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Tra l'Èpinay ed il Great Reset del socialismo italiano?

Contributo di Tommaso Anastasio (coordinatore della Rete delle Comunità Socialiste della provincia di Cremona)

  17/06/2021

Di Redazione

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Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo il contributo di Tommaso Anastasio a commento del confronto tenutosi sulle pagine del periodico “Democrazia Socialista” (che alleghiamo in pdf).

Anteponendo una chiosa alla condivisibile lettera di Anastasio, chiederemmo di evitare di armeggiare attorno a certe suggestioni. Con Èpinay il socialismo francese archiviava il fallimento SFIO della IV Repubblica giunto al 4,4% e lanciava il progetto de la Gauche. Che, per avere il consenso del PCF, poggiava su una linea guida vetero massimalista (nazionalizzazioni, orario di lavoro definito per legge, ecc...). Il riferimento più appropriato per quello che riguarda l'auspicabile progetto riformista dovrebbe essere la Bad Godesberg della SPD, che metteva a punto la Mitbestimmung.  Riteniamo altresì inappropriato pure il richiamo degli attuali analisti al Piano Marshall, destinato a risollevare i paesi sconfitti con economie distrutte dalla guerra. Meglio sarebbe riferirsi al programma rooseveltiano.

Comunque sia, il dibattito pare giunto ad uno snodo cruciale.

Cogliamo l'occasione per aggiungere un simpatico "musicarello" autoprodotto dal dott. Alberto Gigliotti (della Comunità Socialista cremasca) reperibile a questo link.

Caro Direttore,

ho avuto modo di leggere la lettera di Aldo Potenza (presidente di Socialismo XXI Secolo), la replica di Claudio Martelli (Direttore dell'Avanti!) e la successiva di Silvano Veronese (del coordinamento del Comitato per l'Unità Socialista) dalle pagine dell'ultimo numero di “Democrazia Socialista”.

Premetto che non sento affatto il bisogno di schierarmi né tantomeno di tirarmi fuori dal dibattito che deve, a mio avviso, rimanere aperto ad ogni costo.

Nel merito, Socialismo XXI Secolo e Avanti! tentano di far rinascere il socialismo italiano da strade diverse. Strade che, attenzione, non è detto che si possano incrociare e il motivo è presto detto.

Una via è quella indicata con l'”Èpinay” italiana, pianificata secondo la convergenza "pratica", politica ed organizzativa di tutte le associazioni che si rifanno al socialismo, convocando un'unica grande assise, nella quale andrà ricercata necessariamente una sintesi programmatica e successivamente un'unità d'azione.

Con l'altra via si vorrebbe indurre la rinascita del socialismo - dichiaratamente liberale - partendo ex novo dalla sua costruzione culturale, secondo i principi enunciati (ma mai finora praticati) da Rosselli. In questo caso il "traino" passerebbe dalla definizione di un'area riformista, aperta e inclusiva delle culture affini a quegli ideali.

Se ne deduce che i due piani potrebbero risultare sovrapponibili o complementari (almeno in parte), ma con la stessa probabilità anche divergenti.

Poiché non esiste impresa degna di nota che non contempli una pari dose di rischi, sono ottimista. Ma intendiamoci, fuori da qualsiasi tentativo di sembrare più o meno innocenti, credo che occorra soprattutto franchezza nel dirsi se ci sia o meno la volontà di dibattere all'interno del campo riformista. Diversamente si continuerebbero a parlare due lingue diverse.

Sui temi, tanto per citarne qualcuno, come la "grande riforma" istituzionale, la riforma della giustizia, della sanità, l'europeismo convinto anche se non acritico, etc, c'è convergenza. Immagino una certa distanza sulla questione Lavoro, il "nocciolo dei noccioli" per noi socialisti. Credo però che dopo aver smussato un po' tutte le altre tessere del mosaico, anche questa dovrebbe riuscire a trovare la sua giusta collocazione in un quadro generale ampiamente condiviso.

Chi oggi, di fronte a questa possibilità, si dovesse mettere di traverso (per impuntature giustificabili solo come retaggi del passato) o è miope o è in malafede.

Concludo queste mie brevissime considerazioni esortando tutti a sedersi ai Tavoli della Rinascita Socialista (qualunque essi siano e ovunque essi vengano preparati) e a dibattere, anche aspramente, ma con altrettanta lealtà, in nome della "causa" considerando le diversità di vedute un valore aggiunto e non un limite al conseguimento degli obiettivi.

Sono altresì convinto che lo sguardo, quello sì, lo abbiamo tutti rivolto nella stessa direzione. All'orizzonte vi possiamo scorgere "libertà, giustizia sociale e ambientalismo".

Cordiali saluti

Tommaso Anastasio

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