


La rubrica, partita senza alcuna velleità di strategia editoriale, prosegue, se non proprio inerzialmente, per effetto dei contributi esterni. Importanti, come nel caso degli editoriale del Direttore de La Giustizia, che meriterebbe parterres più vasti ed accreditati. E per il flusso incessante delle lettere dei lettori e dei comunicati di players interessati ad esternare. Non sarà difficile percepire, più che la “signorilità”, la larghezza con cui l'editore applica sul campo e senza soluzione di continuità il proprio retroterra identitario fatto di relativismo e di pensiero critico. Che impongono di pubblicare contributi significativamente opposti (alla linea editoriale). Ovviamente, con diritto di chiosa. Siamo fatti così, dal 5 gennaio 1889 ininterrottamente, al netto del Ventennio, fino ai giorni nostri.
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RASSEGNA DELLA STAMPA CORRELATA

L'editoriale Mauro Del Bue Netanyahu si fermi
Netanyahu si fermi
Ha deciso. Gaza sarà invasa e occupata dall'esercito israeliano, costi quel che costi. E oltre al numero di morti palestinesi che crescerà, aumenterà vistosamente anche il numero di vittime israeliane. E'difficile, come del resto nella guerra della Russia all'Ucraina, quantificare i morti nella Striscia. Secondo le notizie diffuse da Hamas sarebbero oltre 60mila di cui 13mila bambini e 1500 israeliani. Secondo i dati forniti dal ministero di sanità dell'Anp oltre 40mila sempre in presenza di 13mila bambini. Secondo una ricerca scientifica di un istituto svizzero sarebbero addirittura di più. Il professor Spagat con il suo team, ha redatto una ricerca definita dal giornale israeliano Haaretz tra le più complete. Stando a questi dati fino allo scorso gennaio i palestinesi morti a Gaza sono stati stimati a oltre 80mila. La popolazione di Gaza (2milioni di abitanti) è sfollata all'ottanta per cento in un territorio che rappresenta il 12 per cento dell'angusta Striscia ed Emergency denuncia 43 morti per fame. Gli aiuti alimentari arrivano solo in parte, i rifiuti e i liquami vengono lasciati per strada. Non si contano i casi di epatiti gravissime. Si muore anche di malattia negli ospedali. Questa situazione drammatica pare non aver fine e anzi si accrescerà per la decisione presa ufficialmente dal governo israeliano di procedere all'occupazione dell'intera Striscia per poi affidarla non all'Anp come sancito dagli accordi di Oslo ma a una non ben specificata coalizione composta anche da stati arabi. Gli stati arabi, anche quelli più vicini a Israele, che la settimana scorsa avevano intimato ad Hamas di deporre le armi riconoscendo il diritto di Israele all'esistenza e alla sicurezza, hanno stilato una dichiarazione congiunta. Questi paesi, tra cui Egitto, Arabia Saudita e Turchia, accusano il piano, approvato nella notte tra giovedì e venerdì dal governo israeliano, di costituire “una flagrante violazione del diritto internazionale e un tentativo di consolidare l'occupazione illegale e imporre un fatto compiuto”. Anche l'Italia dopo la Spagna, la Germania, la Gran Bretagna e la Francia ha dichiarato che l'invasione di Gaza “viola il diritto internazionale” mentre il segretario dell'Onu Antonio Guterres “è profondamente allarmato” dalla decisione del governo israeliano di prendere il controllo di Gaza City, “decisione che segna una pericolosa escalation e rischia di aggravare le già catastrofiche conseguenze per milioni di palestinesi, mettendo ulteriormente a repentaglio altre vite, comprese quelle degli ostaggi”. Anche in Israele sale la protesta dopo che un deputato dell'opposizione è stato più volte interrotto e poi cacciato dal podio per aver pronunciato le parole di Raphael Glucksmann che alludevano al genocidio. In piazza anche i parenti degli ostaggi che sono ancora a Gaza e la sorte dei quali è messa a serio e ulteriore rischio dall'invasione.
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L'editoriale Mauro Del Bue Mauro Del Bue Craxi, Arafat e l'autogrill

Quando vidi Craxi per la prima volta, penso nel 1971, avevo solo vent'anni ed ero autonomista, lui mi disse per spiegare il senso della corrente: “Noi siamo quelli che difendono Israele e la Cecoslovacchia”. Israele era stato attaccato nel 1967 dall'Egitto di Nasser e pochi giorni dopo il Psu organizzò una manifestazione in un teatro della mia città e fu la prima volta in assoluto a cui partecipai a un incontro politico (avevo 16 anni). La Cecoslovacchia era stata invasa nel 1968 dai carri armati sovietici e i giovani comunisti aderirono a un corteo purché fosse silenzioso e alla fine si misero a gridare “Spagna libera”. Ho vissuto tensioni, contraddizioni, sogni ora giusti e ora sbagliati. Ho vissuto tragedie. Metto in guardia: da non dimenticare l'Ucraina quando si parla di Palestina, quando si parla di Palestina dal non aderire ai movimenti Pro pal che enunciano uno stato “dal Giordano al mare”, che presuppone l'eliminazione di Israele, da non confondere il governo di destra di Netanyahu col popolo israeliano che ha espresso il suo dissenso con molteplici manifestazioni di protesta, dal non confondere neanche lo stato di Israele con tutti gli ebrei nel mondo facendo risorgere quel razzismo anti semita che pareva sepolto nei campi di Auschwitz e Mathausen, dal negare la politica dei due popoli e due stati che il terrorismo arabo palestinese ha sempre combattuto e che ora lo stesso Netanyahu nega. E che resta invece la base di tutto. Mi ricordo quella frase di Craxi probabilmente influenzato da Nenni che subì l'atroce tragedia della morte della figlia Vittoria ad Auschwitz a fianco dei tanti ebrei divenuti fumo nel vento sparato dai camini delle camera a gas. Poi Craxi divenne amico di Arafat convincendolo a smettere la lotta armata perchè era inutile e produceva troppe vittime civili. In Parlamento si espose definendo la lotta armata di un popolo alla ricerca di una patria non illegittima, citando Mazzini, ma in quel caso proprio controproducente. I socialisti non possono voltarsi dall'altra parte rispetto alla tragedia di Gaza (Netanyahu deve finirla coi bombardamenti e Hamas liberare i rapiti), ma neppure di fronte a una semina di odio nei confronti del sionismo che si trasforma in aperto antisemitismo come testimonia il caso di Milano. La strada è una sola. Tremendamente semplice e comolicata. L'accordo tra un nuovo governo israeliano e l'Autorità palestinese, non Hamas, deve mettere pace a un territorio che dal 1947 ha conosciuto solo guerre. La via è tortuosa e accidentata (si dovrà risolvere il caso Cisgiordania con le troppe colonie israeliane) ma non ne esistono altre. Se non continuare nella stagione degli odi, delle stragi, dei bombardamenti. Fino a quando?
Direttore. Nasce a Reggio Emilia nel 1951, laureato in Lettere e Filosofia all'Università di Bologna nel 1980, dal 1975 al 1993 é consigliere comunale di Reggio, nel 1977 é segretario provinciale del Psi, nel febbraio del 1987 è vice sindaco con le deleghe alla cultura e allo sport, e nel giugno dello stesso anno viene eletto deputato. Confermato con le elezioni del 1992, dal 1994 si dedica ad un'intensa attività editoriale (alla fine saranno una ventina i libri scritti). Nel 2005 viene nominato sottosegretario alle Infrastrutture per il Nuovo Psi nel governo Berlusconi. Nel 2006 viene rieletto deputato nel Nuovo PSI. Nel 2007 aderisce alla Costituente socialista nel centro-sinistra. Nel 2009 é assessore allo sport e poi all'ambiente nel comune di Reggio. Dal 2013 al 2022 ha diretto l'Avanti online.
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forum lettori lecodelpopolo@gmail.com
una situazione che ci riempie di orrore, sdegno e rabbia
ho letto con profondo interesse l' editoriale di Mauro Del Bue pubblicato su Eco del popolo del 2 agosto Gaza/3. È servito a chiarire lo smarrimento che provo in un momento storico di sbandamento umanitario. A Gaza è in atto un genocidio da parte di Israele, bambini e civili palestinesi muoiono di fame. Gli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas non vengono rilasciati. Gli aiuti umanitari sono bloccati dagli ebrei, ma la propaganda dice che sono i terroristi palestinesi che sparano sul loro popolo per incutere paura ed avere il potere nello stato con la forza. È una situazione che ci riempie di orrore, sdegno e rabbia, sentimenti questi condivisi da moltissimi cittadini di tutto il mondo. Due Stati due popoli è quello che tutti si auspicano, ma sarà molto difficile arrivare a questa soluzione prima di aver neutralizzato sia Hamas che Netanyahu Non possiamo più fare finta di niente, trovo doveroso che tutti gli Stati occidentali ed orientali di impegnino seriamente a porre fine a questa orribile guerra.
C.L. Vicenza 02 AGOSTO 2025
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Ciao Eco, condivido il sommario sul Focus palestinese che ti appresti a pubblicare. Tutte le guerre creano distruzione, fame e disperazione: Ucraina, Palestina, Sudan in tutti i paesi del mondo in guerra. Va sottolineato che in Palestina è in atto un genocidio, le più alte personalità e istituzioni internazionali lo hanno dimostrato. Da quando Israele ha impostato un blocco un blocco totale su Gaza la popolazione palestinese è rimasta senza 80% degli alimenti necessari a vivere, i loro corpi si stanno rompendo e le loro menti sono confuse e agitare. I bambini sono quelli che soffrono di più, malnutrizione e morte sono la metà angosciante alla quale conduce la fame. Affamare un popolo è atroce, difendendosi poi con il diritto di combattere Hamas è pretestuoso. Quanti bambini dovranno ancora morire prima che Israele abbia debellato il terrorismo? Deporre le armi e mettere fine a una guerra feroce, questa è la soluzione che porterà alla pace.
C.L. Vicenza 11 AGOSTO 2025
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La fame annienta l' uomo, quando i gazawi si svegliano il loro istinto di sopravvivenza è solo quello di trovare un tozzo di pane. I vertici del potere israeliano questo vogliono: ridurre i palestinesi ad "animali
Il cibo ai gazawi lo mandano da tutto il mondo è Israele che lo tiene bloccato, hanno dovuto buttare tonnellate di cibo avariato, sparano sui civili che vanno a cercare da mangiare. È orrendo quello che sta facendo Israele. Appunto di armi bisogna anche parlare, quanti paesi occidentali forniscono di armi ultra potenti l' esercito israeliano, il più efficiente ed aggressivo del mondo?
È genocidio da parte di Israele, non bisogna trovare scuse!!!
C.L. Vicenza 12 AGOSTO 2025
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È arrivata anche a Crema l'iniziativa “un verso poetico per Gaza”, che dallo scorso giugno ogni giorno coinvolge decine di persone a Milano.
Esseri umani uniti e a fianco del popolo palestinese per dire BASTA! Fermiamo il genocidio.
Domenica 10 agosto dalle 18.30 alle 19.30 circa 200 persone si sono schierate a Crema da Via Manzoni fino all'ingresso principale del Duomo, distribuite su due file: ferme, distanziate, in silenzio e con i cartelli in mano, sui quali erano scritte in nero, rosso e verde poesie, frasi, pensieri liberi a sostegno e solidarietà per il popolo palestinese. Le esortazioni potenti dei cartelli erano per il cessate il fuoco, restare umani, uscire dall'indifferenza per non essere complici, per il disarmo, per i diritti umani. Posate a terra poesie di autori palestinesi, accanto ai “fagotti insanguinati”, simbolo delle migliaia di bambini barbaramente uccisi a Gaza.
Il presidio è stato organizzato da due cittadine cremasche, Giovanna Pamiro e Marina Serina, con il supporto fondamentale di Paolo Losco e Manuel Draghetti.
Seguiranno altri presidi silenziosi per promuovere la cultura della pace e della giustizia, sensibilizzare l'opinione pubblica alla realtà tragica che si sta consumando a Gaza, affinché si fermi il massacro. Ognuno di noi può fare qualcosa anche di molto semplice come stare fermo in piedi e in silenzio con un cartello, insieme agli altri nella piazza della propria città.
p.s.: Vorrei specificarle che il presidio che si è svolto domenica non aveva matrice politica, è stata una libera aggregazione di cittadini uniti per uno scopo umanitario e confidiamo di riproporlo con la stessa modalità. Come lei sono sostenitrice del pensiero critico (ne abbiamo bisogno) e della libertà di pensiero, mi risulta però difficile pensare che si possa essere in opposizione al sostegno per il popolo palestinese. Grazie per la sua onestà
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"Gli afflitti di ogni parte del globo…
...parlano la stessa lingua: la lingua del pianto." (Il Ragazzo con la Kefiah Arancione di Alae Al Said). Stamattina ho letto questa frase, l'ho sentita adatta per questa giornata che Cremona ha voluto dedicare al popolo Palestinese.
Stamattina il gruppo "Restiamo Umani" della Bassa Bresciana è stato accolto anche qui a Cremona, le loro "tende" itineranti toccano da diversi mesi città della Lombardia con l'intenzione di sensibilizzare i cittadini su ciò che sta accadendo da tanto tempo, ma mai feroce come adesso nella striscia di Gaza, da decenni un lager a cielo aperto, oggi peggio del peggior campo di concentramento... Vittime soprattutto di un popolo che da vittima di un passato olocausto è diventato carnefice.
Ha pianto anche il cielo, un diluvio, anzi delle secchiate d'acqua vere e proprie che il gazebo ha detto egregiamente. Ma neanche questo ci ha fermati.
Alcuni di noi si conoscevano già, altri, come con Pinuccia Gorlani, ci eravamo contattate solo telefonicamente per organizzare l'evento... Eppure c'è stata una naturalezza che è diventata subito una simpatia di chi condivide gli stessi ideali, molti descritti nei lunghissimi striscioni che hanno decorato i giardini pubblici di piazza Roma.
Personalmente, da idealista quale sono, ho apprezzato il momento in cui ci siamo trovati in quattro "colleghi" consiglieri comunali di schieramenti diversi, perché l'umanità e l'empatia non devono avere colore politico, ma possono riuscire ad unire menti e cuori che sanno provare questi sentimenti.
Nel pomeriggio il sole in un cielo più benevolo ha asciugato le stoffe colorate che adornavano il gazebo, e abbiamo potuto accogliere e raccontare il nostro scopo ai tanti che si sono fermati.
Verso le 17 è arrivata la nostra ospite speciale, una delle partecipanti alla Global March to Gaza, Tyna Maffezzoni, che ha raccontato la sua esperienza in Egitto, fermati dalle autorità che però non sono riusciti a cancellare la riuscita dell'esperienza, quella di sensibilizzare il mondo. 6000 persone di diverse nazionalità si sono trovate per portare fisicamente la loro solidarietà ad un popolo vessato e stremato... e anche se non sono arrivate oltre al confine, si sono strutturate ancora meglio, sono andate a Bruxelles davanti al parlamento europeo e andranno ancora avanti, dopo essersi ribattezzati Global Movement to Gaza.
L'invito, per tutti noi nel nostro piccolo è informarsi e dove possiamo, boicottare le marche e i prodotti che hanno "sangue innocente di bambini" sui loro codici a barre... Di parlarne tra la gente... Di sollecitare i governi e i politici che ci rappresentano di agire, fermando l'invio di armi, stoppando i rapporti commerciali con chi commette o consente queste atrocità.
Non so tu, io e mio marito non riusciamo a smettere di pensarci... Stanotte un aviatore israeliano ha colpito una tenda di bambini bruciandoli vivi...
Paola Tacchini Consigliere Comunale Movimento 5 STELLE 
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Noi la pensiamo come segue
L'incipit di questa chiosa (un po' zibaldone per la sua ampiezza) parte dall'assist lanciato, in materia di atrocità e privazioni destinate all'infanzia Pal, da Paola Tacchini. Là dove confida “io e mio marito non riusciamo a smettere di pensarci “. Certo che ci pensiamo anche noi! Ma pensiamo anche a tutti i bimbi che hanno sofferto e che soffrono (a prescindere dalla loro collocazione). Alla nostra età, però, non possiamo prescindere dall'imperativo di un approccio lettura "realistico". Che, sia pure con sofferenza", ci impone di star fuori dal tritacarne della strumentalizzazione del "poverini i bimbi che non mangiano e che vengono uccisi". Una strumentalizzazione che intorbida la fattualità a beneficio dell'accreditamento del terrorismo autoritarismo dell'oligarchia palestinese. Questa brutta storia deve finire il più presto possibile. Con l'estirpazione di Hamas e l'accreditamento di una riconosciuta governance rappresentativa di tutto il popolo Palestinese. In tal modo pienamente candidato ad essere il referente (universalmente riconosciuto e operante con tutti i crismi) con le prerogative di uno Stato. La seconda prospettiva è rappresentata dalla chiusura del ciclo di Netanyahu (che ritengo un fascista) e dal pieno ritorno di una alleanza popolare ispirata dagli ideali dei padri fondatori (socialisti). Con l'intento di esternare un lucido indirizzo né di equidistanza né di accodamento alle suggestioni di letture "umanitarie". Ma anche, come osserva Mieli, di arruolarci nel severo e crescente monito nei confronti dell'establishment governativo israeliano.
Igiene emotiva
…è (o potrebbe essere), lato sensu, l'imperativo che rivolgiamo a tutti i nostri interlocutori, prevalentemente critici e portatori, nella vasta tematica, di una priorità e vastità quasi assolute indirizzate verso i patimenti delle vittime predestinate della parte soccombente. Che indubitabilmente suscitano universale e giustificato sconcerto per effetto della condizione di denutrizione e costante esposizione al pericolo (in particolare la polazione infantile palestinese). Sconcerto che giustamente innesca un'ampia denuncia e mobilitazione. Ma nella condizione di criticità in carico ai bambini diventati l'avamposto delle atrocità in capo ai vari quadranti di guerra non ci dovrebbe essere predisposizione ad una gerarchia di priorità. Non ci dovrebbe essere nella denuncia della condizione e nell'appello alla solidarietà nessuna traccia di indulgenze verso lo scaraffone bello a mamma soia. Fattispecie ravvisabile nelle linee guida delle lotte propal. Quindi, premesso e ribadito che la condizione dell'infanzia palestinese appare vieppiu intollerabile per l'alto livello di esposizione alle ricadute delle atrocità, va, per ragioni di franchezza, detto anche che tutto ciò non può essere giustificativo, sul piano della denuncia e della testimonianza solidaristica, della strumentalizzazione ai fini dell'ottimizzazione di una campagna che, al di là del carattere universale della postulazione pacifista, denota posizioni non sempre razionali. D'altro lato, non si comprendono le omissioni e le dissolvenze (di intensità) in capo alle testimonianze propal del variegato fronte arcobaleno, che agita compulsivamente ma non ingiustamente la drammaticità della condizione in cui versano i bambini gazawi, ma che inspiegabilmente non volge il visus ed il sentiment nei confronti (ad esempio) del dramma dell'infanzia ucraina. Ben rappresentata, oltre che da un generalizzato ed equivalente e permanente stato di pericoli e di privazioni), anche dal numero impressionante (35000!) di bambini ucraini deportati oltre i confini dell'aggressore russo. Come denuncia (senza suscitare afflati nell'arcobalenismo nostrano) la Ong Save Ukraine. Risalendo per li rami di una questione complessa che non può essere delibata per slogans e furbizie propagandistiche, aggiungeremo, a riprova della nostra obiettività di analisi e di schieramento che l'establishment di Tel Aviv dovrà nella sua interezza (ordinamento legislativo e governativo, ma anche popolo) trarre conclusioni realistiche dall'excursus non si dice intero che va dalla Risoluzione ONU del 1949 bensì almeno del ciclo dell'ultimo trentennio che va dalla soppressione del premier Ytzak Rabin, profeta della feconda formula dei "due popoli due Stati". Con cui veniva strategicamente delineata una soluzione potenzialmente sostenibile rispetto alle permanenti criticità innescate dal mai domo campo arabo-palestinese nei confronti dell'intruso parvenu (risarcito con un territorio ed uno Stato) e, diciamolo con franchezza, (postura che non difetta mai nella nostra testimonianza) dai trikledown (raccolti dall'opposto fronte) di una strategia di arroganza sempre più marcata. Dai prodromi dell'arresto del progetto di Rabin (che, se attuato, avrebbe quantomeno prevenuto e annullato il filotto di tragedie fino ai giorni nostri) ed all'avvitamento del portato dall''attacco di Hamas a Israele del 2023, ovvero Operazione Diluvio al-Aq?a, consistito in una serie di attacchi di gruppi armati, provenienti dalla Striscia di Gaza, con conseguente uccisione di 1200 israeliani). Che, senza ombra di dubbio, hanno negli ultimi anni costituito il combinato disposto propiziato dalla strategia del "colonialismo" israeliano. Perché se è vero che la risposta autodifensiva e deterrente di Netanyau, è stata innescata dall'Operazione Diluvio, pochi dubbi ci dovrebbero essere circa la discendenza del fenomeno di avvitamento della crisi degli indotti derivanti dal patrocinio (da parte delle aliquote dei circoli religiosi, dei movimenti politici oltranzisti, dei governi espressione della destra) della strategia “colonialista”. Scaturita da una consapevole violazione della valenza della Risoluzione ONU del 1949 e da una studiata strategia espansiva. Che non può trovare nessuna giustificazione. E che induce noi, coerenti propugnatori degli ideali fondativi di Ben Gurion, Golda Mair, di Rabin (imperniati sul "risarcimento" al popolo della diaspora ma soprattutto sulla testimonianza e realizzazione pratica della teoria politica della liberaldemocrazia riformista ed autogestionaria socioeconomica), ad ammonire, per quanto ciò possa incidere, circa il totale riavvolgimento della pellicola del colonialismo. Che, ripetiamo, tradisce la Risoluzione ONU, costituisce una permanente condizione di non convivenza e, guardando in tasca ad Israele, presenta saldi deficitarii tra costi e benefici. Filo-Israeliani (per le premesse) ma non a qualsiasi condizione fideistica! (e.v.)