


Come sarà facile percepire, continua l'interesse per la rubrica dedicata alla tremenda vicenda del quadrante geo-bellico mediorientale. In questo terzo editing focalizziamo una ulteriore analisi del compagno Mauro Del Bue, direttore della consorella testata prampoliniana, il contributo della lettrice/corrispondente C.L. e una precisazione della Consigliera Comunale Paola Tacchini (che ringraziamo pubblicamente per la sua dedizione e collaborazione). Pubblicheremo domani Focus 3 corredato da un altro editoriale di Del Bue e, si licet, una ampia chiosa della testata.
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RASSEGNA DELLA STAMPA CORRELATA
L'editoriale Mauro Del Bue Perché Hamas ha rifiutato la tregua

E' evidente che se proponi a Israele di riconsegnare ad Hamas la Striscia ponendo fine alla guerra, Israele non può accettarlo. Non vedo invece il motivo per il quale Hamas non abbia accettato l'altra proposta, quella avanzata da Washington: e cioè di una tregua di un limitato numero di giorni con relative e conseguenti ricadute. Steve Witkoff, inviato americano, aveva garantito 60 giorni di tregua in cambio della metà dei rapiti (10 vivi e 18 morti), nonché il ritiro delle forze israeliane dai confini con l'Egitto, dal centro della Striscia e dal confine settentrionale, il ripristino degli aiuti umanitari attraverso gli organismi internazionali. Hamas ha rifiutato l'accordo come era già avvenuto in occasione di molteplici proposte avanzate da Biden e poi da Trump e ingoiate da Netanyahu. Golda Meyer ripeteva spesso, a proposito dei palestinesi, e delle diverse possibilità di individuare un'intesa: “Non perdono mai l'occasione di perdere l'occasione”. Ma si trattava di un contesto molto diverso e più favorevole per entrambi. In Israele, sempre in guerra per difendersi ma da stati, vedi la guerra dei sei giorni dichiarata da Nasser nel 1967, e non da gruppi di terroristi che hanno compiuto l'orrenda strage del 7 ottobre del 2023, i palestinesi, il cui territorio, parliamo della Striscia, apparteneva ancora all'Egitto e non ad Hamas. La mediazione di oggi é più difficile. Israele é costretta a trattare coi terroristi che hanno sgozzato donne e bambini. Hamas con un paese che ha martoriato il territorio con bombardamenti infiniti riducendo Gaza a una Dresda anni duemila. I motivi del rifiuto di Hamas sfugge però a una logica razionale. Forse la guerra gli fa comodo. Dispone di 700 chilometri quadrati di sotterranei in cui allineare non i gazawiti ma i militanti e i dirigenti, é la guerra che gli permette di indebolire sul piano internazionale la posizione di Israele che ci mette del suo per aiutarli nell'operazione con una logica cinica di bombardamenti generalizzati e con conseguenti stragi di civili. Da Gaza arrivano notizie contraddittorie. Le notizie vengono filtrate da Hamas (i morti a causa dei bombardamenti sarebbero 60mila), gli aiuti alimentari diventano occasione per Hamas, che se ne appropria, di potere nei confronti della popolazione. A sparare non sarebbero i soldati israeliani ma i terroristi. La situazione é talmente confusa che non induce a trarre un giudizio. Quello che é certo é il rifiuto di Hamas ad una tregua e a preferire la guerra a una pace sia pur transitoria. E questo é certo responsabilità, l'ennesima, di questo gruppo di fanatici.
L'editoriale Mauro Del Bue La Lega araba ad Hamas: “Consegnate le armi”

Alla Conferenza promossa da Francia e Lega araba all'Onu la clamorosa novità. La Lega araba, che comprende l'Arabia saudita, la Giordania, l'Egitto, l'Iraq, il Libano e la Siria, ha sottoscritto un documento al quale hanno aderito anche Qatar, Turchia e Indonesia, in cui si chiede il disarmo di Hamas e la consegna del potere di Gaza all'Autorità nazionale palestinese. Questo nel contesto della fine della guerra e del riconoscimento della strategia dei due popoli e due stati. Il ministro saudita degli Esteri Faysal ben Farhane ha sollecitato gli altri Paesi arabi ad aderire all'iniziativa prima dell'assemblea generale dell'Onu. Il documento prevede inoltre il possibile dispiegamento di una missione internazionale a Gaza con compiti di protezione della popolazione civile, transizione della sicurezza all'Autorità palestinese e istituzione di un meccanismo di monitoraggio per un eventuale cessate il fuoco. Ma diciamo la verità. Quello che é clamoroso é che paesi che finora non avevano riconosciuto il diritto all'esistenza dello stato di Israele, tranne l'Egitto e la Giordania, oggi non solo si schierino apertamente, compresa la Siria, recentemente in conflitto con Israele per il trattamento riservato alla popolazione drusa, contro Hamas, ma riconoscano la politica dei due popoli e due stati, dunque il diritto allo stato anche del popolo israeliano. Naturalmente questo documento della Lega araba, sia pur clamoroso, appare al momento di complicata esecuzione. Hamas non intende mollare Gaza, Israele neppure, e poi uno stato palestinese unico dovrebbe unificare Gaza e Cisgiordania, quest'ultima costellata da colonie israeliane armate e difficilmente trasferibili anche col metodo Sharon. Resta il fatto che, sollecitata dalla decisione di Macron e poi anche di Starmer, di riconoscere la Palestina, un'entità oggi piuttosto disarticolata, la Lega araba ha assunto una posizione nuova e coraggiosa. Vi sarebbe tutto da definire e gli ostacoli da rimuovere, il più grande quello di Netanyahu che, sotto la spinta dei due ministri di estrema destra e integralisti religiosi Smotricht e Ben Gvir, per i quali la Corte penale internazionale ha chiesto l'arresto, intende invece occupare la Striscia disconoscendo gli accordi di Oslo del 1993. Lo stato di Palestina, inesistente nel 1947, quando l'Assemblea dell'Onu votò la costituzione dello stato di Israele e, solo da allora, anche la fondazione di uno stato per i palestinesi, non potrà prescindere dal territorio unificato di Gaza e Cisgiordania. Tutto é tremendamente complicato dalle stragi e dai bombardamenti. Ma che il terrorismo di Hamas venga sconfessato dalla maggioranza dei paesi arabi e islamici, certo non dall'Iran che invece lo alimenta, é una delle novità importanti del documento approvato. Adesso bisogna che Israele metta fine alla guerra e che Hamas rilasci i rapiti sopravvissuti. E, ancor di più, che si sfamino gli affamati e si curino i feriti e gli ammalati. Questa é la premessa perché poi si sviluppino i nuovi propositi tra l'Autorità palestinese, sulla spinta della Lega araba e dei paesi che hanno sposato la nuova posizione, e Israele che deve liberarsi da un governo estremista di destra e sostanzialmente guerrafondaio e contrario a riconoscere il diritto a una patria per i palestinesi. Le parole, anche quelle scritte, hanno un significato meno rilevante dei bombardamenti, degli odi e delle guerre.
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forum lettori lecodelpopolo@gmail.com
Buon sabato freddo e piovoso. Israele si sente intoccabile perché ha diritto a difendersi dagli attacchi terroristici di Hamas. La Palestina è uno Stato e i cittadini non sono tutti prohamas. L' odio fra ebrei e mussulmani è ad un livello drammatico e a Gaza è in atto un genocidio da parte di Israele, anche se molti evitano di riconoscerlo, la stessa Segre, ma la realtà lo dimostra ampiamente.
C.L. Vicenza 25 luglio 2025
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Noi la pensiamo come segue
Definizione realistica, quella della nostra lettrice/corrispondente. Salvo il particolare che i maggiori nemici dei Palestinesi sono i Jahadisti di Hamas. Un passo dopo di loro ci sono i "fratelli" arabi adiacenti che da 80 anni vogliono fare di quella permanente crisi un affare politico. Su un punto non c'è partita: Nethanyau è un reazionario. Prima se ne va meglio è per una svolta edificante. Insieme a lui, però, deve essere asfaltata e inertizzata Hamas. Israele ha ottimi fondamentali liberaldemocratici. Ripristinerà, prima o poi, equilibri interni fecondi, capaci di proiettarsi sulla stabilizzazione e convivenza nel quadrante mediorientale. In ogni caso, non è giusto commuoversi sui bimbi a stecchetto alimentare e girare la testa sugli ostaggi (innesco di quest'ultima tragedia). I dati inconfutabili (anche di fronte alla retorica) sono questi: Israeliani uccisi 1200 più 250 ostaggi. Contro 20, 30 mila miliziani palestinesi. Sulla cui perdita lasciamo poche lacrime. Da ultimo, ma non ultimo.Se fosse vero che solo il 5% dei cittadini gazawi sostiene Hamas, come mai il popolo non si solleva contro questa autocrazia terroristica?
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CHI E PER CHI HA SUONATO LA CAMPANA CIVICA
“Non sappiamo chi ringraziare, ma ci è pervenuto il comunicato che pubblichiamo appresso” così chiosavamo l'annuncio (di fonte non identificata) della scampanata civica dedicata alla testimonianza Pro-Pal. Ci hanno soccorso, nell'impresa di individuare le fonti, l'ampia annotazione (senza veli) della Consigliera Comunale Paola Tacchini (che è stata un po' la musa ispiratrice del gesto, abilmente incamerato dal primo cittadino) e, il giorno dopo, il profluvio giornalistico, che ha data ampia cronaca dell'evento.
Cronaca di cui, ai fini di un adeguato sforzo ermeneutico, riproduciamo qualche stralcio (utile, se non altro e in aggiunta all'ormai smaccato impulso della governance comunale ad uso privato delle prerogative istituzionale, a comprendere, anche su questa vicenda (che si aggiunge alla performance del ballo del mattone sul tavolo del Consiglio degli inebriati calciatori e tifosi) a comprendere il limito estremo di sfinimento del galateo istituzionale. Recita la situation room: “Questa sera, alle ore 22, le campane della Torre Civica di Cremona suoneranno per due minuti, in segno di partecipazione e vicinanza alla popolazione civile colpita a Gaza. Sarà un suono forte, limpido, che romperà il silenzio delle nostre sere estive. Due minuti di rumore, di consapevolezza, di solidarietà. Un gesto semplice ma denso di significato, per dire che non possiamo restare indifferenti di fronte al dramma umanitario che si sta consumando. L'iniziativa si inserisce all'interno della mobilitazione nazionale «Gaza muore di fame: disertiamo il silenzio», che invita città, istituzioni e comunità a manifestare pubblicamente la propria vicinanza alla popolazione civile palestinese, stremata da mesi di guerra, assediata dalla fame, dalla sete, dalla mancanza di cure.
Anche da qui, da Cremona, città di cultura, dialogo e pace, vogliamo unirci idealmente a chi oggi lotta per sopravvivere sotto le bombe, senza protezione e senza futuro. Le campane ci ricorderanno che dietro ogni conflitto ci sono persone, storie, umanità che chiedono solo di vivere in dignità e giustizia. Con questo gesto simbolico, vogliamo ribadire l'impegno a sostenere i valori fondamentali della convivenza umana: il rispetto dei diritti, la difesa della vita, la necessità di una risposta della comunità internazionale che sia guidata da principi di umanità, responsabilità e giustizia. Contro ogni guerra, per la costruzione di una pace giusta e duratura. Nel cuore dell'Europa, non possiamo ignorare questa sofferenza. Il suono delle campane sarà la nostra voce: un invito a fermarsi, a riflettere, a non voltarsi dall'altra parte. Perché il silenzio, oggi, è complice.”
Sia quel che sia e se non altro perché non si piange sul latte versato, cosa fatta capo ha.
Il proditorio (impostato al di fuori di qualsiasi prassi istituzionale da un concorso di intelligenze e di apporti esterni) gesto è avvenuto. Probabilmente l'”intelligenza” di palazzo che l'ha partorito non doveva neanche essere perfettamente informato attorno al background del significato storico, etico, culturale della “campana civica”. Così bene e insistentemente divulgato dal suo massimo cantore che fu (da giornalista, intellettuale e Sindaco) Emilio Zanoni. Che la inquadrò, insieme alla Torre che (speculare per imponenza architettonica e significato storico civile al Torrazzo della Cattedrale) la incorpora.
Anche se si dà atto e si ricorda doverosamente che la più ben nota campana del Torrazzo suonò per la Liberazione, quella Civica ha sempre suonato esclusivamente in sintonia con l'annuncio di eventi di esclusiva attinenza istituzionale (come l'annuncio, appunto, delle sedute consiliari).
Appare grave il suo declassamento a livello di “voce del padrone” di amplificazione di pur legittime (ma divisive) iniziative che declassano o solo snaturano il rango della “civica campana”