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Focus: Gaza 5 ed altro

  05/09/2025

Di Redazione

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La rubrica tematica prosegue in rapporto sia all'inesorabile progressione dei drammatici accadimenti sia all'interesse dimostrato dai lettori.

Come sarà facile percepire, con l'editoriale di Del Bue si allarga la visuale, appunto tematica per effetto della correlazione degli accadimenti stessi in una visuale internazionale.

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RASSEGNA DELLA STAMPA CORRELATA

L'editoriale Mauro Del Bue4 Settembre 2025

Tutti pro Pal. Ma Kiev?

Non voglio essere accusato di benaltrismo, prerogativa che spesso ho avuto modo di addossare ai soloni della sinistra. E allora parto subito da un presupposto. E cioè che condanno il governo Netanyahu e soprattutto i due suoi ministri, oltranzisti e criminali, Ben Gvir e Bezalel Smotrich. Faccio mie le posizioni di Sinistra per Israele e di quanti in quel paese chiedono la fine del massacro di Gaza e la liberazione degli ostaggi, ma anche la messa in pratica degli accordi di Oslo, e cioè la creazione di uno stato palestinese epurato da Hamas, come sottolineano anche gli stati arabi e mediorientali in un documento dal valore storico, anche perché sottoscritto dall'Arabia saudita, impegnata negli accordi di Abramo alla vigilia del 7 ottobre. Ciò detto sono anche dalla parte della resistenza ucraina che combatte da oltre tre anni per sbarrare la strada a un barbaro atto di aggressione da parte della Russia. E allora mi chiedo: perché in quasi tutta Europa si susseguono, clamorosa quella nella undicesima tappa, poi annullata, della Vuelta, in cui si pretendeva l'esclusione di una squadra che si chiama Israel, manifestazioni in nome e con bandiere della Palestina e non si sentono e vedono slogan e vessilli dell'Ucraina? Eppure questo paese ha subito bombardamenti massicci che sono arrivati fino alla capitale. Tra soldati uccisi al fronte e civili assassinati dalle bombe russe, si calcola che i morti siano giunti ormai alla tragica conta di 150mila, cioè due volte e mezzo quelli di Gaza, compresi molti bambini. E che dire del rapimento di migliaia (il Telegraph sostiene che siano addirittura 20mila) bambini ucraini strappati alle loro famiglie e portati in Russia, come testimonia l'accorata lettera a Putin della moglie del presidente degli Stati uniti? Perché in mezzo a quelle centinaia di bandiere palestinesi non si scorge almeno una bandiera ucraina? Non dico altrettante, ma almeno una? Perché, anche qui, come tante volte in passato, due pesi e due misure? Possibile che nessuno, in questi giorni, se lo sia chiesto? Oppure che non se lo sia chiesto nessuno perché la risposta appare scontata? Benedetta sia la carovana marittima degli aiuti alimentari a Gaza, gli Emirati arabi uniti stanno portando a Gaza tonnellate di aiuti umanitari in più e non ne parla nessuno, per l'Ucraina forse non ci sarà bisogno di cibo perché, al contrario del territorio di Gaza, non mi pare esista una carestia, ma di vestiti, di tende, di stufe, di medici e infermieri forse sì. Ma non si é mosso nessuno. Nessuna carovana fino alle sponde del Mare d'Azov. Anzi a sinistra e a destra ci si volta spesso dall'altra parte e al convegno dei volonterosi l'Italia partecipa a metà, facendo propria l'idea del contingente post bellico, ma manifestando chiara intenzione di non parteciparvi e arrivando, con Salvini, ad offendere chi vi parteciperà. La risposta a questi interrogativi é piuttosto semplice. Esiste a sinistra e a destra una tendenza anti occidentale che sposa più volentieri le tendenze ad un tempo post sovietiche e comuniste (di Xi, di Chong e di altri) ma anche nazionaliste e sovraniste, piuttosto che la difesa della liberaldemocrazia occidentale. Attenzione, perché nel nuovo mondo il comunismo é formale (spesso la sinistra dogmatica si accontenta della forma) come in Cina dove Xi usa la parola “compagni” ma l'economia é dominata dal più selvaggio capitalismo, ma il sovranismo e l'imperialismo sono reali. E cioè nel matrimonio destra-sinistra a prevalere é la destra. Dunque, tutto sulla Palestina, perché gli Usa sono con Israele, e niente con l'Ucraina, perché Europa e Usa la sorreggono. Si torna cioè a una scelta di campo, che a me pare pericolosa soprattutto a seguito della grande parata bellica cinese, in cui solo D'Alema, libero di recarsi dove vuole, si é sentito a suo agio. Sia chiaro, con costoro occorrerà dialogare e confrontarsi perché si tratta di un'alleanza, sotto il segno del Dragone, che interessa il 60% della popolazione mondiale, mentre Trump pensa ai dazi che provocano inevitabili conseguenze politiche e ad arricchirsi personalmente. Dialogare, confrontarsi, ma tenendo ferme le nostre tradizioni democratiche che nulla hanno a che vedere con le oligarchie violente e imperiali o le dittature a partito unico. E' proprio questo che si chiede alla sinistra: di essere europea e occidentale, di dialogare con tutti tenendo fermi i principi che storicamente le appartengono. In una fase di transizione, di scomposizione e ricomposizione di alleanze, si possono verificare pericolose sbandate. Pensare che Netanyahu sia pericoloso e Putin no equivale a un deragliamento dei principi e a uno stravolgimento della realtà. Lo sdegno per la Palestina e il silenzio su Kiev equivale a ipocrisia.

Direttore. Nasce a Reggio Emilia nel 1951, laureato in Lettere e Filosofia all'Università di Bologna nel 1980, dal 1975 al 1993 é consigliere comunale di Reggio, nel 1977 é segretario provinciale del Psi, nel febbraio del 1987 è vice sindaco con le deleghe alla cultura e allo sport, e nel giugno dello stesso anno viene eletto deputato. Confermato con le elezioni del 1992, dal 1994 si dedica ad un'intensa attività editoriale (alla fine saranno una ventina i libri scritti). Nel 2005 viene nominato sottosegretario alle Infrastrutture per il Nuovo Psi nel governo Berlusconi. Nel 2006 viene rieletto deputato nel Nuovo PSI. Nel 2007 aderisce alla Costituente socialista nel centro-sinistra. Nel 2009 é assessore allo sport e poi all'ambiente nel comune di Reggio. Dal 2013 al 2022 ha diretto l'Avanti online.

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forum lettori lecodelpopolo@gmail.com

CGIL Cremona aderisce a “Da ogni Fiume ad ogni Mare” – mobilitazione nazionale giovedì 4 settembre

Cremona, 2 settembre 2025 – CGIL Cremona aderisce con convinzione alla campagna “Da ogni Fiume ad ogni Mare”, promossa a sostegno delle partenze della Global Sumud Flotilla. L'iniziativa chiama al coinvolgimento di ogni città in luoghi pubblici vicini a fiumi o laghi, dopo la grande partecipazione registrata a Genova per la partenza delle prime imbarcazioni italiane.

A Cremona l'appuntamento è giovedì 4 settembre, dalle ore 18 alle 19: ritrovo e partenza dal parcheggio di fronte alle Colonie Padane (via Del Sale), camminata sul Lungo Po Europa, breve sosta con possibili letture e interventi nella zona Anfiteatro e conclusione sotto il ponte sul Po.

“Come organizzazione sindacale riteniamo urgente un cessate il fuoco e il pieno rispetto del diritto internazionale.” - ha dichiarato Elena Curci, Segretaria Generale della CGIL Cremona - “Chiediamo la restituzione del mare a Gaza e il diritto del popolo palestinese ad accedervi; il sostegno alle resistenze dei popoli indigeni nel mondo, in particolare a quella palestinese; al Governo italiano di cessare la vendita di armi a Israele e di attivare embargo e sanzioni coerenti con le indicazioni della Corte Internazionale di Giustizia.”

CGIL Cremona invita lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati, cittadine e cittadini a partecipare. La pace è un dovere che ci riguarda tutte e tutti.

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Noi la pensiamo come segue

Preliminarmente: differentemente dai players mediatici del campo pacifista e pro-pal, la nostra testata pubblica (a campione) i comunicati stampa. In questa circostanza, quello della CGIL, annunciante una mobilitazione.

Sono (malauguratamente) in corso nel mondo almeno quaranta conflitti (armati, si intende). Di varia entità e di varia potenzialità espansiva. Comprendiamo (e ne siamo da sempre interpreti) lo sconcerto e la preoccupazione. Rileviamo anche, però, la variegata intensità (e coerenza) della denuncia nei confronti dei singoli teatri di crisi. Indubbiamente l'attuale quadrante mediorientale si impone, per intensità distruttrice, in termini di priorità focale. Poco si comprende nella priorità ed esclusività monocordi e assolute dedicate dal movimento e dalla variegata lotta "pacifista" alla situazione israeliano-palestinese. Questi "pacifisti" latitano nella denuncia di altri conflitti di intensità ben maggiore. Come l'invasione russa dell'Ucraina o del conflitto interno in Sudan (dove è morto il doppio della Palestina).

Così appuntavamo privatamente (e in attesa di utilizzarlo) due mesi fa).  Il momento è venuto. Il compagno e collega Mauro Del Bue sviluppa con il suo apprezzato editoriale un'analisi, che ha il merito di non ingabbiare la visuale degli accadimenti ad usum delphini.

C'è un clima di odio antiebraico diffuso che fa far causa comune al tradizionale antisemitismo di destra fascista e, anche se en travesti non si sa per decenza e o calcolo, di "sinistra" (in continuità nostalgistica col sovietismo, che praticò in house e nelle strategie internazionali un bieco e ininterrotto antisemitismo/israelismo). L'attuale leadership di Tel Aviv, come non abbiamo mai smesso e non smetteremo di denunciare, è (inaccettabile!) discontinuità con il background fondante di Israele (fatto di cultura democratica e progressista laburista). Condannare questa rottura non significa capovolgere l'opzione di modello ed intrupparsi nelle opposte fila (palestinesi e arabe di diversa confessione ma di comune insediamento nel modello antiliberale e nella pratica terroristica). Perché (va ricordato ai paladini Propal) che l'"innesco" dell'ultima acuzie è avvenuto (come i precedenti del 1948, del 1967, del 1978, del 1983) per mano araba e nell'intento di portare a termine l'impresa (non badando troppo alle forme, come nel particolare degli "ostaggi" di due anni fa) di cancellare, sic et sempliciter, l'unica entità statuale che dalla Risoluzione ONU è stata coerente nei fatti ai "due popoli, due Stati". Ovviamente, spiace anche a noi la sorte del popolo Pal, probabilmente in parte incolpevole nelle strategie terroristiche di Hamas. Non possiamo, però, non rilevare un particolare trasporto a lottare contro il movimento terroristico e ed instaurare un regime democratico e rappresentativo, capace di interpretare e accreditare meglio la vocazione alla convivenza nell'"area”. Per concludere, citiamo, per efficacia di sintesi, Gramellini che dice:  abbasso Netanyahu (nella certezza che il sistema democratico israeliano se ne libererà) viva gli ebrei...e (andando oltre Gramellini) viva i Palestinesi (se avranno la volontà, la forza, la consapevolezza di liberarsi dell'oligarchia terroristica che li opprime, impedendo nei fatti l'approdo ai "due Popoli due Stati”.

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