I doveri costituzionali
Alla fine di ogni anno è consuetudine auspicare impegni e proponimenti per quello successivo.
Vista la persistente e claudicante etica delle responsabilità in essere, ritengo di grande attualità la riscoperta ed il rilancio dei doveri dei cittadini, intrecciati con i diritti previsti nella nostra Costituzione.
In sintesi, ricordo i seguenti articoli:
- Art. 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
- Art. 4. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. - Art. 30. È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. ( … )
- Art. 48. Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. ( … ) - Art. 52 La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.
Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. ( … ) - Art. 53. Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività. - Art. 54.Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi.
I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge. - Art. 67.. Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.
- Art. 98.I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione. ( … )
A fronte di una classe politica dirigente, non più rappresentativa della maggioranza degli elettori italiani, di una fase istituzionale, culturale, sociale ed economica, tutt'altro che promettente, occorre vincere ogni reticenza e senza altri indugi, contrastare più apertamente ogni approfittatore.
Restare agnostici di fronte a comportamenti palesemente contrastanti le indicazioni costituzionali, significa mancare gravemente di svolgere appieno i compiti riconosciuti ai cittadini dalla Carta Costituzionale, a supporto del nostro sistema democratico, indebolitosi in diversi ambiti.
Ai socialisti in senso lato, in particolare, ricordo quanto Carlo Rosselli, (ucciso dai fascisti insieme al fratello Nello, nel 1937 ) propugnatore del socialismo liberale, suggeriva loro circa la necessità di farsi esempio di una rivoluzione morale, che non si decreta dall'alto, ma si costruisce tutti i giorni dal basso, nelle coscienze, nei sindacati, nella cultura.
Nell'interesse generale, spero quindi che nel 2025, si manifestino segnali coerenti con le indicazioni sopra riassunte.
Auguri.
Rassegna della stampa correlata
Dunque uscirà a gennaio il libro di Aldo Cazzullo intitolato: “Craxi, l'ultimo vero politico”. Se il titolo non inganna questo riconoscimento porta a due inevitabili conseguenze. E cioè che la magistratura ha eliminato l'ultimo vero politico recando danni all'Italia e che dopo di lui di veri politici non ne sono usciti più. Certo, si dirà, i reati vanno perseguiti. È obbligatorio. Ma nei due processi passati in giudicato, quello Eni Sai e quello sulla metropolitana milanese, la prova esibita è consistita in quel “non poteva non sapere”, teorema che si è applicato a lui solo. È vero che uno dei gestori dei conti esteri ha dichiarato che i soldi in esso contenuti appartenevano a Craxi in persona ma questo doveva essere dimostrato e appurato da un regolare processo che non ci fu. In generale, al di là degli errori politici che Craxi commise dopo l'89 e di una certa spregiudicatezza con la quale gestiva o co-gestiva l'amministrazione del partito, Craxi fu colpito duro proprio per quel che significava il sottotitolo del libro di Cazzullo. Per essere cioè l'ultimo vero politico. E cioè l'unico che si oppose alla fine della prima Repubblica. Che fu la sola e rappresentò una felice stagione del confronto politico e dell'enorme partecipazione popolare. La fine di questa fase della Repubblica può allora essere proprio definita come la fine della politica. Eliminando i partiti storici si eliminava anche il cemento che univa il popolo alle istituzioni repubblicane e agli stessi partiti che ne rappresentavano il cardine costituzionale. Craxi rappresentava l'obiettivo centrale. Il suo reato principale era quello d'essere l'emblema di una forma partitocratica che egli dichiarava apertamente di difendere in tutte le sue forme anche degenerative. Coerente con questa impostazione si auto accusò del finanziamento illecito al suo partito invitando gli altri a fare altrettanto e nessuno lo fece rintanando la testa sotto la sabbia. Si oppose al referendum Segni sulla preferenza unica (nessuno gliel'aveva chiesto) e a quelli sul maggioritario. Si recò personalmente in commissione a difendere il sistema proporzionale citando Il precedente di Turati e don Sturzo. Chiaro che dovesse essere colpito. Anzi eliminato. La fine della politica ha coinciso con la fine di Craxi, che tra i suoi meriti vanta la coerente lotta autonomistica a fianco di Pietro Nenni, i legami coi leader del socialismo europeo, l'appoggio ai dissidenti nei regimi fascisti e comunisti, la particolare attenzione alle esigenze del popolo palestinese, il valoroso ruolo di presidente del Consiglio nella lotta all'inflazione, la sua solidarietà atlantica con l'installazione dei missili a Comiso ma anche l'indipendenza nazionale che dimostrò a Sigonella e condannando i bombardamenti su Tripoli e Bengasi e perfino negando per questi le basi americane in Italia. Ultimo vero politico perchè credeva alla superiorità della politica sull'economia e la finanza. Ultimo vero politico perchè immaginava l'Italia come un grande Paese e pretese che entrasse nel G7. Cazzullo del quale leggeremo attentamente il libro ammette dunque che dopo Craxi non siano nati altri veri politici. Non Berlusconi non Prodi, non D'Alema, non Veltroni, non Renzi, non Salvini e neppure Meloni. È un giudizio che pare drastico. E che immagino approfondirà nel libro. È un giudizio che però parla da solo. Se non sono nati altri veri politici il danno recato all'Italia negli anni novanta con la sua eliminazione per via giudiziaria é stato immane. L'Italia dei misteri, delle bombe che non hanno nome, della mafia, della camorra e dell'ndrangheta, l'Italia del terrorismo rosso e nero, l'Italia del più forte partito comunista d'Occidente finito sotto i calcinacci del muro, ha eliminato il suo ultimo vero politico per finanziamento illecito. Vien da ridere. O da piangere.
Lettere a l'ECO
Unico nostro limite: la diffusione del messaggio
Caro Direttore, ho letto con molto interesse le considerazioni di Virginio Venturelli e le riflessioni ad alta voce, di Mauro del Bue si direbbe così quando uno parla o scrive col cuore in mano liberamente. Mi riferisco all'editing della rubrica n. 42.E anche la riflessione di Del Bue sul riformismo merita un 27, o forse anche 30 senza lode perché è un excursus storico molto interessante.
Sul tema del riformismo io sono sempre stato d'accordo con Turati. Le riforme sono tali se contribuiscono alla distribuzione equa dei beni siano essi materiali o immateriali: cibo, casa, istruzione, sapere, energia democrazia, cioè partecipazione.
Le proposte di Venturelli collimano con l'insieme delle considerazioni di Del Bue entrambe hanno un limite che è quello della diffusione del messaggio. Messaggio, il nostro, un po' ostico ai più a causa della complessità dei ragionamenti. Pochi ormai sono avvezzi a leggere come se si studiasse cioè a coltivare, sviluppare, con la lettura e la riflessione un argomento per accorgersi poi che le proprie convinzioni sono forse errate o riformabili
Limite che negli ultimi decenni la politica ha cercato di risolvere con l'istituzione del partito "personale".
Il capo va in televisione e sui giornali e detta la linea.
Il guaio nostro, dei socialisti, è che abbiamo quasi nessuno che ha udienza sulle TV e sui grandi giornali. Anche sui social siamo handicappati perché il nostro elettorato è un po' anziano.
Non molto meglio l'area riformista perché i vari capi e capetti quando arrivano in TV tendono a difendere o a parlare degli aspetti che più interessano la loro coalizione, tutti, nessuno escluso, da più Europa, alla Bonino (portella direbbero a Roma) a Renzi e Calenda. Quest'ultimo per la sua storia personale è quello che ha più spazi ma "buca" poco lo schermo.
Nel 2025 celebreremo gli ottanta anni dalla Liberazione.
È fondamento della Repubblica e presupposto della Costituzione, che hanno consentito all'Italia di riallacciare i fili della sua storia e della sua unità.
Una ricorrenza importante. Reca con sé il richiamo alla liberazione da tutto ciò che ostacola libertà, democrazia, dedizione all'Italia, dignità di ciascuno, lavoro, giustizia.
Sono valori che animano la vita del nostro Paese, le attese delle persone, le nostre comunità. Si esprimono e si ricompongono attraverso l'ampia partecipazione dei cittadini al voto, che rafforza la democrazia; attraverso la positiva mediazione delle istituzioni verso il bene comune, il bene della Repubblica: è questo il compito alto che compete alla politica.
Siamo chiamati a consolidare e sviluppare le ragioni poste dalla Costituzione alla base della comunità nazionale. È un'impresa che si trasmette da una generazione all'altra.
Perché la speranza non può tradursi soltanto in attesa inoperosa.
La speranza siamo noi. Il nostro impegno. La nostra libertà. Le nostre scelte.
Buon anno a tutti!
Scontato che l'estratto dell'apprezzabilissimo messaggio di fine anno del Capo dello Stato rafforzi l'attendibilità del baricentro della riflessione di Virgilio Venturelli (quella che apre questo editing della rubrica, come le precedenti). La offriamo allo sforzo di approfondimento e di consapevolezza dei nostri lettori. Tutti! Quelli che sono coerenti testimoni (senza nostalgismi, please!) degli ideali del movimento socialista (che fu), quelli che faticano a districare i loro riferimenti nei meandri della storia che è finita, della politica illiquidità, della militanza diventata leggera. Ça va sans dire, come più o meno esplicitamente esternano i protagonisti dell'approfondimento di questa rubrica, che non apparteniamo alla cerchia “del federale” (nell'accezione cinematografica) proteso a protrarre oltre la fattualità e il raziocinio forme di testimonianza politica del tutto avulsa dal contesto.
Il nostro confronto si svolge restando ancorati alla storia ed alla cultura politica, in uno sforzo di allargamento della visuale, finalizzato alla armonizzazione ed alla convergenza dei capisaldi diventati comuni ad una fascia di pensiero aggregata dagli accadimenti delle ultime tre decadi.
“I socialisti non hanno udienza sulle TV e sui grandi giornali”. Più che una recriminazione, sottointendente la segnalazione di una violata par condicio, ci sembra un dato di fatto. Di cui i portatori (nell'agone politico) dei valori del lib-lab (liberaldemocrazia, laburismo o, se si preferisce, liberalsocialismo) dovranno tener ben conto, se non vorranno appartenere a lungo e infecondamente ad una delle riserve di veterans un po' patetici.
A dire il vero, e in difformità con l'assunto di Gaboardi, non del tutto vero l'ostracismo praticato dai giornali a danno dei potenziali comunicatori del campo socialista.
Sorprendentemente e quasi inspiegabilmente (alla luce dell'estromissione del “prodotto” dal mercato politico-istituzionale) da qualche mese tengono molto la scena alcuni “colonnelli” del ciclo craxiano. Sospettiamo che la ragione risieda non già in qualche recondito proposito di alcuni segmenti dei “poteri” di rilanciare, si sa mai, qualche chance di ritorno. Pensiamo, invece, che queste aperture siano dettate da qualche aspettativa di marketing nella platea dei lettori.
Sia come sia non lasceremo di intentato, nelle prossime edizioni, per “vedere le carte” delle esternazioni dei persi di vista. Il prossimo numero della rubrica verrà dedicato alla rivisitazione degli accadimenti di questo ultimo terzo di secolo. Già come è passato il tempo!