Commiati, ricordi, anniversari
Stimatissimo Signor Direttore,
in questi giorni è venuto a mancare l'ex Vigile Urbano e Geometra Davide Martinelli: lo rendono noto, a funerale avvenuto, i suoi familiari con un semplice, modesto annuncio su "la Provincia" del 22 novembre.
La notizia ha avuto un commento su Facebook da parte di Luigi Mantovani, sempre attento alle cose cremonesi e suo collega nel Corpo Vigili Urbani del Comune di Cremona.
Mantovani fa sapere che Davide ha cominciato la sua attività lavorativa a soli 14 anni presso la ditta Anelli, che è diventato successivamente istruttore di scuola guida ed apprezzato arbitro di calcio e che infine ha iniziato la sua definitiva attività il 1o febbraio 1964 quando è entrato a far parte del corpo dei Vigili Urbani, con altri 14 colleghi, classificandosi fra i primi in graduatoria.
Tutto giusto ma vorrei aggiungere qualcosa anch'io.
In Comune, ove ero entrato solo due anni prima, ho fatto la sua conoscenza e da subito ho potuto osservare la sua eccezionale bravura nel difficile compito di dirigere il traffico nelle situazioni più complesse: in questo frangente si era fatto un nome anche per il rigore nel far rispettare le norme, rigore tanto assoluto che, come ebbe a raccontarmi lui stesso, arrivò al punto di multare la propria macchina. Compreso nel suo compito di "tutore" voglio aggiungere che svolgeva con convinzione e tenacia anche tutti gli altri compiti di tutela, anche quelli non connessi al traffico, quali quelli relativi all' ambiente per esempio, anticipando così di qualche decennio la consapevolezza dell'importanza di tale tutela.
Nominato successivamente, come giustamente precisa Mantovani, responsabile dell'Ufficio Traffico del comune di Cremona si è buttato a capofitto nello studio delle problematiche del traffico, facendo del rapporto Buchanan il suo Vangelo ed in questa veste, ed a sue spese, si è recato nelle principali capitali estere, ospite dei locali Uffici Traffico, per rendersi conto delle problematiche e delle soluzioni adottate nei principali problemi connessi alla circolazione.
La ricerca delle migliori soluzioni lo vedeva sugli incroci, armato di cronometri e di tabelle contaveicoli allo scopo di studiare e proporre i più opportuni interventi.
In questo periodo e per alcuni anni è stato mio collaboratore diretto presso la Ripartizione Urbanistica.
Dalle sue esperienze estere e dalla sua profonda conoscenza delle leggi del traffico hanno trovato fondamento le sue proposte, alcune realizzate ed altre no: l' onda verde, il ring, le stanze urbane, le "woonherf" (strade ove pedoni e ciclisti hanno la precedenza), le zone a traffico limitato, il concetto base per la pedonalizzazione cioè il "touch and go".
Era il periodo durante il quale con il suo importante apporto la Ripartizione Urbanistica predispose quel progetto ARPA (Area Pedonale Attrezzata) che di fatto coinvolgeva la politica urbanistica di tutto il territorio comunale, nella convinzione che non fosse possibile rendere avulso dal contesto territoriale globale, un intervento tanto settoriale quanto traumatico come la pedonalizzazione del centro storico.
(Per inciso ricordo che il progetto fu approvato, mi pare all'unanimità, dal Consiglio Comunale e subito ignorato o disatteso).
A mio giudizio Martinelli meritava molta più attenzione di quanto non gli sia stata prestata: molto ha fatto per la sua Cremona da lui tanto amata ma molto di più avrebbe potuto produrre se fosse stato meglio apprezzato.
Mi spiace constatare quanto poco interesse abbia suscitato la sua dipartita: del resto anche da vivo non ha avuto purtroppo quei riconoscimenti che certamente avrebbe meritato.
Sarà stata quella sua naturale vulcanica esuberanza nel proporre, sarà per le sue idee troppo avanzate per il sonnolento clima cittadino...
La ringrazio, Signor Direttore per la Sua cortese attenzione e Le porgo distinti saluti.
Dott. Arch. Comm. Mino Galettim Cremona.
Ciao, Davide Martinelli (alias Jo Martin)
Il luttuoso evento e l'opportunità di commentarlo non ci sarebbero sfuggiti. Ma ringraziamo sentitamente l'architetto Galetti (amico e indimenticato reggitore, per una lunga stagione, dell'importante e delicato del comparto comunale dell'Urbanistica) che, col memoir che ci ha inviato, ci agevola di molto questa edizione dei Commiati Eco, dedicata, perché non se ne perda consapevolezza e ricordo, alla figura umana e professionale di Martinelli (che di tanto in tanto e con un po' di civetteria si faceva chiamare Jo Martin).
Anche noi lo abbiamo visto e frequentato da vicino. Da “commilitoni” idealisti dello stesso movimento politico e, sia pure dislocati su versanti diversificati di ruoli, da cittadini impegnati nella mission di rendere migliore la città.
Che dire (come giustamente hanno appuntato i profili tracciati da altre testate) del geometra Martinelli…se non partendo da questo incipit: un self man made con un tratto comportamentale già allora fuori dai timbri convenzionali. Ma sui contenuti della preveggenza e della dedizione alla buona causa assolutamente fecondi.
Chiamato (o autopropostosi), in tempi in cui non era stato ancora messo a punto il profilo tecnico professionale dell'esperto in materia di combinato traffico e fruizione degli spazi comunitari, per i suoi "trascorsi" sul campo, allo sforzo di portare a sintesi strategica e progettuale una materia che si stava affacciando all'orizzonte delle opzioni strategiche. In cui aveva maturato conoscenza, consapevolezza, progettualità tratte dalla realtà e destinate a diventare concretezza della dorsale della innovazione. Non Gli si può certamente cucire addosso, soprattutto a posteriori, requisiti accademici che non ebbe. Ma indubitabilmente la dedizione, la curiosità di percepire e di tradurre in scelte tecniche, l'entusiasmo lo avrebbero proiettato, a partire dalla fine degli anni 70 del 900, in una dimensione di coinvolgimento professionale che sarebbe stato determinante per portare a sintesi le percezioni, le intuizioni, le aspirazioni che in quel momento aleggiavano sull'attenzionamento dell'opportunità di apportare significative revisioni alla fruizione degli spazi cittadini. In termini di profonda riforma del traffico veicolare, delle prerogative di accesso e di sosta specie nel centro storico, di conseguente rigenerazione dell'arredo pubblico.
In una materia, che si affacciava per merito civico e senso di lungimiranza di una élite intellettuale e politica, sensibile ad un oculato uso degli spazi comunitari (specie di quelli di rilevanza storico-monumentale) e che, volendo essere sinceri, non disponeva di un background di opinione ispirato da consapevolezze e trasporto innovativo.
Requisito basico, questo, che latita o difetta anche nei contesti attuali e a distanza di quarant'anni da quando quel progetto di riqualificazione fu oggetto di un organico progetto e dei primi provvedimenti propedeutici.
Dell'”isola pedonale” (nell'accezione basica) si cominciò sommariamente a parlare agli sgoccioli del ciclo amministrativo Zanoni, coadiuvato dall'assessore Cantelli, che in realtà si era dimostrato un eccellente reggitore della PUTA (Polizia Urbana, Traffico e Annona). Si era all'esaurimento della stagione della Giunta “socialcomunista” (che, come si percepirà nel prossimo approfondimento che dedicheremo al ricordo di Evelino Abeni, recentemente scomparso) incardinò importa menti elementi di rinnovamento del progetto di gestione comunale. Alla luce di suggestioni e stimoli che quanto meno l'osservazione dei fenomeni culturali e sociali e l'osservazione di dinamiche in atto in altre città equivalenti imponevano.
Avremo modo (lo preannunciamo di approfondire meglio e più convenientemente la tematica in un successivo focus). Qui avvertiamo l'opportunità ed il dovere di riconoscere un ruolo importante di competenza e di generosa collaborazione a Martinelli, che per almeno due anni collaboratore del gruppo di lavoro che (fuori dai circuiti istituzionali) costituimmo per la messa a punto dei progetti per il Parco al Po e, detto sommariamente, per l'Isola Pedonale in Centro Storico.
Nel gruppo di lavoro confluirono gli entusiasmi e le competenze di riconosciuti professionisti come di giovani talenti che si affacciavano all'impulso della cittadinanza attiva.
Il Progetto, che il sottoscritto consigliere comunale e componente la Commissione Urbanistica), trasse molto beneficio di una serie di proposte, che erano sedimentate nei tanti anni, si può dire? “gavetta” del quadro Martinelli, all'epoca mero responsabile del traffico. E che, per il loro alto tasso innovativo, correlato all'opportunità di un cambiamento se non radicale quanto meno rilevante, impostarono organicamente una nuova intelaiatura cittadina.
Avemmo la modestia di sottoporlo al vaglio di un convegno a Palazzo Comunale, in cui fu protagonista, tra gli altri, la professoressa Mina Gregori.
Con questo vernissage il lavoro propedeutico, di esclusiva iniziativa partitica (PSI, PRI), il progetto sarebbe approdato al vaglio amministrativo della Commissione, della Giunta, della Consiliatura (ovviamente, per segmenti). Non giureremmo che quell'intelaiatura di innovazioni (di cui Martinelli fu un partner fondamentale) persista nell'attuale ordinamento. Sicuramente ne fu la scaturigine. Ribadirlo, nel ricordo del contributo di Martinelli (e, dovremmo aggiungere, dell'autorevole vaglio- indirizzo dell'arch. Galetti) appare doveroso e utile.
Come succede nelle cose terrene (umane e civili) i percorsi si incrociano e divaricano. Diciamo che la cosiddetta Civica Amministrazione (alias, il governo comunale) non portò sugli scudi il geometra Martinelli, guardato in cagnesco, per la sua “informalità relazionale” da protagonisti che aborrivano compresenze suscettibili di rubare la scena della notorietà).
Poi, come si suo dire, la corsa sarebbe finita per tutti. E ci perdemmo di vista. Essendo sopravvissuti (almeno fisicamente) ci auguriamo, per benevola simpatia, che l'ultimo tratto esistenziale non sia stato di criticità e che, si è abituati ad augurare, che la terra sia lieve per il deceduto. Se avessimo l'avventura di entrare in contatto gli confideremmo garbatamente che la sua idea di “ring” rotatorio, ipotizzata ed attuata, sull'asse Viale Trento e Trieste e Via Dante, suscitatrice di tiepidezza quarant'anni fa, non ci convince adesso e che avremmo dovuto impuntarci di più sulla pedonalizzazione della piazzetta Filodrammatici.
CIAO, MARTINELLI.
Reminescenze e suggestioni
…potrei, caro Direttore, titolare questa lettera, scaturita dalla lettura del complesso ritratto pubblicato da L'Eco stamattina sulla figura dello scomparso architetto Panseca. Ti sarai reso conto, già in corso d'opera, dell'evenienza di dare la stura alla reminiscenza, in coloro che vissero da vicino quella stagione, di qualcosa di più dei semplici sentiments militanti.
In qualche modo, ho precorso tale cammino qualche giorno fa, quando in occasione di un breve soggiorno romano, mi sono trovato (non occasionalmente) su uno scenario, che trent'anni fu una specie di pantheon evocativo e che, ai giorni nostri, è uscito totalmente (a meno che non convenga per la reiterazione di fruste polemiche) dal radar.
Già…il mitico Raphael, soggiorno romano sostitutivo del domicilio del “capo Bettino”, da cui partì l'assalto alla Bastiglia. Sia quel che sia, al di là dei cambiamenti, resta per i testimoni degli ideali socialisti, di allora e, se ci fossero, motivo di rivisitazione (come, caro direttore, hai fatto lateralmente alla figura dello scomparso Panseca) di quella stagione.
Grazie dell'ospitalità e cordiali saluti.
C. G., Cremona.
Separando il piano emozionale da quello severo della lucida rivisitazione dei fatti (in chiave se non altro di permanenza di un significativo livello di attualizzazione di quella semina), non si può sfuggire, come abbiamo peraltro fatto nella rivisitazione compiuta a proposito del ciclo Panseca, al dovere di lucidità e di rivisitazione scevra da qualsiasi sentimentalismo militante.
Tanto più passa il tempo e tanto più trovo motivi per scalare le marce della suggestione per quel ciclo. Restano più le cose promesse per il futuro. Qualche approccio al cambiamento (il decreto di San Valentino, che i 30 anni successivi hanno ridimensionato, dimostrando coi salari e pensioni correnti, che ci voleva anche ben altro). Eppoi...? La promessa del semipresidenzialismo.
Che adesso vorrebbero solo i neofascio. Di giusto lo schieramento dei Pershing contro gli SS. Ed ancora l'impostazione della UE. Esiziale fu lo spostamento nel versante filoarabo. Quello fu il vero innesco della slavina. Altro errore: volersi sostituire alla DC e portare il PCI nel PSE (senza contropartite di desistenza del pregiudizio in Italia). Lo smottamento si percepiva da anni. Ha pagato solo il PSI, mentre avrebbero dovuto pagare anche gli altri. Ma il PSI e Craxi erano riusciti ad attirare su di sé l'antipatia, per non dire, l'odio. Fu un gruppo dirigente, in buona parte intelligente, ma troppo disinvolto e arrogante. Sarebbe bastato che Craxi in Parlamento, anziché fare il bauscia, avesse, dopo aver giustamente chiamato la correità di tutti, chiesto scusa agli italiani. Forse il PSI si sarebbe salvato. Caro lettore, aggiungo che, per una ragione di stile, mi sono ben guardato dal chiamare in causa i contemporanei, gli “eredi” diretti (la famiglia, attestata su sponde opposte nell'attuale agone politico, pur sempre impegnata a rivendicare il medesimo patrimonio ideale) e quelli indiretti. Che si sono rifatti una vita in altre formazioni (per lo più del tutto estranee ai depositi della storia del socialismo italiano). Il lato più patetico, comunque, è rappresentato dalla pervicacia con cui si insiste a rilanciare micro partitini, privi di seria sostenibilità, ma motivati dall'aspirazione di qualcuno di ricavare, si sa mai, qualche strapuntino.
Sempre in materia di “cambiamento di pelle”
Caro Eco, ho trovato molto interessante la memoria storica di Filippo Panseca, Fa sempre bene conoscere certi lati della sua vita, a me sconosciuti, e scoprire quanto un vero socialista oltre all' ideologia possa lavorare per un vero rinnovamento del Partito a favore di una democrazia consapevole e condivisa. Oggi questi valori vengono vanificati e ne costatiamo i risultati nella realtà. Tutti invocano il diritto e dovere al voto, ma poi l'astensionismo cresce e la fiducia nelle Istituzioni viene meno.
Dici bene quando parli di linee guida disinvolte e di politica liquida, non riesco ad accettare da parte dei politici l'esibizionismo di potere. Il Bene comune, l'amministrazione pubblica oculata, una giustizia non condizionata, una democrazia non pilotata sono valori in via di estinzione? Sono amareggiata e vedo un futuro incerto, devo lottare con me stessa per non perdere la speranza in un riformismo lib Lab tanto auspicato.
L. C., 27 novembre 2024, Vicenza.
Per il personale timbro etico, non avendolo praticato da vicino, lo accredito pienamente. Aggiungendo, però, che, anche non volendo, in quella stagione di verticalizzazione del potere interno, la nomenklatura fu costretta a metabolizzare linee-guida comportamentali un po', diciamo, "disinvolte". Fu, purtroppo, un riposizionamento generalizzato. Erroneamente, ipocritamente, interessatamente attribuito in esclusiva ai craxiani. Ma, in realtà, praticato da tutto il ceto politico. L'errore della nomenklatura interna fu di esibirlo.