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La sinistra e la questione socialista /57

  26/11/2025

Di Redazione

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L'area socialista cremasca

A  tre anni circa  dal  defilamento  politico  della Comunità socialista cremasca, deciso dalla stessa per  favorire  la  ricostituzione   del   PSI  locale  e  provinciale,  nell'area  della  storica  tradizione  politica,  in  previsione  del  prossimo  rinnovo  amministrativo  della  città  di Crema, si sono ravvivate  considerazioni  ed  interrogativi, tutt'altro che lievi.

La  confluenza   nella  organizzazione   del  Partito,  da  parte  degli  aderenti  alla  Comunità  socialista,  è  stata  inferiore  alle  attese,  un  po'  per  la  mutevole  linea  politica  nazionale  del  PSI,  ed  in  parte  per  la  ridotta  determinazione  ( salvo i richiami  sulle  pessime  condizioni  strutturali  dell'incompiuta scuola ex CL ) a rilanciare i  tanti   temi  politici  ed  amministrativi  contenuti   nel  programma  elettorale  del  2022,  caratterizzanti  la  lista  Crema  Riformista.

Motivazioni  oggettive  che vanno  discusse  senza  pregiudiziali,  con  spirito  costruttivo  e  non  divisivo,  ancora  decisamente  insufficiente  sia  ai  vertici  della  diaspora  socialista  italiana,  che  nei  rapporti  locali,  ove  pedissequamente vengono  imitati.

I socialisti  cremaschi  nell'ambito della  provincia  di Cremona,  si  sono  spesso  distinti  per  la  loro  originalità  politica,     accentuatamente  unitaria, propositiva e dignitosamente  rappresentativa  nelle  istituzioni.

La Comunità socialista  ed  il  PSI,  hanno  anticipato e  promosso  le  alleanze  riformiste,  che  oggi  da  più parti  vengono  invocate,  hanno,  con lungimiranza,  sostenuto  la   proposta   del  concambio  tra  il complesso  degli  Stalloni  con l'ex Tribunale di Crema,  nonché  la  riconsiderazione  della  localizzazione  del nuovo Istituto Racchetti  nel  quartiere di  San Bartolomeo,   più opportunamente  ubicabile  nell'ambito delle aree dismesse  a  nord est della città.

Idee  giudicate  come surreali, nella passata amministrazione  comunale, oggi  prossime  ad  essere  formalizzate  e  concretizzate  attraverso  specifici accordi  rispettivamente  con   la Regione e  la  Provincia.

Senza esponenti,  in Consiglio Comunale, della lista Crema Riformista, ed in particolare espressione della tradizione amministrativa    socialista,   non  hanno avuto,   purtroppo,   voce e forza  ad  altre indicazioni  programmatiche,  pure  meritevoli di  maggiore attenzione,  quali:

  • la  individuazione di nuove aree di parcheggio urbano, tra cui determinante  potrebbe  essere la realizzazione di un piano di sosta rialzato, sopra  l'esistente  piazzale  della  “ buca”, presso la stazione ferroviaria.

  • la  pragmatica  realizzazione di un  collegamento ciclopedonale,  tra  il  viale di Santa Maria  ed  il  parcheggio della “Buca”,  passante sotto  l'arcata del ponte ferroviario sul fiume Serio, anziché la costruzione di un altro sottopasso, dai costi decisamente più impegnativi  e  ancora oggi  imprevedibile sui tempi realizzativi.

  •   l' ipotesi  di  partecipare al recupero della ex costruenda scuola CL,  attraverso  l'acquisizione e  la  ultimazione dell'asilo nido,  della scuola materna e dell'auditorium  ivi  incompiuti  e da ultimare,

  • uno  studio della fattibilità  di  convenzionare con i proprietari di appartamenti sfitti,  l'assegnazione degli stessi, alle famiglie in cerca casa, ove il Comune si fa da garante sulla  solvibilità della locazione,

  • l'avvio del recupero delle ex Carceri, contiguo al Palazzo comunale,  per  altri uffici del Comune e  riportando  all'interno i servizi oggi appaltati e svolti in altri luoghi, quali per esempio la gestione degli alloggi e dei tributi comunali.

  • la realizzazione del  bosco lungo la tangenziale, già previsto dal  PGT, come un  abbraccio  alla città  per tutto il perimetro da sud – ovest a sud – est, di elevato valore rurale, con tracciati campestri, cascine, filari e corsi d'acqua.

Argomenti  ed  interventi  rimasti  al  palo sono  diversi,  per cui    non  possono che  essere da  stimolo per  sollecitare  qualche risposta  impegnativa   entro  la scadenza  elettorale del 2027.

VIRGINIO VENTURELLI

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A Crema, dopo un avvio vivace la situazione è stagnante.

I motivi sono molteplici, uno di questi è il deludente risultato della nostra coalizione con Italia Viva, i Verdi e Calenda. La comunità socialista aveva lavorato attivamente per questa soluzione centrista in appoggio al sindaco Bergamaschi ma senza arrivare alla elezione di un proprio candidato.

È pur vero che i candidati socialisti hanno ottenuto  maggiore gradimento rispetto agli altri della coalizione ma è  stata una magra consolazione.

Purtroppo anche l'interlocutore con l'amministrazione ha  sortito pochi effetti.  Il sindaco dem rava sordo alle nostre proposte e per la soluzione delle aree dismesse ed in particolare per due grossi immobili abbandonati quasi a fine avorio, cosi come per i problemi viabilistici e l'aspetto connesso, la collocazione del nuovo liceo.

Per assurdo a distanza di tre anni le nostre proposte vengono fatte proprie dal sindaco.

Ciò che manca è una maggiore nostra presenza nelle attività del sociale dove di fatto abbiamo presenti solo un paio di nostri iscritti.

La delusione giustifica forse il desiderio di Venturelli di rivitalizzare la presenza Cremasca. Egli vede come un buon auspicio il crearsi la disobbedienza nel PSI in vista del congresso regionale

Io invece la vedo come un rinascere di questioni personalistiche che ricordano i vecchi difetti del partito socialista. Se così fosse, come temo sia, finirà anche il mio impegno nei gruppi socialisti.

Crema 17 Aprile 2023  alessandro.gaboardi@alice.it

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Per quanto riguarda il lungo editoriale dell' Eco del popolo La questione socialista 54 condivido pienamente ad eccezione del Dividere per unire di Del Bue. Il Campo largo che il PD sta cercando di formare deve escludere i grillini e gli estremisti di sinistra così ci sarà un equilibrio con il centro. Ancora troppi astensionisti alle urne bisogna recuperarli con progetti condivisi da tutta la coalizione. I cittadini sono confusi da un tira e molla dei Pentastellati e da troppi slogan e pochi fatti.

C.L. Vicenza 12 nov 2025

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Una riflessione a larga visuale: Europa

Erano quasi le 19:00 del 30 novembre 1985 quando sono salito sul treno per Bruxelles. Non ero solo, con me c'erano Viviane pronta a tutto e i bambini che non dicevano una parola. Non avevano torto, nel pomeriggio avevano abbracciato per l'ultima volta i compagni di scuola e dell'asilo, una pena enorme. Ma tant'è, nonostante una nevicata copiosa sulle Alpi e i fastidiosi controlli alle frontiere, siamo arrivati sani e salvi alla stazione centrale di Bruxelles. Non è stata una bella accoglienza: il cielo era ancora buio e faceva un freddo cane. Tuttavia ero contento, il giorno dopo avrei iniziato a lavorare per la Direzione “Ricerca” della Commissione della CEE, la Comunità Economica Europea.

Gli Stati membri erano 10. Alla guida c'era Jacques Delors, un federatore dotato di grande energia. Non solo, aveva idee e ideali, incoraggiava “l'armonizzazione”. È stato durante la sua presidenza che sono stati presi provvedimenti importanti per rafforzare il modello sociale europeo. Ne cito alcuni: il mercato unico, la libera circolazione delle persone, l'abolizione delle frontiere fisiche, la possibilità di effettuare gli studi all'estero, il riconoscimento dei titoli di studio, il diritto alle cure in ogni paese, il trasferimento dei contributi pensionistici, gli incentivi all'occupazione, la protezione dei consumatori… E ancora: la moneta comune, la soppressione delle tasse doganali, la cooperazione dei laboratori di ricerca, la costruzione delle reti energetiche, le norme a protezione della natura, i progetti pilota sulle energie rinnovabili, i programmi di aiuto alle regioni più povere, il rilancio delle zone deindustrializzate… è difficile crederci, ma tutte queste disposizioni sono state messe in musica prima del 2000. 

Poi, dopo la presidenza di Delors, la priorità è diventata un'altra: non più quella dell'armonizzazione ma quella dell'allargamento, una corsa a tappe che ha  portato l'Unione ad avere 27 Stati membri. Una scelta strategica con molte conseguenze positive e alcune negative. Infatti, se per “armonizzare” le politiche di 10-12 Stati dovevi fare un percorso a ostacoli, per armonizzarne 27 devi fare un miracolo dietro l'altro.

Un esempio? Le telecomunicazioni. Quanti sono gli operatori nel mondo? Negli Stati Uniti ce ne sono tre, in Cina due. L'Europa ne ha mediamente tre in ogni Stato, cioè 81. Se la Commissione proponesse di accorparli per diminuire i costi e competere con i colossi internazionali si scontrerebbe con 81 consigli di amministrazione difesi dai governi di 27 Stati membri. Un bel casino.

Un altro esempio? Le transazioni elettroniche. In ogni paese europeo si possono fare acquisti con carte di credito. Una bella cosa, se non fosse che i sistemi sono di proprietà di Visa e Mastercard, due società private statunitensi a cui affidiamo il vantaggio di conoscere affari, interessi e tendenze di imprese e cittadini europei. Un autogol cui nessuno vuole metter mano, nonostante tutti sanno che l'Europa rimarrebbe in braghe di tela qualora il matto che sta alla casa bianca decidesse di bloccare le due società.

Per concludere, sono passati 40 anni da quel freddo 1º dicembre ‘85. Viviane è sempre pronta a tutto, Barbara e Daniel sono diventati grandi, io ho meno capelli in testa e più tempo per pensare. Cosa penso? Che l'Europa è il posto migliore in cui vivere, ma che si vivrebbe meglio se la leadership europea rimettesse in agenda gli obiettivi di armonizzazione. Quali? Io partirei dalla cittadinanza europea e il welfare.

Alberto Piazzi

È nato a Soresina nel 1952. Figlio di un operaio della Pirelli ha vissuto a Pizzighettone e Sesto San Giovanni. Per mantenersi gli studi ha svolto parecchi lavori: operaio della Falck e della Kodak prima, e tecnico del Comune di Sesto San Giovanni poi. Giovane attivista del Movimento studentesco e poi sindacalista, ha fatto parte della segreteria provinciale milanese della CGIL Funzione Pubblica. Nel 1985 si è trasferito a Bruxelles per occuparsi delle politiche europee di Ricerca e Sviluppo Tecnologico, del Fondo Sociale Europeo e del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. Nel 2018 approda al mondo dell'editoria con il romanzo-thriller Il dossier E (Robin Edizioni), che pur essendo, come dichiarato dall'autore stesso, un'opera di fantasia, attinge alle politiche del suo percorso lavorativo. I temi che fanno da sfondo alla storia sono la ricerca, la finanza e la geopolitica, cioè le tre materie che nell'ultimo trentennio hanno cambiato la vita a milioni di persone. Nel 2019 ha pubblicato con lo stesso editore il suo secondo libro: Sono Mattia, Scala C, un romanzo che racconta la vita straordinaria di Mattia, un ragazzo nato in un villaggio operaio della periferia milanese. Per una serie di fatti sfortunati, a soli 14 anni è rinchiuso nel riformatorio di Pizzighettone.

 

chiosa editoriale…

…che non può non partire dalla consapevolezza del rischio di favorire, nella platea dei lettori e degli interlocutori, l'impressione/percezione di una rubrica, che, pur volendo essere di ispirazione tematica, finisce talvolta di essere una sorta di tutto un po'. E' il rischio, bellezza!, che si corre quando ci si arrabatta con un impianto editoriale, erede di una lunga e valorosa storia, ma pur sempre alle prese con gli impatti di un'intelaiatura fortemente problematica. Ok…ci affidiamo alla comprensione dei lettori. Aggiungendo (magari a beneficio di una corretta percezione della mission di questa rubrica dedicata a “La sinistra e la questione socialista”) che il suo core business non incorpora in alcun modo il proposito di veicolare confronti ed obiettivi ispirati da “secondi fini” di politique politicienne e da timbri “militanti”.

E che ci fosse e sia permasa tale lucida impostazione editoriale è dimostrata dal volume costante e cospicuo  e, se consentito, dalla qualità dell'approfondimento e della divulgazione tra i lettori.

D'altro lato, con questo format editoriale, si è ben consapevoli di non concorre con buone chances al Pulitzer. La rubrica, che spesso si avvale del copypaste (autorizzato) da fonti correlate alla nostra mission e da liberi ed intenzionali contributi esterni, non può “avere la puzza sotto il naso” nei confronti della permanenza di quel substrato o background che dir si voglia che legittimamente (da parte dei diretti interessati o da parte degli osservatori) può, in ampio range di intenzioni reali od interpretazioni, richiamare la permanenza di reali chances di “cittadinanza” nel parterre politico e istituzionale di portatori di continuità di testimonianza più o meno organizzata e militante e, digradando di rango, una semplice postura vocata all'esistenza di una riserva di nostalgici veterans e, per finire, una pacata e realistica presa d'atto che si può continuare ad essere utili alla causa, semplicemente facendo riemergere la storia, approfondendola, divulgandola, magari attualizzandola nei contesti correnti.

Comprendiamo bene che non solo è cosa improba farsi capire (avendo alle spalle un “vissuto” ostracizzato dalle fasi della “transizione” e manifestamente incongruo alle corde, anche sul piano cognitivo e culturale, del presente e, soprattutto, essendo, in quanto ricchi di nostro, impermeabili a qualsiasi contaminazione con questi scenari), ma anche farsi accettare per quel che si è e per quel che ci si propone di fare. Vale a dire, non già una “riserva” ispirata dal proposito di reinventarsi in ruoli e prerogative del presente, bensì un'opportunità di fornire (come diceva il defunto “cavaliere” per eccellenza) qualche “drizzone” a scopo resiliente a questa scalcagnata sinistra (lato sensu), partendo da uno sforzo di riformattazione della base teorico progettuale e, senza essere fraintesi,  del modo di “stare sul mercato” politico.

Ok non possiamo e non vogliamo impedire ad altri modalità di testimonianze più o meno difformi. In particolare, ci riferiamo ai “veterans” del nostalgismo socialista che dopo quarant'anni non si sono accorti che il treno è passato e che non ne passeranno altri (almeno con le peculiarità passate, neanche sotto profili molto ridimensionati di ruolo e, se consentito, di dignità).

Vero che, per quanto del tutto ininfluente sotto il profilo macropolitico il rinnovo delle tre Regioni, non inciderà, in senso generale, in nessun correttivo di equilibrio e di scomposizione dei “campi”.

Ma, soprattutto, vero il fatto che, in questo contesto di morta gora di sistema, le chances per quel che resta del passato socialista, che già erano insignificanti, sono praticamente azzerate.

La progressione delle tendenze e degli accadimenti, dalla “transizione”, alla seconda repubblica, all'impasse attuale, certificano l'inesistenza di spazi per re-inventarsi (magari sfruttando l'indotto dell'appealing del nome, del simbolo, della storia e, volendo toccare il fondo, di rendite di posizione negli interstizi di un sistema ispirato da logiche “maggioritarie” in cui anche piccole aliquote di voti raggranellati possono contare).

Videant consules…ma non è (da più di trent'anni non è mai stata) questa la nostra mission. D'altro lato, questa specificità si coglie, pur nell'evidenza di giustificate caratterizzazioni dialettiche e di toni, nei contributi costanti dei nostri collaboratori (in particolare di Venturelli e Gaboardi).

I cui ultimi contributi (pubblicati in questa edizione n. 57) astraggono da logiche apparatichik e proiettano  una virtuosa sollecitudine ad mantenere un costante richiamo alla politica dell'idealismo  e del progetto riformista ed alla realtà del territorio. Ed è esattamente questo il perno dell'offerta di approfondimento e di riflessione rivolta ai nostri lettori.

Saremmo sgarbati e omissivi se non dedicassimo un'ampia riflessione tematica al (consentitecelo) bel contributo di Piazzi. Apparentemente (ma erroneamente) non catalogabile nel range della rubrica (dedicata, si ripete, alle riflessioni sulla questione socialista). In realtà molto più aderente di quanto non sembri alla logica ed alla ratio di una visuale larga. Di cui la luna dello sguardo sistemico elevato all'Europa appare più feconda del dito dell'analisi degli stati sottostanti.

Philippe Aghion, economista francese, dal cui outing identitario in materia di tratto essenziale del socialismo democratico è difficile prescindere " mi sento profondamente socialdemocratico, sono a favore della redistribuzione, dell'inclusione, del fatto che chiunque abbia una possibilità di riuscire indipendentemente dall'ambiente di partenza. Ma per ripartire bisogna produrre. Ma, soprattutto, come abbiamo analizzato nelle precedenti puntate dedicate al fenomeno Mamdani, bisogna nutrire robuste consapevolezze sui “contenitori” (in cui l'azione della sinistra riformista e laburista è chiamata a dare il meglio di sé). Al nostro corrispondente ci permettiamo di rivolgerci quasi confidenzialmente con un:  bravo Alberto! Condivido tutto! In primis la cittadinanza europea. In senso anagrafico. Quella etico morale, personalmente me la sono già acquisita. Ex aequo con quella italiana e, si parva licet, con quella pizzighettonese. Questa aspirazione-rivendicazione comporta, oltre che consapevolezze coerenti, anche e soprattutto congrue testimonianze. Rispetto all'obbligo di "indossare" adeguatamente ed ogni giorno "le mostrine" distintive  dello status di un aggregato geo-politico, nato da un processo di identità, di inclusione, di appartenenza ad un progetto espressione del ripudio delle guerre,  che ha perseguito e persegue il più elevato modello di liberaldemocrazia, di emancipazione civile, di laburismo, di solidarietà sociale, all'insegna della piena compatibilità tra meriti e bisogni e di piena compartecipazione ai processi produttivi e strategici. Il ripudio delle guerre come  regolazione delle contrapposizioni degli scenari  pregressi è il perno fondante della nuova Europa. I contesti presenti dimostrano pienamente il fondamento di quei lungimiranti idealismi, che hanno concretamente assicurato un lungo ciclo di pacifica convivenza, armonizzazione sociale e convergenza civile, impongono un rafforzamento dell'imperativo ad operare per l'indipendenza e per la pace del popolo europeo. Nell'auspicio di una "contaminazione" universale per i quadranti geopolitici contigui. Ciò comporta l'innesco di un forte processo di consapevolezze ideali, ma anche concretamente operante a livello di preservazione della propria libertà ed indipendenza. Che non può, a prescindere dal richiamo agli intramontabili valori fondanti, non prevedere ricadute concrete a livello di efficientamento delle procedure legislative strategiche, avere come approdo strategico ideale e traguardo concreto piu che la messa in sinergia la totale unificazione delle politiche, delle risorse, degli apparati di difesa. Ho adottato questi convincimenti fondanti della mia formazione ideale e testimoniante in occasione della convention organizzata dalla Yusi (l'Unione Internazionale della Gioventù Socialista ) nel maggio 1967 a Stasburgo nell'aula del Parlamento (che all'epoca non aveva una scaturigine elettiva). Rispetto ai convincimenti maturati nel corso della formazione militante socialista non solo non ho mai derogato. Bensi ho incrementato le basi di lucida determinazione e testimonianza.

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