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La sinistra e la questione socialista /33

  02/02/2024

Di Redazione

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Forum dei lettori

Siamo sempre alle solite

Caro direttore…. ogni tanto esce il tema della questione socialista. Siamo sempre alle solite.   Oggi si critica e forse giustamente l'accordo del Psi con Fratoianni e Bonelli. La critica più consistente viene dai compagni che in precedenza, proprio in prossimità di elezioni guarda caso come succede oggi, pur di avere un posto per qualcuno si sono alleati con tutti!! Mai in 30 anni siamo abbiamo avuto il coraggio di fare qualche battaglia di principio. Risultato? Siamo rimasti dove eravamo. Ma fino a quando può durare lo spirito di corpo dei compagni interessati alla politica e non ad altre avventure.... già sperimentate in questi trent'anni?

Franco Benaglia, 1° febbraio 2024, Piacenza
Franco Benaglia, 1° febbraio 2024, Piacenza

(già Sindaco di Cortemaggiore e Piacenza – Già Presidente della Provincia di Piacenza- Già componente la Direzione Nazionale del PSI e responsabile dell'Organizzazione).

Manca la cultura e la consapevolezza del bene comune

Buon pomeriggio. Il tuo editoriale sulla questione socialista è esaustivo e concreto. Al di là dei valori sociali ed idealistici del riformismo lib Lab va considerata la realtà quotidiana che viviamo. Il politicamente corretto, come piacerebbe a molti, pochi politici lo praticano. La gente è confusa e delusa, manca la cultura e la consapevolezza del bene comune. Troppe parole e pochi fatti e poche promesse mantenute. Bisogna guadagnare la fiducia degli astensionisti e non la si guadagna saltando sul carro del vincitore. Le alleanze vanno costruite sul campo con convergenze e collaborazione. Abbiamo bisogno di volti puliti di mani laboriose e non di sepolcri imbiancati. Sono preoccupata per il clima di scontro e odio che si va creando, anche la speranza di un futuro migliore va scemando.

Caterina Lozza, 2 febbraio 2024, Vicenza
Caterina Lozza, 2 febbraio 2024, Vicenza

Una ricerca di senso Due

Due, come ripresa della chiosa che abbiamo steso e postato ieri, riprendendo la rubrica dedicata alla questione socialista. Molti pensano che sia stata inghiottita dal grande Moloch della periferizzazione dell'argomento e dell'oblio. Invece, l'argomento vive diffusamente nelle coscienze e, considerando la vastità incessante dell'interlocuzione, vive e lotta insieme alla nostra testata.

Ci riallacciamo subito al perno conduttore di Benaglia, in materia di saltabeccamenti di cerca nomenklatura socialista. Per quanto ci riguarda siamo, da quel punto di vista lì, semplicemente inattaccabile. Dal 1991 non ho rinnovato tessere, non ho assunto responsabilità (in ovvio dissenso con i variabili ed improbabili format di testimonianza del Psi), pur non rinunciando, nelle dinamiche editoriali ed associative, alla militanza ideale. Io non ce l'ho con questo cinico continuismo nella gestione lucrativa di una residualissima posizione di rendita derivante da un brand e dalla presunzione di rastrellare briciole di antichi consensi elettorali (ormai asfaltati per intero). Di cui è espressione e tenutaria l'ultima nomenklaturina in carica, che, per quanto continuistica rispetto alle precedenti, si rivela abissalmente inferiore nel rango di autorevolezza, di preparazione e di stile, e, soprattutto (volendo generosamente prescindere dal merito delle opzioni, le ultime delle quali con la partnership con la radicale gauche sono contro natura), è rivelatrice di perni motivazionali (in particolare in materia di esercizio delle prerogative democratiche interne) del tutto estranei ai 132 anni di vita, lunga e tribolata, del Psi. Per queste preesistenze e per queste consapevolezze, ho, sia pure con intima sofferenza, prima sollecitato la percezione dell'evidente pericolo di testa-coda della cinica speculativa tendenza e, adesso di fronte alla pervicace conferma, condanno apertis verbis questa dirittura di ultima generazione. Che di socialista ha solo l'uso arbitrario dell'aggettivo socialista (in passato l'avevano fatto, anche se la simmetria è unicamente semantica, Hitler e Mussolini). Un contrasto a questa esiziale per il buon nome del socialismo italiano e delle residualissime chances di feconda incidenza nella inarrestabile regressione delle performances della sinistra riformista ed, in generale, dell'intero modello liberaldemocratico, che avesse come unica visuale la conta all'interno del Psi ( nell'intento di sconfiggere la guapperia) o la contrapposizione di un Psi ( portatore di un progetto politico alternativo ma comportamentalmente omologo) sarebbe votato all'irrilevanza, se non addirittura al peggioramento del quadro. Necesse assumere consapevolezze attorno a tali circostanze, poco propense né ai facili entusiasmi per improbabili ripartenze né, men che meno, alla persistente pratica del raggiro imperniato sugli impulsi nostalgici. La situazione è grave per le sorti della testimonianza del fronte progressista (come si diceva un tempo), in cui sarebbe determinante un perno resipiscente di socialismo liblab, recuperato dall'intero manifesto di Giustizia e Libertà, perfettamente funzionale ad una sua completa e filologica attualizzazione, e dal contenuto revisionato delle conclusioni del Congresso Socialista di Torino del 1978 e della Conferenza Programmatica di Rimini. Come si vedi il know how ci sarebbe. Bisognerebbe verificare l'esistenza di un indispensabile regia di volonterosi, capaci di accantonare la pulsione dell'io a vantaggio dell'emergere di un noi collettivo, votato all'impresa di sollecitare un'armonizzazione degli apporti teorici e delle convergenti dinamiche operative. In vista di una Costituente che non mirasse solo al segmento socialista, bensì all'intero perimetro permeabile dalle visioni liberalsocialiste e laburiste.  Della cui esistenza non c'è traccia alcuna nello scenario interno e di cui, ad eccezione del socialismo iberico, ci sono riscontri quasi marginali, discontinui e non sempre coerenti nella "famiglia socialista e democratica europea". Il fatto che tra cinque mesi si voti per il Parlamento UE è, nel contesto di tale riflessione, cosa di non poco conto (se si pensa al ruolo determinante della socialdemocrazia continentale nel processo di aggregazione e, soprattutto, ad una sostenibile persistenza, nei disastrati contesti attuali, di questo grandioso progetto di pace, di progresso, sviluppo socioeconomico, di giustizia civile, minacciato dai suoi stessi avvitamenti e dalle minacce da un'incontrastabile ventata populista con venature decisamente reazionarie. Adesso il parterre dell'idealismo socialista ed europeo (questo secondo affidatosi negli anni recenti e sia pure episodicamente a profili prestazionali sconci) deve decidere un rebranding identificativo della mission e dei processi inclusivi delle risorse umane e dei rimandi teorici e ideali. Pur trattandosi di parva res, va contrastata, anzi combattuta l'ipotesi, assolutamente estranea alla storia della socialdemocrazia, messa maldestramente e cinicamente in campo dal Psi. Lo scrivo da anni: per invertire le dinamiche in atto, che conducono inesorabilmente al fine corsa, è indispensabile un resipiscente gesto collettivo volto al superiore interesse e avulso da qualsiasi tornaconto. Ci sono, ripeto, adeguate precondizioni di strutturato pensiero politico e di potenziale organigramma strumentale (a cominciare dalla fondazione rosselliana e dalla vasta e ramificata rete dell'associazionismo culturale socialista). Ci sarebbe, in teoria, anche il supporto su cui contare, per accrediti di servizi resi e di rango curriculare, del deposito sopravvissuto degli allora giovani virgulti della stagione del ciclo riformista. Alcuni di loro, nonostante il trentennio trascorso e la smagnetizzazione di qualsiasi velleità, continuano a "professare”. Purtroppo con un improduttivo tratto che anziché elevarli al rango di "bardi" della testimonianza degli ideali li conferma in quello di "boiardi" di un modo di fare politica, che costituì concausa del default del nuovo corso socialista, che accompagnò, come fondatamente rilevi Tu, la logica nefasta della ricerca degli spazi per continuare un ruolo irrilevante ma umiliante nella Seconda Repubblica, che è del tutto improbabile negli attuali scenari. Non ho lezioni da impartire a nessuno. Però modestamente ritengo due cose: first, che la risposta associativa (in particolare, quella del socialismo liberale, sperando in una provvidenziale scesa in campo della Fondazione Rosselli), costituisca degna ed adeguata risposta alla bisogna dello sforzo, ripeto, di armonizzazione e convergenza ( dei sentiments, innanzitutto); second, circa la messa in modo di un più ampio "cartello" di simmetrie teoriche e di risorse militanti, coerenti e compatibili, valuto positivamente il percorso iniziale diretto verso il cosiddetto polo moderato. Dei riformisti tout court, che auspico implementabile con i tratti del laburismo.

Già bisognerebbe mettere in cima a tutto, come osserva giustamente Caterina Lozza, la cultura e la consapevolezza del bene comune. Nelle vicende del socialismo, della sinistra, della vita pubblica.

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