Scrive giustamente come spunto incipitario alla celebrazione dell'80mo anniversario, l'Espresso:
Il 25 aprile segna una data fondamentale nella storia d'Italia e d'Europa: la liberazione dal nazifascismo.
Oggi, dopo 80 anni, ci troviamo a riflettere su cosa significhi celebrare l'accadimento e rivisitarne i precordi, le dinamiche e le scaturigini. Facendo molta attenzione a tener separate, nella rivisitazione, il profilo storico dalla memoria storica (notoriamente affidata a alla soggettiva percezione).
Quella guerra che terminò, grazie al determinante contributo degli eserciti alleati e dell'antifascismo approdato al contrasto armato, alla fine di aprile, fu un combinato, appunto, di lotta militare ma anche di idee e di valori civili.
I più avveduti in materia di consapevolezze attorno alla mutazione dei contesti percepiscono l'ineludibile imperativo di una testimonianza di continuità con quell'aggregato di idealismi e di evoluzione civile e sociale.
Nella chiarezza di richiami al passato e di propositi per la continuità negli scenari attuali. Paradossalmente si imputano i periclitanti risultati dell'azione iniziata con la Liberazione e dal varo della Repubblica ad un supposto timbro “divisivo”. Ovviamente da parte di coloro che già nell'anno della Costituente avrebbero collaudato (per dire di intenzionalità non equivocabile, lo slogan-progetto “non restaurare non rinnegare”).
Quanto non si sia rinnegato, nei percorsi della destra neofascista c'è solo l'imbarazzo della scelta. Dalla condizione di occupare stabilmente il ruolo di potenziale riserva in discontinuità di scenari democratici, di sussidiarietà attiva in tutti i contesti tendenziali che avessero come sbocco svolte reazionarie ed antidemocratiche, di percezione di un brand anche del valore iconico per qualsiasi potenziale spinta al ritorno al passato. All'interpretazione della parte di ammiratori e per molti versi sostenitori di tutte le dittature e di fornitori di coperture al terrorismo nero, interno e mondiale.
Il che, ad abundantiam, dice della vera responsabilità del mai realizzato incrocio per la cosiddetta “pacificazione nazionale”. Questi 80 anni devono, però, porre agli eredi della Liberazione il dovere di una continuità di testimonianza e di passaggio del testimone alle nuove generazioni in una dimensione di chiarezza.
Riconducendo ad unum non tanto il pluralismo degli apporti culturali e politici di metà anni 40, che furono innesco e propellente per una battaglia vincente, ma quello insito nella pretesa di trasporre una parte di quel ricco patrimonio di idealismi, di caratterizzazioni, di, se si può dire, “sogni” di progresso, di emancipazione, di giustizia sociale e civile, come griffe identitaria di tutto il successivo aggregato dell'antifascismo e della relativa militanza. Nella quotidianità istituzionale, politica e civile, in una rappresentanza di valori universalmente propugnati, ma in realtà prerogativa di convincimenti (leciti, per la parte ovviamente lecita), ma espressione trainante dell'ambizione di più vasta di allargare il core businnes resistenziale (che era il ripristino e l'ottimizzazione del modello liberaldemocratico e, per molti, progressista) alla finalità di andare oltre. In un progetto di trasformazione del sistema che planasse, anche con l'ausilio della permanenza come risorsa idealistica ed operativa, su una transustanziazione derivante da una “spallata” in grado di completare, si disse e si testimoniò concretamente, un più vasto disegno edificante di “società più giusta”. Proposito, si ripete, legittimo, a condizione che il format antifascista non fosse funzionale, nelle metodiche e negli approdi, a sistemi non esattamente in regola con i connotati di libertà e di democrazia che la Resistenza propugnò ed iscrisse concretamente negli sviluppi successivi. Con la Repubblica, la Costituente, la Costituzione (che, dopo 80 anni, resta effettivamente nell'impianto teorico ordinamentale e, nonostante le mende umane, e nelle prestazioni, la migliore o una delle migliori). Come scrivono su Espresso e a firma congiunta Casarotti e Dichiarante,
la Liberazione è carne viva, in primis per i principi di pace e di uguaglianza che la permeano. Va difesa dalle letture distorte e da quelle diversive, aggiungiamo noi, dei “revisionisti” neo-fascio come dai propositi mai sopiti di ricavare indotti da una testimonianza molto impegnata nella “attualizzazione”.
Nel senso di continuare oltre il dovuto ed il lecito (ed in ciò il proposito, per essere chiari, è distruttivo, se non ex aequo, comunque significativamente, come il “revisionismo” del coté antifascista). Ciò anche nella versione, apparentemente meno impattante, della continuazione della lotta e del fervore (non riconosciuto se non dagli equilibri dei consensi ottenuti elettoralmente) di attualizzare nei contesti correnti, distanti 80 anni dalla Liberazione, libere interpretazioni di tematiche sopravvenute. Interpretazioni che appartengono (come la pratica delle “trivelle”, i flussi migratori, le teorie gender, per fare alcuni esempi) alle prerogative dialettiche. Ma che in alcun modo devono essere riconosciute nel rango di continuità con l'eredità ideale dell'antifascismo e della Resistenza.
Anche in questo l'80mo è chiamato a fornire, su un piano prevalentemente “didattico”, un segnale suscettibile di tener conto dell'opportunità di fornire, più o meno consapevolmente un “aiutino” ai circoli, che mimetizzano la protervia di dissacrare il 25 aprile, il rifiuto di riconoscersi nella data fondativa, l'escamotage della non appartenenza a tutta l'intelaiatura del dopo Liberazione, agendo sulla leva dell'accusa all'antifascismo di aver osteggiato “la pacificazione nazionale”. Ecco riassunta l'intelaiatura editoriale e del panel celebrativo della nostra testata e dell'Associazione Zanoni che caratterizzerà la nostra testimonianza per l'80mo.
Il cui perno, se non altro per coerenza con quanto qui premesso, avrà come epicentro la pubblicazione dello scritto di Emilio Zanoni “il movimento cremonese di liberazione nel secondo risorgimento “- saggio storico dal primo al secondo risorgimento nazionale- necessità di una storia locale della resistenza al fascismo”. Recita esattamente così il titolo del saggio per il concorso, propugnato dal gruppo consigliare socialista in Provincia, nell'approssimarsi del decimo anniversario della Liberazione, come iniziativa centrale del programma celebrativo. Il recupero fisico dei contesti del concorso e del testo, propiziato dall'impegno di Giuseppe Azzoni ha comportato impegno individuale e collettivo. Verso cui abbiamo fatto convergere la collaborazione delle Associazioni Partigiane. Il testo cartaceo sarà pubblicato da Cremona Book, mentre quello digitale sarà postato su www.ecodelpopolo. A fine maggio partiranno le iniziative di presentazione ufficiale del lavoro editoriale. Che sarà contestualizzato nella prestigiosa location della Società Filodrammatica, col corredo di un'importante offerta culturale ed artistica. Ma su questo saremo più precisi nel prosieguo. Con il presente editing abbiamo voluto fare solo il vernissage dell'iniziativa.