci vorrà del tempo ma la rigenerazione della Politica, resta l'antidoto più efficace per riportare nei partiti, oggi comitati elettorali e personalistici, dialettica e nuovi iscritti, a rilanciare le rispettive idealità, e nel contempo riguadagnare la fiducia perduta dei cittadini nelle istituzioni.

Al miglioramento della offerta politica esistente, non debbono sottrarsi certamente i socialisti, stante il rilievo avuto dalla loro trazione politica ed amministrativa.

Dopo quasi trent'anni dalla dissoluzione dello storico PSI, anche le variegate componenti della diaspora, devono oggettivamente e criticamente esaminare i risultati della loro testimonianza.

Serve un bagno di realismo politico, perché i soli richiami al Partito di Turati, Matteotti, Nenni, Pertini, Lombardi, Craxi, non bastano per attirare nuove attenzioni alla progettualità politica socialista.

È tempo di convenire verso la costruzione di un moderno socialismo largo e liberale, già teorizzato da Carlo Rosselli, che sappia equamente contemperare le aspettative sociali e quelle economiche.

Che senza negare la libera iniziativa né la ricerca di un giusto profitto, persegua un futuro delle nostre società, “diversamente ricco”, con una economia sociale maggiormente attenta alla qualità della vita dei lavoratori, dell'ambiente e dell'interesse collettivo.

La cultura di governo dei socialisti merita di essere tra le ispirazioni protagoniste del cambiamento, strategicamente indispensabile alla rifondazione di un qualificato e competitivo schieramento di centro sinistra, innaturale senza la presenza di una degna forza del socialismo italiano.

Nell'ottica sopra riassunta, nei prossimi mesi, due appuntamenti si prospettano propizi per assumere delle discontinuità rispetto al passato, ove in cambio di qualche candidatura, è stato accettato di nascondere nomi e simboli della tradizione socialista.

Quello concernente il rinnovo del Parlamento europeo con l'opportunità, per l'area socialista, in senso lato, di competere attraverso la presentazione di una lista autonoma, aperta ad eventuali coalizioni, purché rispettose delle specifiche dignità politica.

Nonché quello riguardante le scadenze dei mandati amministrativi di cinque Regioni, (Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Umbria), di circa 3800 Comuni, tra cui 27 capoluoghi di Provincia e 6 capoluoghi di Regione ( Firenze, Bari, Cagliari, Perugia, Potenza e Campobasso, coinvolgenti circa 20 milioni di elettori.

Una grande occasione per il PSI di oggi insieme alle organizzazioni associative dell'area socialista, per sollecitare una innovativa aggregazione autonoma, liberal democratica, socialista, radicale e verdi, in tutti i centri più importanti, aperta al confronto sul programma e sulle candidature alternative al centro destra.

Nella discussione delle proposte sopra riassunte, ci sono tutte le condizioni per riscattare gli errori compiuti nella preparazione degli stati generali del socialismo, del luglio scorso, insieme agli sbagli di quanti hanno volutamente disertato l'evento.

Tale auspicio è rivolto quindi, anche alle diverse sensibilità politiche presenti nella Comunità socialista cremonese, affinché ritrovi un impegno unitario verso gli obiettivi politici e territoriali indicati.

Vurginio Venturelli
Vurginio Venturelli

A long and winding road…

…hanno, per decenni, cantato (anche se per motivazioni diverse dalle nostre) i Beatles. Hanno cantato e continuano a cantare (anche se per motivazioni diverse dalle nostre, benché come monito permanente e universale). La strada, la nostra, perora, o semplicemente tende a verificare la sostenibilità di una resilienza del pensiero e della testimonianza socialista dalla condizione di obsolescenza in cui sono stati relegati dall'attuale sistema politico.

In questo senso l'”impresa”, per tutte le evidenze, si sta appalesando ancor più lunga e tortuosa (fino ai limiti dell'impraticabilità) di quella degli Scarafaggi di Liverpool (che bene o male non tradisce mai).

Nel precedente Forum, riferendoci alla lectio facilior con cui alcuni persistono nella riproposizione di un nesso di consequenzialità (siamo qui con nome, simbolo, buone speranze), avevamo severamente dissuaso dal riproporre la formula del Partito, come luogo franco, rifugio sicuro, carta d'identità, condivisa ed ostentata, strumento di testimonianza e di lotta per l'attuazione di grandi ideali.

La realtà, come ben si sa e come ben ha evidenziato il contributo di Virginio Venturelli, è ben diversa.

L'insistenza con cui si fa astrazione dalla separatezza del presente dal passato non si sa se è più un artificio ad usum delphini ovvero se è portato di inconsapevolezze.

A sostegno di tale assunto, apparentemente disfattistico, mettiamo in campo una recente riflessione di Valter Veltroni: “Il Paese non è di nessuno, se non dei cittadini che vorrebbero decidere liberamente, in un clima civile, del loro destino. Alla politica basterebbe poco per ritrovare partecipazione e ruolo. I partiti o quel che ne resta sono rinculati rispetto all' idea virtuosa delle precedenti stagioni riformatrice”

D'altro lato, aggiungiamo noi, la sinistra (nell'accezione sia pur grossolana di riferimento politico-culturale) appare da troppo tempo ipnotizzata più dall'ansia identitaria ai fini di raccolta che non dai valori universali di ispirazione e di guida.

Siamo, ripetiamo sulla base di un'analisi un po' semplificata, sempre più di fronte ad una sinistra che non riesce a parlare al popolo, ma che non riesce neppure ad interrogare se stessa sulle cose da dire al popolo.

Ça va sans dire, non ci riferiamo, pur appartenendo lato sensu alla cultura politica di sinistra, a tutto ci riferiamo tranne che alle identificazioni scansionate dai tracciatori di “campi”.

Con i quali, francamente, non sono possibili approcci, a partire da improbabili comunanze lessicali.

E, diciamolo con altrettanta franchezza, ci troviamo in forte disagio nello stabilire ancora qualche residua piena appartenenza (teorico-dottrinaria e pragmatica) a quella che un tempo si definiva “famiglia socialista europea”.

Che non solo ha perso l'allure del passato, in termini di caratura nelle prime file della politica attiva, ma è fortemente in difficoltà quando è alle prese con l'esigenza di sillabare i propri tratti identificativi nei contesti generali della mappa del pensiero politico.

Almeno le ultime tre decadi a cavallo del 900 e del terzo millennio hanno se non proprio asfaltato, sicuramente modificato il quadro di letture e di certezze dell'ultima metà di secolo.

Al punto di rendere evanescente il background teorico di aggregati, come il pensiero socialista che era riuscito a permeare del proprio progetto di società vasti contesti geopolitici.

Oggi ben che vada riesce, con grande difficoltà, “a stare sul mercato”, alla ricerca delle condizioni per non essere ulteriormente periferizzato dagli equilibri di forza.

In realtà, secondo chi scrive, dovrebbe mettersi di buzzo buono a rivedere la propria metrica e ad aggiornare software e hardware; in linea coi cambiamenti di cui o non si è accorta o a cui, pur accorgendosi, ha continuato a fare spallucce.

Se questa percezione appartiene ad una visione continentale dello stato delle cose in capo alla “famiglia socialdemocratica”, figurarsi per il radar domestico. 

Non si uscirà da questi contesti di forte affanno, per non dire di inclinante ulteriore marginalizzazione, se la sollecitudine maggiore non verrà correlata ad un'idea di lunga marcia, ispirata dall'obiettivo ineludibile di aggiornare la “scheda”, il progetto strategico di una testimonianza ispirata certamente dai cardini della teoria socialdemocratica, ma fortemente influenzato dalle consapevolezze dei mutamenti.

Vogliamo dire che le possibilità per un revolving di influenza sul pensiero politico universale e sul ruolo di governo dei processi non solo non risiede in una tattica di make up mediatico e tattico, adottato per lucrare residue quote di rappresentatività, ma sta esattamente nella direzione opposta.

Cominciando dal convincimento che occorre invertire l'ordine dei fattori enucleato da Mark Twain:la gente é più facile ingannarla che convincerla.

Sicuramente il pannel della resilienza della teoria socialista deve trovare giusti equilibri tra i numerosi addendi che dovrebbero comporre il campo dell'analisi ed ispirare una sintesi da progetto strutturato.

Ma è altrettanto evidente che per una sinistra riformista e lib-lab (liberaldemocratica e laburista) diventa ineludibile la centralità del lavoro, in un contesto mondiale in cui è diventato, con la globalizzazione finanziarizzata, meno di un ingrediente del mercato.

la questione laburista dovrebbe essere identificativa della consapevolezza delle ricadute dell'avanzamento tecnologico in termini di sostenibilità del mercato del lavoro. Locuzione cui la narrazione ha fatto l'abitudine, storpiando il valore reale degli equilibri sociali in cui il lavoro non è merce bensì perno di giustizia e di ruolo comunitario.

Perché dovrebbe essere, a questo punto ben chiaro, che negli ultimi tre decenni ha preso velocità il combinato devastante tra lo sfruttamento del lavoro, in termini di remunerazione, e il portato dell'avanzamento tecnologico.

L'aggiornata teoria laburista, se, da un lato, non può evocare suggestioni neoluddiste, non può prescindere dalla lezione di Keynes, secondo cui la tecnologia distrugge posti di lavoro di vecchia concezione ma non ne crea di nuovi.

Procedendo con molta semplificazione, diremmo che il laburismo non che costituire il perno prevalente di una aggiornata teoria socialdemocratica. Non solo per salvare tout court il lavoro come indispensabile strumento di sostentamento, ma soprattutto come scaturigine di ruolo civile e sociale. La risposta alla mercificazione del lavoro, soprattutto di fronte ai processi cui sono sottoposti gli organici per effetto dell'introduzione delle tecnologie (in un domani, la AI) non può non essere rappresentata dalla partecipazione e dall'azionariato popolare.

Una formula che può far regredire le pulsioni mercatistiche del primato della finanza mondiale. Se viene assunta come standard strategico. Ovviamente la mano pubblica non può assumere una posizione neutralista o non interventista. Ma, come nel modello tedesco della Mitbestimmung, deve assumere un ruolo da senior partner nella gestione del modello. E non si parli di assistenzialismo. Perché lo Stato ha profuso per decenni ingenti iniezioni pubbliche nell'imprenditoria dei capitalisti senza capitali. Che si sono rifugiati, si fa per dire, con le loro holding in Olanda.

Ecco, abbiamo, se ne siamo ben consapevoli, solo abbozzato un'analisi che dovrebbe essere alla base del tentativo della sinistra riformista di invertire il disorientamento, che l'ha privata sia di un percepibile progetto strategico di società sia una minimale offerta tattica di incidenza nelle correnti dinamiche socioeconomiche.

Ci pare di poter dire (pur simpatizzando per l'annunciata “Casa dei Riformisti”) che la resilienza del movimento liberalsocialista in Italia non possa prescindere dall'accentuazione, come ben evidenzia “Il valore delle idee” dell'Associazione, del tratto laburista, nonché da un colpo di reni, diciamo così, capace di collocare la visuale lib-lab oltre le criticità delle anguste agibilità quotidiane politico-elettorale. Insomma, se non siamo aprioristicamente scettici, in qualche modo esortiamo alla leale circospezione/vigilanza circa l'appartenenza “allo stesso album di famiglia Terzo Polo moderato”, oggetto del desiderio e grande mistero dell'attuale contesto politico, dice non senza fondamento Lucio Fontana su Corsera.

Perché se, ripetiamo, nella situazione data, gravemente pregiudizievole per l'agibilità delle istanze non collocate nei “campi” questa “nuova alleanza politica destinata a incarnare i valori moderati” costituisce una risposta realistica ed in certo qual modo anche proiettata in una visuale potenzialmente più lunga, la rappresentanza del partner socialista non può non fornire un contributo ispirato sia da una visuale maggiormente “strategica” (come suggeriva la vecchia sintassi marxiana) sia da una assoluta priorità del tratto laburista.

A meno che, ovviamente, non rientri nella sollecitudine dell'Associazione liberale e socialista e della Casa dei Riformisti l'intuizione di fare di lavoro, sanità ed istruzione il perno di un new deal capace di rovesciare il tavolo su cui sono state condotte le danze politiche dall'inizio della seconda repubblica in poi. In tal modo accettando di regalare al “campo” più o meno largo della sinistra più o meno demagogico-massimalista la rappresentanza delle tematiche del lavoro e della connessione tra queste e partecipazione del relativo ceto ad un progetto di società, che voglia veramente applicare il mandato costituzionale.

Da tale punto di vista ci tranquillizza un recente endorsement di Calenda Calenda "un 20% di italiani non è libero, nell'accezione dell'art. 3 della Costituzione, in quanto non riceve adeguata istruzione, o non riesce a curarsi o se riesce lo fa a proprie spese o ancora non ha a sufficienza, per effetto di inadeguati salari, di che vivere.”

Per quanto si riferisce allo sguardo, più corto finalizzato, sugli appuntamenti dell'agenda politico-elettorale del prossimo semestre, non possiamo non condividere l'esortazione di Virginio Venturelli (che da anni è punto di riferimento della Comunità Socialista provinciale), circa un impegno unitario verso gli obiettivi politici e territoriali indicati.

Che, per logica e coerenza, spingono inequivocabilmente i socialisti a privilegiare il coté programmatico, come preliminare di qualsiasi interlocuzione e il senso della testimonianza degli ultimi due anni, che li ha visti fortemente impegnati a sostegno di iniziative di cittadinanza attiva (contro il Nuovo Ospedale, contro l'impianto di Biometano, contro una politica urbanistica di vandalizzazione dei suoli a vantaggio dell'edilizia commerciale, contro una sostanziale incuranza nei confronti del dilagante inquinamento atmosferico).

 

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