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La guerra tra poveri ed emarginati

...intorno al Reddito di Cittadinanza - contributi di Clara Rossini e Alessandro Gaboardi

  19/06/2021

Di Redazione

La+guerra+tra+poveri+ed+emarginati

Nei giorni scorsi, la nostra testata, un po' insistendo collateralmente alla rinuncia di cogliere l'opportunità offerta dalle prerogative del reddito di cittadinanza in materia di lavori socialmente utili ed un po' incrociandosi nel confronto in corso sulle criticità determinate dall'impari rapporto tra domanda ed offerta di mano d'opera, ha contribuito (suo malgrado) al decollo di un dibattito. Utile, purché sia sempre composto ed indirizzato a finalità edificanti. Le materie del lavoro, come molte altre centrali negli equilibri civili, sociali ed economici della comunità, vengono trattate non raramente come merce utile alle non nobili pulsioni delle “culture” populiste. Riteniamo il provvedimento che “ha soppresso la povertà” (nell'accezione di Di Maio) una sciagura, soprattutto sul piano del rafforzamento delle “culture” deresponsabilizzanti sul piano etico e comunitario. 

Manca quasi un milione di unità, indispensabili per attivare e rendere credibile la resilienza postpandemica. Ma ci sono 700 mila percettori dei 700 eurini, con cui non fai il nababbo. Ma che ti consentono, oltre che di arrotondare in nero, di sfangare il lavoro “disagiato” (festivo e notturno) e degradante dal punto di vista del rating sociale. Presupposto per cui tali lavori vengono rifiutati e girati alle masse migratorie. Cui vengono affidati come step di accoglienza ed integrazione. 

Il sistema Italia affida il lavoro, rifiutato dagli snobs sussidiati dal gettito della fiscalità (spremuta all'80% sul reddito e sulle pensioni della forcella tra 1200-2000 euro mensili), a coloro che arrivano alla “terra promessa”. Uno di loro 36 ore fa è finito (in circostanze assolutamente da chiarire) sotto un TIR. 

La guerra tra poveri ed emarginati, paventa espressamente uno dei due partecipanti a questo forum. Ci piacerebbe che in esso intervenissero almeno alcuni dei dirigenti di quel che resta del mondo sindacale, omologato nei meccanismi consociativi. Specialmente qualcuno che nei giorni scorsi ha fatto outing per coloro che rifiutano di cogliere il reddito di cittadinanza come opportunità di aggiornamento ed inserimento professionale. 

Anche questa nostra esternazione è opinabile. E confrontabile con successivi interventi di segno opposto. Grazie a Clara Rossini, ad Alessandro Gaboardi e a coloro che vorranno fornire il lro punto di vista su una materia così cruciale. 

Caro direttore, seguo con mala curiosità le interviste a datori di lavoro che non riescono a trovare aiuto per le loro attività. Dimentichiamoci un attimo di colpevolizzarli per la scarsa prodigalità verso i collaboratori, riflettiamo piuttosto su come è stato possibile permettere a tanti giovani di dimenticare il loro dovere di contribuire ad essere utili alla società in cui vivono. Lo sfruttamento è un aspetto da punire, allo stesso modo il fancazzismo …ma i genitori? Hanno fatto altrettanto nella verde età? E in seguito non credo abbiano vissuto girandosi i pollici davanti alla televisione. Si è sempre lavorato, un bellissimo esempio che ora viene depauperato del suo valore più alto. Non conosco quante persone furono assunte per cercare location da offrire agli ufficialmente disoccupati, quando oltretutto lavoro non c'era, con il privilegio di scegliere o rifiutare sino a tre offerte. Fortunatamente si fecero sentire ragazzi che preferivano il lavoro ad una elargizione assistenziale, ma poi si scoprì e continuano a scoprirsi che tali elargizioni piovevano nelle tasche di mafiosi, anche su quelli già custoditi in carcere, sui lavoratori in nero non propriamente nullatenenti, su gente violenta che girava in SUV ed arrivava a uccidere con la prepotenza un povero generoso aiuto cuoco che usciva a tarda sera dal luogo di lavoro. Casi isolati, commentavano inizialmente, anche se i casi isolati non erano più tanto isolati, si moltiplicavano e si intersecavano con chi aspira solo a farsi mantenere.

Ora a che punto siamo? Nessuna felice idea per trattenere un po' di soldi che debbano servire per la comunità? O valide decisioni per impiegare queste forze come aiuto per la comunità stessa, nel ramo sociale, commerciale …dove non si appoggino, come nel ramo amministrativo, in attesa di entrare a far parte senza alcun sforzo di una concreta realtà.

Tempus fugit …direttore!! Non si può attendere oltre, il reddito di cittadinanza deve sfociare in una risorsa non in un debito infinito. Un cordiale saluto e un grazie di cuore per la cortese ospitalità 

Clara Rossini - Cremona 

Il tema Reddito di Cittadinanza visto sotto il profilo sociologico si lega molto a quello dell'integrazione e dell'immigrazione.

La valutazione economica non può prescindere dai costi e dalla produttività. Anzi è sotto questo profilo che può acquistare piena legittimità.  

È fuori dubbio che in qualsiasi forma di assistenza economica ci sono percentuali di persone che ne approfittano, ma questa percentuale è residuale. La stragrande maggioranza dei beneficiari ne ha diritto e la usa per alleviare, non certo risolvere, la propria condizione d'indigenza. 

Presentare il problema della carenza di personale come effetto del Reddito di Cittadinanza è una enorme bufala che serve solo ad alimentare il pettegolezzo nazionale. 

La mia percezione, che è quella della frequentazione del settore turistico, è che nel settore il lavoro disponibile è poco e poco retribuito. 

Uno dei motori turistici è quello degli anziani e pensionati. Questi non hanno subito riduzioni di reddito, sono in buona parte vaccinati, ma temono il contagio. Aspettano che tutto si normalizzi, temono le "varianti" e stanno incollati ai televisori imbevendosi di notizie contradditorie elargite a bocca spalancata dai numerosi "esperti". 

L'altro motore del turismo è la categoria dei lavoratori che in estate fanno le cosiddette ferie. Quali ferie e con quali soldi per chi da un anno è in cassa integrazione che ormai è ridotta a circa il 30% del salario. 

Lo stesso dicasi per molte attività professionali, molte delle quali mantengono aperti l'ufficio solo al fine di essere reperibili e non sparire dall'ottica dei potenziali clienti. Professionisti che spesso attendono per mesi il pagamento delle prestazioni. 

Questo è il panorama "mare calmo senza vento" nell'attesa di una brezza che gonfi le vele. 

Avremo ancora mesi di bonaccia e nel frattempo quante aziende turistiche, agenzie, ristoranti, alberghi operatori chiuderanno? 

Questa incertezza potrebbe facilmente scemare se il governo togliesse il blocco dei licenziamenti. 

Le aziende dovrebbero decidere se continuare licenziando parte del personale o chiudere perché alcune piccole attività hanno comunque bisogno di un certo numero di persone per funzionare. 

Il blocco dei licenziamenti deve essere mantenuto, almeno per quanto riguarda il settore turistico. 

La speranza è che a settembre non ci sia la temuta ripresa del virus. 

Alessandro Gaboardi - Crema 

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