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Focus comunali 2023 /2

  05/06/2023

Di Redazione

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La Giustizia

Non le ha sottolineate quasi nessuno. Ma dalle recenti consultazioni elettorali amministrative, parlo ovviamente della loro conclusione, cioè del primo e del secondo turno insieme, emergono due novità. Entrambe a favore della destra e contro la sinistra. La prima é che, contrariamente al passato, più si abbassa l'elettorato passivo e più vince la destra. Finora era accaduto il contrario. La seconda novità é che la destra, contrariamente al passato, vince, anzi fa il pieno, anche al secondo turno. Non era quasi mai avvenuto prima. Dovremmo dunque andare alle ragioni di questa duplice novità. Certamente può avere influito il quadro nazionale, la luna di miele del governo Meloni, e il periodo di faticoso e controverso apprendistato della Schlein. Può essere che lo spostamento al centro della Meloni, meno intransigente della Lega sui temi europei, e più determinata di Forza Italia nel sostegno alla resistenza ucraina, ma soprattutto convertita (per la verità é sempre esistita una destra sociale) a temi quali il taglio del cuneo fiscale e la riduzione delle tasse, abbia influito e così pure può essere che lo spostamento su posizioni più rigide del Pd divenuto pansindacalista e radical sui temi etici, con particolare enfasi sulla maternità surrogata (leggesi utero in affitto), abbia spaventato l'ala riformista e cattolica del suo elettorato. I dati certi, per spiegare al meglio le due novità amministrative, sono però legate ai territori. A Brescia e a Vicenza la sinistra vince, e praticamente solo in questi due comuni, perché si affida a candidature credibili e moderate che hanno potuto godere anche dell'appoggio di Azione e di Iv e non dei Cinquestelle. Il territorio, in controtendenza col più recente passato, però mette in evidenza, negli altri comuni, un nuovo radicamento della destra che ha saputo esprimere una classe dirigente all'altezza. Come si spiegano le vittorie bis dei tre comuni toscani? La destra che aveva amministrato nel quinquennio precedente é stata promossa dall'elettorato, non cosi é accaduto ad Ancona, tradizionalmente comune rosso. Qui sta a mio avviso la spiegazione delle due novità: una nuova classe dirigente di destra nata sul territorio, che prima o non esisteva o era di scarso livello, e all'opposto una classe dirigente del Pd e affini (non parliamo dei Cinque stelle per amor di Patria) profondamente in crisi e spesso litigiosa e rancorosa. Se questa duplice tendenza si rafforzerà, in un contesto nazionale ed europeo favorevole alla destra, anche in regioni tradizionalmente di sinistra, penso alla mia Emilia-Romagna e alla stessa Toscana, potrebbero determinarsi altri cataclismi. Sia nei comuni, sia nelle regioni, e nelle stesse due regioni del Sud governate da due monarchi, oggi spodestati.

Mauro Del Bue
Mauro Del Bue

Direttore. Nasce a Reggio Emilia nel 1951, laureato in Lettere e Filosofia all'Università di Bologna nel 1980, dal 1975 al 1993 é consigliere comunale di Reggio, nel 1977 é segretario provinciale del Psi, nel febbraio del 1987 è vice sindaco con le deleghe alla cultura e allo sport, e nel giugno dello stesso anno viene eletto deputato. Confermato con le elezioni del 1992, dal 1994 si dedica ad un'intensa attività editoriale (alla fine saranno una ventina i libri scritti). Nel 2005 viene nominato sottosegretario alle Infrastrutture per il Nuovo Psi nel governo Berlusconi. Nel 2006 viene rieletto deputato nel Nuovo PSI. Nel 2007 aderisce alla Costituente socialista nel centro-sinistra. Nel 2009 é assessore allo sport e poi all'ambiente nel comune di Reggio. Dal 2013 al 2022 dirige l'Avanti online..

Forum dei lettori

Caro Eco del Popolo, ho letto, come sempre con attenzione rivolta alle recenti rubriche di focus e forum, quella di due giorni fa dedicata all'esame e riflessione del risultato della tornata elettorale che ha interessato un test limitato di Comuni.

Condivido, innanzitutto, il giudizio circa il parametro “flessibile” con cui viene determinato il rango di incidenza dei risultati locali sugli equilibri nazionali. Diciamolo nel nostro suggestivo idioma cremonese, una specie di berèta de Lurens che se slarga e se strens. Vale a dire un parametro, diremmo, non esattamente obiettivo, che consente alle forze politiche di interpretare. Succedeva in parte anche nella prima repubblica. Ma con minore impudenza. E, quando ricorro, a questo vocabolo, mi riferisco in particolare alla narrazione in capo al centro divulgativo del “campo”. Che, in contrasto con la iattanza divulgativa del nuovo corso di ritorno ad un populismo, quasi desueto nella recente storia del centro-sinistra, rivela un profilo suscettibile di rimandare al gesto della curva (avversaria) che non canta più.

Mi riferisco allo speech della nomenklatura centrale. Perché quella territoriale è diventata totalmente afona.

Vero che il test di metà maggio ha interessato meno di una manciata di piccole realtà municipali. Ma, vivaddio, per quanto di difficile omologazione nella fattispecie della catalogazione nazionale, una tendenza è emersa.

Tra meno di un anno il territorio verrà interessato da una tornata ben più consistente. Sarebbe già giunto il momento di trarre dei preconsuntivi e di azzardare qualche programma. Invece, in assenza di tutto ciò fondamentale per un sistema sano ed efficiente del rapporto base elettorale e rappresentanza nelle istituzioni, il convento politico passa solo indiscrezioni circa alcune scese in campo.

Ringrazio per lo spazio e per la risposta.

Giancarlo Guerrini, 2 giugno 2023, Cremona

Per ragioni di non superamento della soglia di attenzione dei nostri lettori, che pur dedicandosi anche a format più strutturati prediligono format più soft, abbiamo optato per due editing del focus. Nel precedente ci siamo avvalsi del contributo “Che segnale può essere?”, nonché di una serie di lettere lettori.

In questo secondo, incorporiamo l'editoriale di Mauro Del Bue, Direttore della gemellata “La Giustizia”, e pubblichiamo la riflessione di un lettore. Che fa fare un passo avanti all'analisi complessiva, più che sull'interpretazione del risultato della tornata, sulla direzione di marcia. Della politica in senso generale e, allungando lo sguardo (dato che l'anno prossimo si voterà oltre che per le Europee anche per una tornata amministrativa molto vasta), sull'agenda.

Ma, come è d'uso nei romanzi d'appendice, fare un passo indietro. Sviluppando meglio gli spunti del nostro precedente commento. Su due direttrici: l'innegabile derivazione del risultato amministrativo dal quadro nazionale e una riflessione più mirata delle circostanze che incidono nella formazione di un sentiment diverso dal passato rispetto all'offerta organica delle politiche amministrative territoriali dei partiti nazionali e delle loro alleanze.

Solo la parzialità del test relativizza il risultato politico, qualcuno, portatore di ben evidenti code di paglia innescate da imbarazzanti performances nelle urne, ha giustificato.

Sarebbe buona norma comportamentale che, se non altro per utilità di chiarezza e di separatezza dei diversi livelli della vita pubblica, si procedesse, anche nella valutazione del responso delle urne, per livelli di competenza.

Ma, almeno per stavolta, ce ne dovremo fare una ragione; a nostra volta non sottraendoci ad inquadrare la tendenza del voto amministrativo al traino del quadro politico in generale.

Se non altro perché (anche se non è ben chiaro chi fa da traino a chi) il verdetto di due settimane fa evidenzia un significativo cambio di fase rispetto a abitudini consolidate.

Nell'esito delle urne comunale non appare azzardato rinvenire il bandolo di snodo che evidenzia in un corpo elettorale sempre più ridimensionato una forte sinergia interpretativa favorevole a convergenze parallele.

Nel senso che il giudizio incardinato sulla politica nazionale appare sempre più coincidente con quello sulle politiche locale.

Così forse (anche se può apparire azzardato un parallelismo tra l'area governativa di decenni addietro e quella delineata negli ultimi mesi) non era mai stato. Anche come tempistica di allineamento dei due livelli di consenso.

Come può essere stato che nel volgere di pochi mesi un consolidato convincimento durato decenni, secondo cui le sinistre garantivano un ceto dirigente amministrativo più preparato. Diononvoglia (anche se temiamo che il prosieguo aggiungerà a questa variante di assuefazione a nuovi paradigmi anche l'effetto del successo che rende simpatici e incentiva il bandwagoning, oltre che dei voti anche dei candidati a ruoli di rappresentanza); ma questa tendenza non pare essere destinata ad essere temporanea.

Finisce, come abbiamo appena azzardato, una posizione di rendita e, come scrive Cazzullo: il PD, dopo aver perso il popolo, fatica a tenere la ZTL. Insomma, un risveglio brutale. Cadono le roccaforti, come se fosse un benefit eterno. Quello di incassare nel territorio un consenso immutabile, a prescindere dalle prestazioni e dall'esito delle triangolazioni che il libero corpo elettorale fa tra i livelli di analisi, delle politiche nazionali e di quelle locali (specie quando, come nel caso del centro sinistra, certi cavalli di battaglia non hanno soluzione di continuità rispetto al diverso livello di competenza.

Il risultato sentenzia oltre che un consenso sulla politica nazionale anche un sonoro basta al ceto governance annidato dall'Ulivo in poi.

Nel centrosinistra ed in particolare nel suo epicentro che è il PD (area nella quale sia pure con riluttanza e forse con sofferenza ci siamo correlati, in assenza di una diversa offerta da parte del convento della sinistra di ispirazione riformista) si procede da tempo per disperazione (del mantenimento di un prevalente ruolo di governance), per supponenza, per autoreferenziale, per, temiamo, incapacità di lettura della realtà.

Ne sono prova le narrazioni (fornite col contagocce dagli apparatchik) sulle ragioni di una tendenza, fino a qualche mese fa inimmaginabile.

D'altro lato, proprio qui a Cremona al Parco delle Colonie Padane al Festival dell'Unità, il segretario smacchiatore di giaguari aveva spiegato il motivo dell'insuccesso elettorale del 2013 (spiegatogli alla fermata del bus dalla casalinga di Bobbio) e, specularmente, la ricetta per invertirlo (riappropriarsi della griffe massimalista, strappata con destrezza nella formula populista, dal M5S).

Non esattamente linearmente, ma quel percorso è approdato al suo logico traguardo: la Schlein a capo di nuovo PD nel pieno convincimento che avrebbe tirato la volata di una immancabile resilienza.

“Elly tira dritto. È solo l'inizio!”, azzarda una supporter. Mah a noi sembra che abbia già fatto molto…danno, al PD e all'intera area di centro sinistra.

Qualche non totalmente omologato c'è ancora nel PD. Nardella, sindaco di Firenze, ad esempio: “dobbiamo abbandonare un riformismo solo di palazzo e vivere immersi nella società”

“Sul territorio abbiamo problemi di selezione della classe dirigente”, dice con faccia di bronzo un alto esponente della nomenklatura, come Andrea Orlando. Ma va?

Se ci fosse concesso, azzarderemmo anche la necessità, se si volesse risalire la china, di leggere tutto, anche i fatti minuti della quotidianità, che i sapientononi del politically correct relegano nell'influenza, rispetto alla priorità assoluta delle alleanze per restare eternamente in sella.

Da ultimo, c'è, come avevamo preannunciato, un segmento della sollecitudine politica relegato nella marginalità.  L'istituzione comunale resta fondamentale per la tenuta, non solo della rete amministrativa periferica, ma dell'intero ordinamento. Rilievo questo che diventa cruciale per un territorio come il nostro, che assiste al progressivo abbandono dei comuni periferizzati, dalla geografia e dalle strategie centralistiche, che perdono insieme alla popolazione la posta, l'ambulatorio, la scuola, la biblioteca, il negozio di vicinato, il bar, nel più vasto contesto della sostenibilità finanziaria.

Le opzioni degli elettori sembrano prescindere sempre più dal parametro degli schieramenti politici e privilegiare (magari anche solo come auspicio che potrebbe andare deluso) la valutazione di merito delle politiche territoriali.

E non è un caso che l'area dem non se la passi, anche in questo ambito, molto bene.

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