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La néef

Calamità naturali: c'è chi spala e… c'è chi parla

  02/01/2021

Di Redazione

La+n%c3%a9ef

Quàant  scumìincia  a fiucàa

 

la néef  l' è bèla de vardàa:

 paezàc biàanch, càalmo, cun na quèerta imaculàada;

però la te dà àanca na möcia de lauràa,

se te vóot pulìi curtìil e stràada.

 

Töti, incóo, prìma che la vàga vìa,

i pèensa a scatàa, cu  ‘l  telefunìin,

na quàal futugrafìa;

ma ghe n'è pòochi che ciàpa in màan pàala o badìil

per pulìi  el marciapée o  ‘l curtìil  ....

 

Na vòolta ugnöön spalàava el so tòch de marciapée

sèensa lasàa nièent.... indrée;

e pò  gh'éera i “ spaladùur” per stràada

che i pulìiva dùa gh'éera mìa pasàat la “ calàada”.

 

Adès töti i se lamèenta

e dées ghèi de néef la pàar diventàada na “ turmèenta”.

Incóo, però, el mùunt el và cuzé: de frèsa e de cùursa

perciò ‘l  è inütil  cüntàase la stòoria de “ l'ùursa”.

 

Cuzé mé sòo pö a chìi  dàaghe regiòon

e alùura me véen in mèent, delbòon, 

en véc pruèerbi che ‘l dizìiva:

“ spalàa la néef, “sbachetàa” li nùus, masàa la gèent 

J è trìi mestéer che sèerf  a nièent!!”

 

Cremona 31 dicembre 2020 - 

(testo originale 

 di Giacinto Zanetti)

L'autore

Giàcinto Zanetti, dopo aver prestato servizio per trentanove anni come maestro elementare, di cui gli ultimi ventidue presso la scuola di Bonemerse, ha prolungato la sua attività insegnando il dialetto, come opzionale, presso le classi quarte della Scuola Sacra Famiglia di Cremona. Ama comporre poesie in vernacolo e da fine dicitore le propone negli incontri richiesti da varie Associazioni, organizzati dal gruppo, a cui da tempo ormai appartiene, El Zách.

la neve

Quando inizia a nevicare 

la neve è bella da guardare:

paesaggio bianco, calmo, con una coperta immacolata;

però ti porta anche tanto lavoro

se vuoi pulire cortile e strada.

 

Tutti, oggi, prima che vada via,

pensano a scattare, col telefonino,

qualche fotografia;

ma ce ne sono pochi che prendono in mano pala o badile 

per pulire il marciapiede o il cortile... 

 

Una volta ciascuno spalava il suo pezzo di marciapiede 

senza lasciare nulla... indietro;

poi c'erano gli “spalatori” per strada 

che pulivano dove non era passata la “calata”.

 

Adesso tutti si lamentano 

e dieci centimetri di neve sembrano diventati una “tormenta”.

Oggi,tuttavia, il mondo va così: di fretta e di corsa

perciò è inutile raccontarsi la storia “dell'orsa”.

 

Così io non so più a chi dare ragione 

e allora mi viene in mente, davvero,

un vecchio proverbio che diceva:

“spalare la neve, “percuotere “ le noci, uccidere la gente 

sono tre lavori che non servono a niente!!”

 

(testo tradotto 

 da Clara Rossini)

 

Clara Rossini, figlia del primo Sindaco socialista del dopoguerra Gino, coniugata Zanetti (l'autore), è stata come lui per lunghi anni insegnante elementare. Forse ispira più facilmente il vernacoliere e, sicuramente, ci è di grande aiuto, nella traduzione in italiano (concepita all'insegna di una divulgazione parallela)

Si sarà, da tempo, ben compreso che questa rubrica dedicata alla cultura popolare ed alla lingua dialettale espressa in poesia non persegue solo una finalità estetizzante.

Per essere aderenti alla mission, che ispira la creatività in versi o in prosa, beneficiamo, diciamo così, del vantaggio di metterci alla ruota delle pillole di saggezza veicolate dalla testimonianza degli autori.

In questo caso, addirittura, abbiamo sollecitato Giacinto Zanetti ad una composizione suscettibile di tirare l'intemerata già anticipata in un'edizione del forum dei lettori de L'Eco. In materia di nevicate e di virtù civili. Ecco la nostra chiosa al tormentone scatenato dagli effetti indesiderate della nevicata di fine anno.

Calamità naturali: c'è chi spala e… c'è chi parla

Non procediamo oltre in questa breve riflessione, se prima non esponiamo la nostra idiosincrasia nei confronti di quella diffusa, ampia, insistita abitudine di prendere pretesto da qualsivoglia accadimento per occupare visibilità e per “cantargliele” all'establishment.

In ordine di tempo (nell'attesa di una pausa dei morsi della pandemia suscettibile di rendere meno odiosi i moti ribellistici), calca la scena la metabolizzazione della precipitazione nevosa (che dire “nevicata” appare eccessivo).

Ne abbiamo già parlato, pensando la querelle in esaurimento.

Non è così. L'impulso emulativo, da qualche tempo, si esercita in senso negativo. Quindi, hai voglia se non trovi qualcuno che non perda l'occasione di agganciarsi alla locomotiva della denuncia delle malefatte dei gestori dei servizi pubblici.

Nel precedente articolo ci siamo riferiti alle modeste dimensioni del fenomeno e delle sue conseguenze sulla quotidianità. Ma ci siamo riferiti anche (o forse di più) ad una riflessione sull'opportunità di una dismissione di vivere eternamente sulle spalle dell'azione pubblica. Specie, quando, come nella fattispecie, dal Comune si pretende un servizio d'istituto ma anche un supplemento di prestazioni che esimerebbero (la spalatura dei marciapiedi, ad esempio) dall'obbligo dei cittadini.

Non abbiamo neanche lontanamente l'idea che anche nell'espletamento di queste prestazioni pubbliche sarebbe oltremodo auspicabile, specie in momenti d'emergenza, l'azione cittadina fosse accompagnata dalla scesa in campo volontaria dei cittadini.

A corroborare questa cattiva postura concorre, ovviamente, il ruolo di critica dell'opposizione. Che ieri sentenziava: “Scusarsi dopo è troppo facile”

Se ha una ratio la gerarchia delle afflizioni discendenti da performances inadeguate e se le scuse non bastano, lo step successivo è il suicidio sacrificale di massa.

La cortesia è sempre un'abitudine lodevole; soprattutto quando è praticata in quella palude che è diventata la politica.

La cortesia, però, per essere tale non deve sconfinare nella ruffianata, utilizzata come captatio benevolentiae nei confronti dell'opposizione e della canea protestataria.

“Capiamo i disagi e ce ne scusiamo” ha esternato l'assessora comunale all'ambiente. Non prima di aver esternato una nostra ormai incontenibile malmostosità nei confronti di un uso bulimico delle scuse (che si chiedono all'avversario arbitrariamente per accentuarne lo stato di difficoltà e che si offrono subdolamente come smarcamento preventivo), vorremo in proposito sosteniamo che, quando si sono fatte delle cazzate o di esse si deve virilmente rispondere anche se praticate da un sottoposto, la risposta da soggetto verticale sta nelle dimissioni dal ruolo elettivo e/o la cacciata del sottoposto.

In nessun caso si risponde di un serio fallo con la ruffianata delle “scuse”, il cui timing dura meno dello spazio di un mattino.

Se non sei nel torto, sei tenuto, anche di fronte ad un non disinteressato pressing ad alzo zero dell'avversario, a spiegare esaurientemente lo stato dell'arte. Anche se la spiegazione fosse ostica alla comprensione di un pubblico reso prevenuto dalla dilagante demagogia. Anche se ci fossero lembi grigi di verità, di cui dovrebbero, mettiamo il caso, rispondere i sottoposti.

Nella fattispecie, pur non essendo stati edotti meticolosamente della scansione dei fatti oggetto dello scontro sull'interpretazione della filiera del servizio neve, non ci sentiremmo di assecondare il fondamento di quel “ce ne scusiamo”, proferito dall'Assessore.

Quasi nulla è in bianco e nero e la semplificazione è spesso nemica della razionalità. Ma se è scesa neve pesante (ma non con eccezionale intensità; se hai operato contro circostanze avverse; se hai motivo di documentare che hai impartito direttive congrue e la macchina comunale ha fatto il possibile, perché (sorry) …zz… chiedi scusa… per di più di disagi (che entro un certo limite sono insiti nel fenomeno e nelle conseguenze del medesimo). Disagi poi svaniti o sciolti non come neve al sole (perché il sole latita), ma per carenza di presupposti (fisici).

Abbiamo esternato la nostra totale assenza di feeling  (men che meno di rapporto fidelizzato) nei confronti di questo governo cittadino. Anche in questa occasione siamo stati coerenti con la nostra linea guida di indipendenza. Ma non ci siamo trattenuti. Per reazione un po' al crollo della buona educazione e un po' per l'insopportabilità di un'abitudine relazionale in cui tutti gridano, spesso insultano; ma nessuno ascolta l'altro.

Chiediamo ai nostri lettori venia, se non abbiamo resistito alla tentazione di offrire una pillola di galateo istituzionale in materia di dialettica e di trasparenza sui fatti e sulle responsabilità.

La chiusa: noi preferiamo attingere dal lato buono delle dinamiche meteo, oseremmo dire romantico. Che non deve essere sfuggito a quella decina di portatori di sensibilità, alla ricerca dell'attimo fuggente derivante da una nevicata, destinato ad essere immortalato e fruito dai lettori.

Grazie alla disponibilità  di non meglio precisati Antonio, Betta, Fiorenza, Luis, Massimo e Simona, gli scatti sono confluiti in questa gallery.

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