Non potranno (i nostri lettori ed interlocutori) recriminare, in rapporto all'editing di questa puntata 55 della rubrica dedicata alla questione della sinistra e del socialismo italiano, per un supposto “magna primisiste parva videmus”. Ovviamente non solo di quantum, bensì di vastità/profondità di contenuti (inusitata nei correnti contesti dell'approfondimento politico-culturale). Soprattutto, per inadeguatezza di “campi”, partiti, testate d'area. O forse anche per pigrizia e neghittosità incardinata, temiamo, da perdita di contatto con una cultura e con un passato, in cui il servizio della politica integrava lo sforzo di coinvolgere innanzitutto la base dei militanti e dei cittadini nella vita pubblica ed in quella “militante” e di elaborare strategie di ottimizzazione della società e programmi di efficienza della vita economica e di giustizia sociale, all'insegna della “partecipazione”, vaticinata e regolamentata dalla Costituzione Repubblicana. La convention di Montegrotto dei primi di ottobre, organizzata da Movimento Socialista Liberale, apre una nuova, inedita per gli attuali scenari, “finestra” di testimonianza e di ricerca organica di idee da incanalare in un prosieguo capace di allineare idealismi e sforzo di armonizzazione e convergenza. Nell'intento di creare le premesse per incardinare nell'attuale sistema politico e nel posizionamento delle forze in campo (iniziale minuscola e non virgolettato) una presenza che esprima i valori di un moderno modello liberaldemocratico e ad un tempo del laburismo. Che, da almeno tre decenni, sono stati espunti dal ventaglio dei players della vita politica ed istituzionale. Forniamo di seguito, copianicollando per gentile concessione della gemellata testata La Giustizia, un ampio quadro degli accadimenti recenti e del confronto in corso. 
 = = = = = = =
  RASSEGNA DELLA STAMPA CORRELATA
RASSEGNA DELLA STAMPA CORRELATA
 

 Prima pagina  Gli otto punti di Montegrotto
 Questo il documento approvato al convegno di Montegrotto: “Il Movimento socialista liberale dovrà essere l'occasione per concorrere a dare finalmente una casa alle forze riformiste di questo paese. Per decenni la politica italiana è stata costretta a un bipolarismo che prima ha tramutato gli avversari in nemici di opposti schieramenti, poi ha radicalizzato il dibattito pubblic? spostandolo su posizioni spesso meramente ideologiche e nocive all'individuazione di soluzioni concrete a beneficio di tutti i cittadini. Lavoriamo per promuovere una costituente aperta a tutti quei partiti, movimenti, associazioni che si riconoscono nel riformismo, nelle sue diverse declinazioni: liberaldemocratica, socialista, popolare. Sono queste le culture alla base dei valori dell'Unione Europea, è da queste tradizioni che hanno preso origine, nei vari paesi che la compongono, le più importanti stagioni di riforme. Oggi più che mai, nel delicato e drammatico contesto internazionale, abbiamo bisogno di queste culture. In questo modo, già a partire dai primi appuntamenti elettorali, sarà possibile presentare una proposta politica comune, con l'obiettivo di dar vita, entro le prossime elezioni politiche, a un nuovo soggetto riformista che rappresenti un chiaro riferimento elettorale. Le linee essenziali del Movimento, che aprirà la campagna di adesioni, fissando poi l'assemblea di tutti gli iscritti, sono le seguenti: 1) Una netta propensione alla pace in Palestina assecondando i venti punti di Trump, accolti da Netanyahu, dall'Anp, dai paesi arabi tranne l'Iran, da tutta Europa (importante anche l'astensione concordata delle opposizioni italiane in Parlamento), mentre Hamas pare anch'esso avviato ad accettarli. Si tratta al momento dell'unico modo per por fine alla carneficina di Gaza. Chi lavora contro deve essere consapevole che opera per la continuazione della guerra. 2) Un appoggio senza condizione alla lotta di resistenza all'invasore russo del popolo ucraino. Ben sapendo che, qui, i margini di un accordo sono molto ristretti e un negoziato tra le parti, dopo l'incontro di Anchorage tra Trump e Putin, deve ancora iniziare per responsabilità di Putin che ha invece iniziato una guerra ibrida coi paesi europei. Il movimento condivide il piano di difesa, votato da tutti i socialisti europei tranne che dal Pd, illustrato dalla Von del Leyen. 3) Si ritiene che l'Europa debba unirsi subito. Soprattutto in settori chiave quali la politica estera, la difesa, la finanza e che una mancata unità politica rischia di essere pagata a caro prezzo dagli stati nazionali. L'Europa unita può e deve svolgere un ruolo di terzo polo tra la nuova alleanza di Pechino, che coinvolge Russia, India e altri paesi generalmente autocratici o dittatoriali, e un'America che con Trump oscilla tra tentativi anche generosi di por fine alle guerre e pesanti ritorsioni economiche da far pagare a paesi tradizionalmente amici. 4) Il movimento deve essere parte della tradizione del socialismo riformista e liberale che ha i suoi padri in Turati, Rosselli, Matteotti, Saragat, Nenni e Craxi, ma anche nella stagione delle lotte sui diritti civili che hanno visto protagonisti Fortuna e Pannella. Oggi questo filone non esiste nella coalizione del cosiddetto campo largo, dominato dal massimalismo e dal populismo e nella quale ai riformisti é assicurata solo una tenda minoritaria. Dunque il movimento, che si ritiene altresì alternativo alla destra, si colloca in autonomia e dialoga con quanti si ritrovano nella stessa collocazione: Azione di Calenda, il movimento liberaldemocratico di Marattin, associazioni e liste civiche 5) In particolare il movimento deve impegnarsi a sostenere la riforma costituzionale della giustizia che prevede la separazione delle carriere dei magistrati, vigente in tutti i paesi europei a lunga tradizione democratica, lo sdoppiamento del Csm e una elezione per sorteggio degli stessi, tutti punti che si trovano nella proposta di legge della Rosa nel pugno, primo firmatario Enrico Buemi. Al referendum il movimento si impegnerà nella campagna per il sì. 6) Gran parte delle sinistra italiana ha in questi trent'anni, sempre sostenuto la magistratura anche quando commetteva palesi violazioni. Tiepida sul caso Tortora, colpevolista sul caso Craxi, silente sul caso Del Turco, ha evidentemente un debito da pagare che risale al suo mancato coinvolgimento ai tempi di Tangentopoli come riferisce con dovizia di particolari il sen. Pellegrino nella sua intervista al Corriere della sera. Chiediamo ancora per questo l'istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta su Tangentopoli. 7) Il movimento deve proporre la fine del Parlamento dei nominati, con la reintroduzione del sistema delle preferenze, che peraltro ancora esistono alle consultazioni europee, regionali e comunali, o dei collegi uninominali, la fine dell'incompatibilità tra assessore regionale-comunale e consigliere, l'elezione diretta dei Consigli provinciali, perché le province soni dimensioni storiche incancellabili, nonché una preferenza, per quanto concerne la riforma dello stato, sul modello tedesco, con elezione proporzionale del Parlamento. 8) Il movimento promuoverà un'apposita conferenza sul tema del lavoro e in particolare di quello giovanile e femminile, dei bassi salari, del salario minimo, del ruolo del sindacato in una moderna democrazia occidentale. 
  
 L'editoriale di Mauro Del Bue
L'editoriale di Mauro Del Bue
 Chi siamo (idee in dieci punti)
 Proviamo in dieci punti a dire chi siamo, cioè chi sono i socialisti liberali il cui movimento ha preso forma a Montegrotto il 4 di ottobre.
 1) La nostra identità contiene ancora le grandi intuizioni del socialismo riformista di Filippo Turati che possiamo così sintetizzare: il socialismo come evoluzione costante “delle cose e delle teste”, fatto di avanzamenti sul piano sociale e di istruzione, di educazione, di cultura del ceto inferiore. Il socialismo come massima dimensione della democrazia, come processo elettorale e poi come rispetto per le minoranze, escludendo qualsiasi forma di dittatura sia pur proletaria, e affidandosi al gioco elettorale. Il socialismo come fedele risposta, in termini di equità e di libertà, al cambiamento dei tempi. Ma anche come profonda revisione del marxismo, come definitiva abiura di una dittatura sia pur provvisoria, come intreccio inestricabile tra socialismo e liberalismo, dunque come socialismo liberale primo interprete del quale fu Carlo Rosselli e fedele prosecutore il Psi degli anni ottanta con il suo Lib-Lab.
 2) Non c'é nessuna incompatibilità tra socialismo e liberalismo. Vi é anzi necessaria simbiosi. Può esservi infatti un socialismo non liberale, ma non é quello che intendiamo professare. Il socialismo deve essere fautore di tutte le libertà (di organizzazione politica, di parola, di stampa, di religione, di parità dei sessi, di rispetto delle scelte sessuali di ognuno). Non si confonda il liberalismo col liberismo, che é una sorta di filosofia del libero mercato senza vincoli statali e che é superato dalla globalizzazione. Dunque i socialisti liberali mettono al primo posto, come suggeriva Pertini, il tema delle libertà e si battono in Italia e nel mondo per difendere quei principi ovunque siano calpestati.
 3) Una sinistra delle libertà deve promuovere solidarietà verso tutti i popoli che combattono per la loro indipendenza e verso tutti coloro che combattono contro dittature e autarchie. Dunque non solo deve operare all'interno del Paese perché l'Italia diventi una democrazia perfetta superando il suo attuale livello di imperfezione, ma deve apertamente schierarsi dalla parte di quei Paesi, come l'Ucraina, che da tre anni combattono una dura lotta di resistenza contro l'invasore russo, sostenendola economicamente e militarmente, così come deve schierarsi contro tutti i terrorismi compreso quello palestinese, che ha progettato e attuato il massacro del 7 ottobre 2023, ma ugualmente condannando l'attuale governo israeliano per l'orribile strage nei confronti della popolazione di Gaza. Pacifisti autentici, i socialisti liberali salutano l'avvenuto accordo attraverso il piano di pace di Trump e l'unione in esso di tutto il mondo arabo sunnita. Il ruolo di un'Europa unita diventa a questo proposito determinante come terzo polo tra l'alleanza di Shangai e l'America di Trump e il suo imput di “far da sé”. Un terzo polo, certo alleato cogli Usa, un terzo polo di stampo occidentale, ma con un'autonoma capacità di difesa (bene il Defense arm lanciato dalla Von der Leyen anche se si tratta ancora di piani nazionali), e con ministeri della difesa, degli esteri e delle finanze sovranazionali. Gli stati uniti d'Europa siano anche la nostra parola d'ordine. Sbagliato e risibile lo slogan leghista secondo il quale ad un'Europa debole potrebbe corrispondere un'Italia forte. Ad un'Europa debole corrispondono nazioni europee deboli.
 4) La lotta per i diritti civili degli anni settanta meravigliosamente guidata dai socialisti e dai radicali, da uomini del calibro di Loris Fortuna e di Marco Pannella, ha raggiunto obiettivi avanzati e impensabili per l'epoca: la legge sul divorzio, la legge sull'aborto, il diritto di famiglia, il voto ai diciottenni. La battaglia referendaria sulla giustizia giusta e in particolare per introdurre la responsabilità civile dei magistrati é stata vinta coi referendum del 1987 ma bloccata, con una legge sbagliata, in Parlamento. Da allora nessuna lotta per la giustizia giusta é stata più appannaggio della sinistra e oggi si assiste a un paradosso e cioè che la riforma per la separazione delle carriere dei magistrati, per lo sdoppiamento dei Csm e per la loro elezione tramite sorteggio (per eliminare la logica dei partiti dei magistrati), sia opera della destra. I socialisti liberali che appoggiano questa riforma sono contrari a una sinistra illiberale e succube della magistratura politicizzata, che già nel biennio giudiziario, con una sorta di colpo di stato, ha impedito la chiarificazione ideale e storica a sinistra. La sinistra delle libertà non ha ovviamente nulla in comune col campo largo dove i riformisti e i liberali sono un'esigua minoranza rispetto ai massimalisti e ai populisti. E naturalmente non ha nulla a che vedere con una destra ancora largamente infatuata di falsi miti. I socialisti liberali contestano questo assurdo bipolarismo all'italiana che é la causa della bassa partecipazione al voto e delle scarse prestazioni di governo da parte di chi vince le elezioni.
 5) Il dogma di un socialismo classista é superato. Di quale classe se quella operaia é divenuta una esigua minoranza? La classe dei lavoratori? Ma quali lavoratori? Quelli dipendenti? Cioè il socialismo dovrebbe rappresentare gli interessi anche dei manager di stato, dei primari ospedalieri, dei direttori degli organi d'informazione che sono, anche loro, lavoratori dipendenti? E non delle partite Iva, degli artigiani, dei commercianti, dei tecnici, degli imprenditori che soffrono la crisi? il dialogo coi ceti medi? Ma oggi cosa sono i ceti medi? Dai dati Istat, in un'Italia che non si riesce a censire con esattezza a causa della vasta evasione ed elusione fiscale, si é passati dalla progressiva terziarizzazione a quella che l'Istat definisce la de-mediocetizzazione, cioè alla crisi di questo ceto, o alla sua crisi parziale. Oltretutto risulta che i ceti medi sarebbero costituiti secondo la denuncia dei redditi anche dai gioiellieri, dai dentisti, da una vasta pletora di imprenditori che guadagnerebbero solo quanto serve per vivere. E' credibile? Se, come disse Nenni, il nostro compito “é portare avanti chi sta indietro” occorre innanzitutto farsi carico del bisogno di chi soffre la povertà. Sempre seguendo il rapporto Istat del 2024 il 23,1% della popolazione italiana é a rischio povertà o esclusione sociale. Qui più che alle classi sociali bisogna pensare alle situazioni. Un conto é una persona non sposata che guadagna 1300 euro al mese, un conto é una persona che guadagna 1300 euro al mese, con moglie che non lavora e un figlio o due a carico. Nel primo caso si tratta di una condizione sostenibile, nel secondo di una condizione di povertà. Ma la vera emergenza italiana é costituita dai bassi stipendi, fermi addirittura da vent'anni e che tra il 2019 e il 2024 hanno perso il 10,5% del loro potere d'acquisto. Questo dipende in parte dalla bassa produttività italiana, la più bassa rispetto ai grandi paesi europei, ma anche da una contrattazione sindacale che ha sempre considerato i salari subalterni ai cosiddetti diritti, vedasi i referendum della Cgil, e che tuttora considera la legge approvata su pressione della Cisl che propone l'associazione dei lavoratori, sul modello tedesco, nei consigli aziendali (dunque anche per la discussione sui salari) come un'ipotesi da scartare.
 6) Il nostro socialismo liberale non contrappone pubblico e privato, ma semmai ne tenta una conciliazione. Sempre di più il ricorso dello stato al mercato diventa irrinunciabile per l'economia. Non può esistere un mercato fai da te senza sovvenzioni, agevolazioni, divieti, limiti, suggerimenti. I socialisti furono fautori dell'economia di piano che ebbe suggello coi primi governi di centro sinistra e costituendo apposito ministero. Ma anche lo stato non può far solo, nei servizi soprattutto, per tutelare e rafforzare il suo welfare. Anche il welfare socialdemocratico deve essere rivisitato e trasformato in quel che definimmo già negli anni ottanta come “società solidale”. Spaventa questa subalternità nei servizi, una subalternità acritica, nei confronti del pubblico. Siamo sicuri che la sanità pubblica, che la scuola pubblica, che l'assistenza e la previdenza pubblica siano modelli? Un socialismo liberale non contrappone pubblico a privato ma offre la possibilità a tutti i cittadini di usufruire del pubblico e del privato. Rinnovandoli, efficientandoli con il ricorso alle nuove tecnologie. Ricordate il famoso bonus da offrire alle famiglie per scegliere la scuola che desiderano per i loro figli? Era intuizione di Claudio Martelli. Certo vanno evitate speculazioni, eccessivi profitti, malversazioni. Il costo per allievo o paziente nelle strutture private a carico dello stato non deve essere superiore a quello delle strutture pubbliche. Il socialismo del XXI secolo deve saper affrontare il grande tema dell'immigrazione, distinguendo tra immigrazione regolare e irregolare, tra diritto d'asilo e migrazione economica. Il diritto d'asilo é tutelato in Italia dall'articolo 10 della Costituzione, e va esercitato da quanti fuggono dalle guerre e anche dalle dittature. Tutto questo va coniugato con la tutela della sicurezza e dell'ordine delle città e dei suoi cittadini.
 7) Anche l'emergenza dei giovani e del lavoro femminile (siamo su questo la Cenerentola in Europa) deve trovare un posto rilevante nel nostro socialismo. L'occupazione e la qualificazione del lavoro giovanile e femminile é il vero tallone d'achille di un rilancio occupazionale (sono decisamente aumentati i contratti a tempo indeterminato, in parte merito di quel Jobs act che si intende abolire). Perché non pensare a un patto intergenerazionale e non continuamente alle pensioni, tra scaloni eliminati e legge Fornero da sopprimere? Non ci accorgiamo che cosi facendo tuteliamo i già tutelati?
 8) Infine il merito. Un socialismo che non lo riconosca e non lo valorizzi sarebbe fuori dalla storia. Anche del Psi, che con la conferenza programmatica di Rimini grazie a Claudio Martelli lanciò l'alleanza tra merito e bisogno. In realtà per bisogno si intendeva soprattutto quello relativo alle nuove povertà pensando di avere ormai risolto quelle vecchie o materiali. Oggi non é più così, il mancato sviluppo, vincoli europei che tagliano gli investimenti, una classe politica inadeguata hanno fatto crescere le povertà materiali. E per quanto riguarda la valorizzazione del merito basti elencare i numeri delle risorse scientifiche e intellettuali costrette a riparare all'estero. Il merito é oggi non riconosciuto e umiliato
 9) Il socialismo o è revisionista o non é. Una volta il socialismo era revisionista per un confronto ideale (Bernstein, Bauer, Mondolfo, lo stesso Ivanoe Bonomi con il volume “Le vie nuove del socialismo”). La lotta per la difesa dello stato liberaldemocratico é tremendamente attuale, visto che lo stesso é messo in discussione o ignorato nella gran parte del mondo e quando é vigente come in Italia é denso di contraddizioni. La democrazia italiana va letteralmente capovolta. Occorre ridare al popolo, sottraendolo alle oligarchie di partito, il potere di scegliere i parlamentari reintroducendo le preferenze o il sistema uninominale. Occorre che le giunte regionali e comunali siano compatibili con la funzione di consigliere, evitando, anche qui, che si costituisca un comitato di nominati più importante di un consiglio di eletti e che si eleggano i consigli provinciali, essendo le province entità storicamente riconoscibili e insopprimibili al contrario delle regioni. Una grande riforma stato e delle sue istituzioni può essere affidata a un'assemblea costituente da eleggere a suffragio  universale e con metodo proporzionale.
 10) L'elaborazione di un socialismo del futuro deve necessariamente costruire un sistema di rapporti con la tecnica che sta invadendo il mondo. Le nuove tecnologie aprono confini nuovi e problemi tuttora irrisolti e si sostituiscono ormai al linguaggio rimodulandolo e anche semplificandolo. L'Intelligenza artificiale se non gestita e governata aprirà nuovi orizzonti in cui molti lavori saranno eliminati e se ne inventeranno dei nuovi. Questi strumenti sono in mano di pochi e anche la grande finanza e la stessa economia mondiale rischia di finire in mano agli stessi. La rivoluzione tecnologica propone un nuovo problema di libertà e di diritti. La politica sarà, già lo é, strettamente legata agli interessi di costoro. Il socialismo del futuro dovrà avere a cuore valori come pluralismo, parità di accessi, equità fiscale nei confronti di questi colossi, ruolo dello stato nella scansione di diritti, limiti, divieti. Un socialismo liberale non può abdicare al ruolo del pubblico senza ignorare le scoperte scientifiche e tecniche che ci porteranno a vivere in un mondo nuovo.
 L'editoriale
 Mauro Del Bue Direttore. Nasce a Reggio Emilia nel 1951, laureato in Lettere e Filosofia all'Università di Bologna nel 1980, dal 1975 al 1993 é consigliere comunale di Reggio, nel 1977 é segretario provinciale del Psi, nel febbraio del 1987 è vice sindaco con le deleghe alla cultura e allo sport, e nel giugno dello stesso anno viene eletto deputato. Confermato con le elezioni del 1992, dal 1994 si dedica ad un'intensa attività editoriale (alla fine saranno una ventina i libri scritti). Nel 2005 viene nominato sottosegretario alle Infrastrutture per il Nuovo Psi nel governo Berlusconi. Nel 2006 viene rieletto deputato nel Nuovo PSI. Nel 2007 aderisce alla Costituente socialista nel centro-sinistra. Nel 2009 é assessore allo sport e poi all'ambiente nel comune di Reggio. Dal 2013 al 2022 dirige l'Avanti online.    
 ^^^^^^^^^^^
  chat
chat
 Crediamo fare cosa utile copia incollando stralci degli intercorsi in atto nel raggruppamento chat del Movimento. Allo scopo di fornire ai potenziali aderenti un'idea di sentiment e concept che  permeano le riflessioni ed il confronto (molto attivi) a seguito della Conferenza di Montegrotto.
 * Mauro si è preso il compito di mettere in ordine gran parte del lavoro uscito da Montegrotto due e da elaborazioni politiche e parlamentari che alcuni di noi abbiamo fatto in questi ultimi vent'anni e richiedono come abbiamo inteso di coinvolgere il più possibile i compagni interessati. Il lodevole intento di alcuni di voi questa sera va fatto non solo con scambi di valutazioni in questa sede ma per chi lo ritiene inviandoci le proprie valutazioni e modifiche che valuteremo e discuteremo come abbiamo previsto.
 *L'elaborazione di un socialismo del futuro deve necessariamente costruire un sistema di rapporti con la tecnica che sta invadendo il mondo. Le nuove tecnologie aprono confini nuovi e problemi tuttora irrisolti e si sostituiscono ormai al linguaggio rimodulandolo e anche semplificandolo. L'Intelligenza artificiale se non gestita e governata aprirà nuovi orizzonti in cui molti lavori saranno eliminati e se ne inventeranno dei nuovi. Questi strumenti sono in mano di pochi e anche la grande finanza e la stessa economia mondiale rischia di finire in mano agli stessi. La rivoluzione tecnologica propone un nuovo problema di libertà e di diritti. La politica sarà, già lo é, strettamente legata agli interessi di costoro. Il socialismo del futuro dovrà avere a cuore valori come pluralismo, parità di accessi, equità fiscale nei confronti di questi colossi, ruolo dello stato nella scansione di diritti, limiti, divieti. Un socialismo liberale non può abdicare al ruolo del pubblico senza ignorare le scoperte scientifiche e tecniche che ci porteranno a vivere in un mondo nuovo.
 *Certo, però la mia opinione riguarda solo ed esclusivamente il valore del nostro simbolo Movimento” il resto non lo trovo opportuno affiancarlo alla nostra “casa”.
 Per esempio, trovo importante e di base il punto numero uno emesso da Mauro Del Bue. Il nostro pensiero deve ruotare sui valori Turati<>Rosselli. Chi aderisce al Movimento lo deve fare per questo paragrafo numero uno 
 *Dov'è finita la politica oggi? In un pozzo di discredito, in una palude di utopie,.di ideologismi a buon mercato. Viviamo in una società prigioniera del presente che non progetta il futuro e non ha memoria del passato. Gli Italiani assumono più i connotati di sudditi che di cittadini. Mi pare che nel campo dei bisogni l'attuale classe dirigente, non solo della politica, abbia fallito. Qualche decina d'anni or sono un personaggio che ha dedicato la sua vita allo studio si chiedeva: “Ma chi c'è in Italia chi si stia dedicando a formare una classe dirigente in tutti i campi”?
 Con la classica astuzia da classe “dirigente made in Italy” sono riusciti a creare i premi o compensi a seconda dei meriti, in una distribuzione a pioggia come fossero le prime donne dello sport o dello spettacolo. Un manager Italiano su tre, esaminati dagli esperti dell'Istituto Ambrosetti, non ha fatto nulla, proprio nulla, per giustificare il suo guadagno. Anzi, questi stipendi scollegati dai risultati continuano spesso a gonfiarsi in un rapporto inversamente proporzionale rispetto alle performance dell'azienda: cresce la remunerazione dei manager, diminuisce la solidità della società. Più che essere creato, il valore così viene distrutto. 
 E pensare che proprio in Italia più di un mezzo secolo fa, un capitalista di razza e di visione di lungo periodo, Adriano Olivetti, aveva già fissato i paletti necessari per evitare il letale, eccessivo squilibrio tra i vari livelli gerarchici all'interno dell'azienda: lo stipendio più alto non doveva mai superare una soglia pari a dieci volte il valore di quello più basso. 
 Se parliamo di meriti: A favore dei manager, con la relativa corte al seguito, che invece, sulla base dei risultati reali e non di una retorica formula magica, avrebbero meritato solo il licenziamento. Che fare per ridare vita e realizzare i giusti meriti oggi annullati. 
 Riccardo Lombardi ci diceva: “…è giusta quella società che riesce a dare a ciascun individuo la massima possibilità di decidere la propria esistenza e di costruire la propria vita…”
 *Che fare. La risposta ce l' ha data Claudio Martelli nel 1991 a Bari: bisogna fare “un polo riformista” che sia alternativo alla destra e al populismo dilagante.Io ritengo che oggi debba essere costituito dalle culture alla base dei valori che hanno costruito l'Unione Europea, le tradizioni che hanno aperto le stagioni delle più importanti riforme. Un polo riformista aperto a tutti quei partiti, movimenti, associazioni, che si riconoscono nel riformismo, nelle sue diverse declinazioni “ Liberaldemocratica, Socialista, Popolare “che hanno le loro radici nell'Umanesimo. 
 Ricordiamoci che gli Italiani che hanno fatto l' Italia moderna erano poveri, molto più poveri di oggi. Il vero motivo è che allora c'era un' idea di futuro che oggi non c'è più 
 * Ritengo che tra le priorità del Movimento socialista liberale sia imprescindibile quella del radicamento territoriale, se non si vuole che il nuovo soggetto politico venga percepito come un'iniziativa d'élite.
 Vanno programmati incontri a livello locale, anche per offrire concretamente un'alternativa a quei compagni che non si riconoscono più nell'attuale PSI, riguardo a cui il Movimento deve porsi in concorrenza, ma che desiderano avere in tasca una tessera socialista.
 Il MSL dovrebbe avere la classica struttura partitica, articolata in sezioni e federazioni, tutte dotate di larga autonomia, e comunicare, fin da subito, ai potenziali aderenti, costi e modalità dell'iscrizione.
 Non rinchiudersi nel dibattito di una chat, ma andare verso quella che un tempo si chiamava la base, valorizzando l'apporto di ogni singolo compagno.
 *Del Bue - Allora riepilogo. Le tessere sono quasi pronte. Faremo un'assemblea online degli aderenti alla chat per definire il programma e i responsabili regionali. Il tesseramento va finito entro l'anno? Vedremo. Tra qualche giorno ci sarà un incontro con Calenda per definire le modalità di un'intesa tra tutte le forze che non aderiscono al bipolarismo. Naturalmente per Guastalla io sono a disposizione.
  LIBRI
LIBRI 
 
 -----
 


 -----
 

 ^^^^^^^^^^^^
 
 chiosa editoriale: 
 Ce ne siamo, montalbianament, fatti persuasi: una "ditta" zero tituli.
 Quella che non solo nei tempi attuali si è incapsulata in un “campo”, allestito solo nell'intento di vincere e riguadagnare l'agognato ruolo di gevernance illimitata; ma anche solo, vista l'irrilevanza nei processi formativi e nelle tendenze dei consensi, di contenere la marginalizzazione. Che costituisce il branding di un ciclo (quello della seconda repubblica e della “transizione”) di cui l'ultimo posizionamento in chiave di convergenza populistica di sinistra costituisce, dopo decenni di splendore di potere, il capolinea di una stagione, inaugurata da ben altre sicumere. Insomma,siamo al redde rationem di una strategia, di cui “la Bolognina” col cambio simbolico di nome e simbolo avrebbe potuto/dovuto essere il primo passo di una lunga marcia in direzione di un corso riformatore, ma che si è rivelata una sorta di Vietnam (con grave ricaduta sui generali equilibri politici generali del sistema politico) per un protagonista, obnubilato dalla presunzione (un po' come lo fu per “la balena bianca”) della predestinazione/inamovibilità per il ruoli di governo (con ovvia tassativa esclusione di quello che imporrebbe, di fronte alla perdita di consenso, di rimboccarsi le maniche e di riallestire le idee ed i programmi per riaccreditarsi). Di fronte a questo drammatico “salto di specie” imposto dalla scivolata degli eventi piuttosto che dalle consapevolezze al PD, più che capofila prevalent partner dell'alleanza mutevole nelle denominazioni (Progressisti, Ulivo ecc), balza (per la sua solitudine) il verdetto di Bersani: “Manca un progetto per l'alternativa...”. Ma dire "basta populismo", come proclamano alcuni rari impavidi "riformisti" dem, non è sufficiente. Perché la "furbata" dell'allargato campo (che già nella versione ristretta, dal dopo Renzi in poi, si è rivelata incontrovertibilmente incongrua) appare, ove fosse possibile, ancor più sofferente grazie al "valore aggiunto" conferito dell'apporto del populismo sindacale di Landini. Nella versione sia del recente referendum sia della mobilitazione sul versante dell'internazionalismo antioccidentale. Ergo (e lo diciamo in una visuale molto più larga dalla nostra inscalfibile appartenenza ideale alla testimonianza socialista riformista), necesse ritrovare celermente e inequivocabilmente una "grammatica" capace di esprimere e di testimoniare nella realtà politica, culturale, sociale e civile il senso ideale di una società ispirata dalle istanze di giustizia e di valore del lavoro e di un accresciuto ruolo della partecipazione degli strati medio assieme alla vita pubblica. In cui l'accezione "Riformista" serve a qualficicare le dinamiche di testimonianza e di perseguimento delle finalità strategiche di un progetto identificato con l'acquisizione della forma liberaldemocratica, politica ed istituzionale, ispirata alla democrazia politica, sociale ed economica ed alle più elevate forme laburistiche di compartecipazione al mercato sociale ed alla gestione della programmazione strategica ed ai processi produttivi
 “Rimettere al centro di tutto il futuro della società e la vita delle persone”, giustamente afferma Violante (che sul punto avrebbe potuto essere maggiormente testimoniante durante la lunga ed importante carriera napoleonica nelle file del PDS, DS, PD).
 Il controcanto di queste facili vulgate apparentemente auto emendative, viene recentemente da Galli della Loggia: “la sinistra è convinta che, a differenza di quelli dei sui competitors, i suoi valori e proposte solo essi sono dalla parte giusta. Perché sono eticamente superiori, aspirano solo essi al bene, esprimono il bene contro il male. Di essere dalla parte della storia, rappresentando in esclusiva il progresso.”
 Non si caverà un ragno dal buco se la sinistra persisterà in queste vulgate manifestamente finalizzate a tappare, appunto, buchi irrimarginabili con tamponi tattici.
 "Prima i contenuti" non è, cominciando si è sostenuto a margine della recente convention dei (speriamo) redivivi "riformisti" dem, non è e non un "mantra" funzionale ad accreditare una postura suscettibile di fissare (per ragioni prevalentemente mediatiche e di appealing) un "paletto" per un inedito e si spera fecondo percorso di convergenza e di armonizzazione dei capisaldi progettuali. Senza dei quali (ovviamente predestinati alla sintesi condivisa in forma di aggregato teorico, un tempo si usava dire ideologico, capace di dare identità e background) anche la più nobile delle intenzioni di dare sostanza ad un polo riformista resterà una delle più pie illusioni.
 Saremmo omissivi rispetto ad un contributo editoriale, esordito con la proposizione di tutto il pregevole lavoro di elaborazione e di progetto di Montegrotto (che indichiamo ai nostri lettori, specie quelli di rito socialista riformista) ed all'impegno editoriale sotteso nella rubrica libri, se non fossimo chiari anche verso noi stessi.
 Non serve un "centro" panacea delle ansie e degli struggimenti dei portatori di apolitude, che scendono in corsa da esperienze militanti sfasciate, da meditate consapevolezze di incompatibilità di prosieguo dell'esperienza, che sono alla ricerca di lidi di approdi per affermare concretamente la volontà di testimoniare ideali e progetti politici. Ma per far questo non basta evocare "il centro" come mera location di chi non sta né con il CD né col csx. Non una patria a prevalente posizionamento geometrico. Bensì un contenitore di fermenti progettuali espressi in senso riformistico. Se non altro per tentare di rispondere a qualche inquietante domanda. Tipo: Dov'è finita la politica oggi? In un pozzo di discredito, in una palude di utopie,.di ideologismi a buon mercato. In tal modo contribuiremmo non a rassicurare, ma ad almeno consapevolizzare del fatto che viviamo in una società prigioniera del presente che non progetta il futuro e non ha memoria del passato. 
 -----