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La sinistra e la questione socialista /37

  03/04/2024

Di Redazione

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Rassegna della stampa correlata

Per un nuovo soggetto liberalsocialista, editoriale di Mauro Del Bue

Chi non cambia mai idea, come dice il proverbio, è un gran coglione. Ma chi ne cambia cinque in due anni cos'è? Un genio? Vogliamo essere buoni. E prendiamo atto che il Psi, parola grossa, s'intende, ha firmato l'accordo con Renzi, la Bonino e gruppuscoli vari. La lista si chiamerà Stati uniti d'Europa ed é aperta anche ad Azione di Carlo Calenda. Com'é noto ai miei dodici lettori la mia opinione é che Calenda stesso debba aderire, superando comprensibili ostacoli. Si potrebbe creare un polo riformista, di natura liberalsocialista, che potrebbe poi trasformarsi in soggetto politico. Quello che é mancato in questi trent'anni di attività politica é l'erede del Psi, che per trent'anni ci siamo illusi di rifondare. Illusione ben evidente giacché tutti i partiti della prima repubblica erano spariti e non si capiva il motivo per cui quello più tartassato, e proprio solo lui, dovesse rinascere. Noi, generalmente senza posti, prebende e da veri e propri carbonari, con sedi ricavate nei sottoscala di periferia, abbiamo tenuto duro ricostruendo una miriade di soggetti socialisti: il Si, il Ps, lo Sdi, la Lega socialista, il Nuovo Psi. ancora il Ps, Risorgimento socialista, e ancora il Psi. Il massimo risultato raggiunto é stato il 2,1% alle elezioni europee (nel 1999 lo Sdi e nel 2004 il Nuovo Psi). Da notare che nel 1994 il Psi, segretario Del Turco, passò dal 13,7% del 1992 al 2,1. Non é stata colpa dei dirigenti (anche se Craxi ha la responsabilità di non aver capito la rivoluzione del 1989 e i suoi effetti italiani), ma dopo la trasformazione del sistema politico in raggruppamento post ideologico (il primo partito post ideologico fu la Lega) e l'introduzione del sistema maggioritario, tutti i partiti della cosiddetta prima Repubblica sono evaporati. Questo solo in Italia, va detto, giacché l'Italia era un'anomalia con il più forte Partito comunista dell'Occidente e col conseguente sempre più pesante e costoso sistema politico. È più semplice da un'anomalia passare ad un'altra anomalia che uniformarsi alla normalità europea. Politicamente l'Italia non é mai stata europea e non è per questo divenuta europea. Lo spiraglio che potrebbe ad un tempo risolvere sia l'eredità del vecchio Psi (tutti i partiti del vecchio sistema politico hanno avuto eredi nel nuovo: i comunisti, i democristiani, i liberali, la destra missina, tranne il Psi), sia l'europeismo della politica può essersi aperto. L'eredità negata è evidente: li vedete nelle loro sezioni i ritratti di Berlinguer, di Nilde Iotti, di Moro, di De Gasperi, di Croce, di Almirante. Ne avete visti molti di Turati, Nenni, Saragat e sopratutto di Craxi? L'eredità deve essere visibile come quella patrimoniale. La nostra non c'è. La soluzione poteva essere quella della Rosa nel pugno, frutto dell'alleanza tra due cuori che spesso hanno battuto all'unisono: quello socialista e quello radicale. E' andata a finir male. Poteva essere Più Europa, o Azione o Italia viva con la quale abbiamo dato vita a un gruppo senatoriale, ma il Psi non ci ha sentito e ha guardato da un'altra parte, dalla parte del Pd in nome del socialismo europeo. Finendo nella lista del Pd, con l'aggiunta di “democratici e progressisti”. Di socialista nemmeno un cenno. E nemmeno un eletto. Mi permisi al congresso di indicare la via del terzo polo. Scomunicato. E dopo le elezioni scomunicato anche Intini, messo in minoranza. Il Psi ha guardato all'estrema sinistra, a Fratoianni e a Bonelli e abbiamo duramente contestato la scelta. Poi d'incanto si è convertito sulla via di Renzi, la via che personalmente avevo suggerito e che mi è costata l'emarginazione politica, assieme a quella di Nencini, Pastorelli, Crema, Buemi, tutti imputati del reato di terzopolismo. Non importa. Quel che conta é il presente. “Del doman non v'è certezza”, diceva il poeta. E invece bisognerebbe anche pensare al domani. E cioè non solo a un polo elettorale ma a quel partito liberalsocialista che ci ha proposto Calenda e che mi auguro possa essere accettato anche dagli altri possibili partner, superando appartenenze, sigle, personalismi, gelosie. Mali antichi dei partiti laici e uno dei motivi della loro minorità. 

Il Psi si allei con chi vuole, ma lasci stare Turati

A proposito dell'accrocco in vista per le Europee: che c'entra il fondatore?

La ricerca di padri nobili per giustificare iniziative politiche (ed elettorali) più o meno spericolate è consueto, lecito e talora anche opportuno.

Non ci pare sia il caso però di scomodare Turati per dare ragione della scelta della segreteria del PSI di presentarsi alle prossime elezioni europee in una “lista di scopo” (leggasi accrocchio) con +Europa, Italia Viva e altri soggetti non meglio identificati, tutti però appartenenti all'area liberaldemocratici. I partecipanti sono tutti rispettabili (qualcuno più, qualcuno meno...), ma sono tutti accomunati da una visione liberista dell'economia e dei rapporti sociali che con il socialismo e con Turati in particolare ci pare c'entrino assai poco. Ovviamente non il Turati del congresso di Imola del 1902 (quello del “programma minimo”), che affermava “Il nostro non è riformismo, perché questa parola indica la ricerca filantropica della riforma per la riforma, non la riforma conquistata per via della lotta di classe, che non è fine a se stessa, ma tappa verso la costruzione della società socialista”. Ma anche quando parla di federazione europea, come antidoto al nazionalismo, lo fa sempre in nome dell'internazionalismo socialista. E di un altro valore supremo: la pace. “Perché noi socialisti, coerenti ai concetti che sempre propugnammo sulla guerra e sull'intervento, crediamo che nulla eleverebbe tanto il Governo, il Parlamento e l'Italia nell'opinione del mondo, nulla ci rafforzerebbe altrettanto nei futuri consigli per la pace, (parchè a una pace un giorno o l'altro si dovrà pure arrivare, e il solo dilemma è che ci si arrivi per consiglio di ragione, oppure per esaurimento e per disperazione; nulla, ripeto, eleverebbe e rafforzerebbe tanto il Parlamento, il Governo e l'Italia quanto il coraggio di affrontare apertamente, in questo momento di follia e di ferocia universale,- i problemi concreti della guerra con intendimenti di umanità, con criteri di ragione, con un alto sentimento del diritto. Nulla ci avvalorerebbe tanto, come nazione e come Stato, anche per l'influenza che dovremo spiegare più tardi nell'assestamento della nuova Europa”. (dall'intervento di Turati alla Camera del 6 dicembre 1916).

Ma di coerenza (e di “consiglio di ragione”...) nella scelta dei compagni della segreteria del Psi non ne vediamo molta. Vediamo invece molta disperazione, e ce ne dispiace.

Pubblicato il 28 marzo 2023
Pubblicato il 28 marzo 2023

ECO-Confronti

Una sinistra riformista Lib Lab anche in Italia

Ho letto con interesse gli editoriali di Del Bue e Venturelli ben scritti e con evidenziate le linee politiche socialiste, secondo loro, da intraprendere per le prossime elezioni europee. La tua risposta appassionata e sincera la condivido pienamente. "La questione socialista" è una diatriba da troppo tempo argomentata e che al di là di idealisti e pochi militanti non ha più consenso dai cittadini di livello medio che desiderano votare per un movimento riformista lib Lab. Cultura, libertà, democrazia, sanità, giustizia sono le tematiche da approfondire non solo nelle scuole ma anche nell' informazione, specialmente quella pubblica. Chiedo troppo? Considerando le fake news che girano mi sembra che gli attuali politici ci prendano per i fondelli.

In questi giorni sono oberata di impegni e non sono sufficientemente concentrata per una riflessione seria su una sinistra riformista Lib Lab anche in Italia. Per me arrivare ad un movimento capace di convergere progetti lungimiranti a tale scopo sarebbe da auspicare.

Da questo punto di vista trovo l'idea, discendente dagli intercorsi con i referenti delle testate storiche socialiste di partire alle riflessioni sulla memoria storica, quanto mai interessante.

Caterina Lozza, 31 marzo 2024, Vicenza
Caterina Lozza, 31 marzo 2024, Vicenza

Entriamo, guardiamo….

…non facciamoci prendere dall'entusiasmo… Entriamo, guardiamo e ne parliamo dopo. Mi raccomando” Si sigilla le labbra, il marito della coppia che, accompagnata dall'agente immobiliare, entra nella location, guarda estasiati e cade lunga distesa.

Altro che essere guardinghi e sigillarsi le labbra!

Trasponendo ad altro contesto, è un po' quel che sta succedendo, da due anni (da quando l'obsoleto format della militanza socialista che fu è manifestamente entrato in default), ai reggitori del “brevetto”, costituito da marchio-nome; eredità dei beni materiali (dividendo della quota 2per mille e quant'altra miserabile prebenda da riparto simil finanziamento pubblico) e dei beni immateriali (che, nel caso delle testate storiche, aprono pertugi per piccoli riparti e, soprattutto, fanno massa dal punto di vista dell'asset di partenariato (alla riffa degli apparentamenti elettorali).

Perché è bene che si sappia (i nostri lettori, lato sensu, e i nostri lettori fidelizzati da vecchi legami) è quello appena descritto il perimetro (volendo far fine, il back yard) in cui da un po' di anni si gioca il confronto “dialettico” tra le sparse membra di quell'esercito militante (come direbbe il generale Diaz, rivolto allo sconfitto nemico) che per un secolo rappresentò, pur tra molte luci e qualche ombra, un virtuoso aggregato di testimonianza di idealità e di progettualità.

Un aggregato di passione civile, di testimonianza dell'anelito di giustizia sociale, di messa a punto di organici progetti di modernizzazione del Paese e di emancipazione delle masse. Aggregato che avrebbe trovato il suo punto zenit, la sua massima espressione concreta nella stagione riformatrice degli anni 60 ed in parte 70, nonché nel tentativo di aggiornamento del corredo teorico di fine anni 70 e primi anni 80.

Di tutto quel bendidio di passione civile e politica, asfaltato da quel cambio di passo politico-istituzionale molto simile ad un golpe, la riserva militante avrebbe potuto, come ad nauseam abbiamo continuato ad esternare, far tesoro, riattualizzandone le linee guida a servizio di un progetto di trasformazione della società.

Non è andata, come si sa, esattamente così. E le opportunità di trovare spazi di testimonianza nei nuovi scenari furono, invece, giocati (dalla nomenklatura socialista) sul terreno della ricerca di ruoli e di spazi da utilità marginale e sussidiaria, in continuità con le logiche e le dinamiche preesistenti.

Sarebbe stato preferibile consegnare i registri al giudizio della storia; piuttosto che affrontare i nuovi scenari in posizione umiliante ed incongrua dal punto di vista di un'effettiva incidenza.

Come abbiamo considerato nella precedente edizione del Forum, le “leve” dirigenti subentrate alla guida di un movimento, pieno di storia ma vuoto di effettiva agibilità, si affidarono, in quanto prive di afflati idealistici, solo ad impulsi "gestionali".

In tal modo rinunciando ad un “rilancio” accreditato sia dall'insipienza progettuale dei competitors sia dall'effettiva esistenza di spazi, da colmare con un organico contributo di attualizzazione della dottrina liberalsocialista e laburista. Di cui è indiscutibile segnalatore la totale, drammatica assenza di un progetto che almeno evochi l'intenzione, se non proprio come si dovrebbe, di invertire la regressione, sociale che allarga la forbice tra privilegiati e negletti (per troppo tempo lasciati crogiolare nell'oppio del consumismo) e civile che conculca sempre più la partecipazione dei ceti popolari. Già si sarebbe potuto almeno tentare di sviluppare altri paradigmi, rispetto ad una testimonianza fatta solo di umiliante marginalità.

La messa a punto di un progetto ispirato dal senso di un futuro aperto, questa avrebbe dovuto essere la scommessa in grado di rendere credibile e sostenibile la pretesa di “restare sul mercato” (politico).

Non è andata così! E siamo alle prese, non tanto come coinvolti nelle “operazioni in corso”, quanto come osservatori delle dinamiche delle “porte girevoli”, con cui la nomenklatura del PSI entra ed esce in combinazioni elettorali ed alleanze politiche prive di senso.

Meglio di noi hanno scritto in proposito gli editoriali de La Giustizia e di Critica Sociale. Quest'ultima, in particolare, sanziona “la ricerca di padri nobili per giustificare iniziative politiche (ed elettorali) più o meno spericolate”.

La “ripartenza” non potrà non avere come scaturigine il richiamo alle “fonti”, in nessun modo intorbidite dall'uso disinvolto, ad usum delphini, dettate dalle pulsioni di volerci essere e di voler condividere il “piatto” della fase estrema del collassamento della buona politica.

Da qui il preannuncio (incrociando le dita, perché l'impresa non è esattamente una parva res) dell'iniziativa di mettere in sinergia (con il ruolo coordinante della Associazione Liberale Socialista) dei titolari di storiche testate socialiste. In vista della convergenza verso una holding editoriale di secondo livello, in grado di innescare progressioni di scala e di inforcare percorsi di integrazione ad unum.

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