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La sinistra e la questione socialista /15

  09/01/2023

Di Redazione

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Abbagli

La serie dei socialisti che abbandonano le organizzazioni che si ispirano espressamente alla tradizione socialista, per andare a sostenerla, inutilmente, in altri partiti, è assai numerosa.

Paolo Carletti, ex segretario del PSI cremonese, oggi iscritto al PD, motiva il suo sostegno a favore di Elly Schlein, perché ravvisa il bisogno di un nuovo movimento socialista, saldamente legato alle socialdemocrazie europee.

Questa ultimo auspicio, ovviamente, è condiviso da tutti i gruppi della diaspora socialista, ma nessuno crede nei candidati alla segreteria del Partito Democratico, finché i loro riferimenti storici e culturali continuano a restare esclusivamente quelli rappresentati da Moro e Berlinguer.

Mai una volta che qualcuno ammetta, onestamente, al di là di qualche gratificazione personale, i propri abbagli nel cambio dei partiti di militanza.

Il rimpasto delle correnti interne del PD, in vista del prossimo Congresso, non prefigura per nulla quello che sarebbe necessario, e cioè: una fase radicalmente ricostituente l'area socialista italiana.

Questo è il nostro obiettivo da tempo, ancora mancato proprio a causa di tutti coloro che si dichiarano socialisti, da sponde e Partiti in cui il termine continua ad essere impronunciabile. 

Per la Comunità socialista provinciale: Virginio Venturelli.

Sovente mi chiedo come tramite libere elezioni...

Gentile direttore, sovente mi chiedo come tramite libere elezioni la destra sia arrivata a governare. All'inizio accusavo l'alta percentuale di assenteismo; ma poi ho pensato che non è onesto gettare sempre la colpa sugli altri, penalizzati forse più dei votanti perché ancora più disorientati. Io stessa vado a votare seguendo l'idea che ho nel cuore e l'affido a quel partito che un tempo seguiva e custodiva gli ideali di libertà, uguaglianza e democrazia. Ma la mia buonafede è ben riposta?? I vari programmi dei partiti sembrano ricalcati uno sull'altro, viaggiano le promesse, si stringono alleanze all'ultimo minuto. Un carosello che stenti a seguire e soprattutto ad apprezzare. A chi dare fiducia quindi?

Assicurare di far rivivere il nucleo e il comportamento di chi cercava onestamente di “far bene “, son  talmente cambiati i tempi che è diventato impossibile. Cercare di creare dal nuovo un ibrido che gli assomigli impensabile …”En “ sguasaròt” di idee che si scontrano e si perdono a seconda del vento propizio o contrario. Il mio voto che senso ha? Anche chi ha votato l'attuale maggioranza per protesta o per nostalgia (?) può ritenersi appagato?

Mi attira l'idea di ritirarmi in un angolo appartato per riaccostarmi ad un passato non contaminato da ciò che il fluire degli avvenimenti ha deteriorato. Volersi gettare “nel calderone” ora riusciremmo a ottenere giustizia sociale, interessamento per le cassi più deboli? Se ne parla sempre ma poi tutto si allontana, torna un miraggio.

I valori in cui si è sempre creduto rimangono: interessante seguire la strada compiuta per onorarli, non perderla ma eventualmente trovare gli accorgimenti per evitare inganni e   cattive compagnie. Direttore, mi sento già meglio… ci sarà speranza per un miglior futuro? La ringrazio e cordialmente La saluto 

Clara Rossini, Cremona, 7 gennaio 2023.

Neanche il tempo di…

…impaginare, postare ed inviare il link che, come cacio sui maccheroni, arriva (non perché ci manchi… anzi) materiale per proseguire il focus tematico (sulle criticità in cui versa la, lato sensu, sinistra).

Apparentemente, ognuno per sé e dio per tutti e nella propria tana, mantenendo la propria visuale e i propri indefettibili convincimenti, ipnotizzati dalla certezza monocorde della autoreferenzialità e dell'auto-sussistenza.

E tutto ciò non perché ci sia grasso che cola, in termini di abbondanza di idealismi, visioni strategiche e progettuali, di feconda tensione dialettica. Semplicemente perché tutto ciò, che sarebbe aderente alla mission di una testimonianza a minimo sindacale della sinistra, viene oscurato da una narrazione out the radar della vita normale.

Alti lai, botte da orbi, sconnessione dalla domanda latente di un'offerta, intrisa di idealismi e di rimodulazione di una società boccheggiante e, dio non voglia, incamminata verso prospettive poco inclini a tutto quanto fin qui narrato e testimoniato.

Insomma, come disse, Guicciardini: la chiusura nel particolare è dedotta dalla natura umana, contraddistinta da un cinismo privo di principio universale, cui anche la politica dovrebbe rapportarsi.

Ognuno (nel “campo”, più o meno largo o stretto) si immagina un gioco che non c'é…e, se c'è, vede questi players in tribuna.

Il declino della sinistra dura da un ventennio e non è solo un fenomeno italiano. Nei paesi scandinavi e in Germania la crisi è meno grave, perché la capacità della sinistra di mantenere la rappresentanza dei gruppi sociali più disagiati è stata maggiore. È stata maggiore perché hanno praticato un welfare più selettivo e meno parassitario. Per cui, con standards di finanza pubblica più virtuosi, oggi, in presenza di picchi di disagio, possono allargare i cordoni della borsa. In tal modo corrispondendo ai ceti di riferimento Diversamente dalle politiche di espansione della spesa pubblica in Italia. Dove, si è concentrata sul terreno dei diritti civili (emancipazione femminile, tematiche lgbtq+, immigrazione) ma ha trascurato le classi più disagiate con un'offerta politica poco differenziata dalla destra e dal populismo (de regolazione del mercato del lavoro e socioeconomico).

Emancipare le fasce più deboli, non solo assisterle.

I partiti scandinavi hanno conciliato la redistribuzione con la crescita. Cui hanno non poco contribuito culture e pratiche di compartecipazione

Politiche di redistribuzione non assistenziali e solida concertazione sociale. A ben vedere minimalistici standards per un aggregato teorico e militante, che, come ha scandito recentemente un capo corrente, ambisce, dopo essere stato l'asse pigliatutto dalla seconda repubblica in poi, a ridiventare il “baricentro” dell'area di centro-sinistra (che, dalla “purga” inflitta a Renzi in poi, ha dimezzato il consenso elettorale e polverizzato quello di identificazione dei ceti di riferimento).

La pratica del modello mediatico-leaderistico, ispirato dalla verticalizzazione e dalla polarizzazione, ha finito per disassare, con l'indotto di quel “villaggio globale” che l'ha fortemente indebolito quasi ad annullarla, la democrazia rappresentativa. Dinamica che, facendo di ogni erba un fascio sul terreno della caratterizzazione dei livelli tematici e istituzionali, ha in qualche modo manomesso l'impianto della rete dei poteri.

Insomma, e senza minimamente voler essere eccessivamente severi sul percorso performante del trentennio di seconda repubblica, ci troviamo di fronte desolatamente ad una sinistra senza popolo e senza alcun progetto di governance e di rimodulazione strategica della società e delle istituzioni.

L'ultimo contributo progettuale (si fa per dire, perché in realtà trattasi di un tentativo di risolvere le discontinuità rispetto alle pratiche massimaliste presenti nella storia del prevalent partner PCI e di cercare una sintesi con l'eredità della sinistra DC, meno “sociale” di quanto si pensasse e si pensi) è stato Il “manifesto costitutivo del PD nel 2008” (Mirafiori). Già debole in quanto ancorato su un incerto equilibrio tra neoliberismo e spinta riformistica, che dovrebbe, come postulano in molti tra cui alcuni estensori di allora, essere aggiornato. Ovviamente se esistessero reali e consone volontà.

Que reste-t-il, di quella “svolta”, che avrebbe voluto dare continuità e profondità strategica agli annusamenti della declamazione del “compromesso storico”, dei governi di solidarietà nazionale, degli “Ulivi” e di quant'altro si pose in prospettiva di non ritorno e, comunque, di rifiuto di ricerca del percorso di approdo alla armonizzazione e convergenza del modello socialdemocratico e popolare della tradizione europea.

Già que reste-t-il? Resta, in tutta la sua disarmante evidenza, un ircocervo, come direbbe Togliatti, PD un aggregato di “correnti” (altro che quelle della balena bianca!). Nella cui ratio e nelle cui metodiche pratiche è del tutto assente l'impronta dei richiami idealistici e teorici; ad eccezione di quelle che non hanno mai davvero rotto con la tradizione comunista. E non a caso testimoniano nella contemporaneità il richiamo di un rapporto prevalente se non esclusivo con il populismo grillino!

E veniamo, nelle conclusioni di questa ampia analisi dello stato delle cose, affrontato nello spirito del riconoscersi nella sinistra (my country, right or wrong), ma stando bel lontano da “contaminazioni”, né appropriate né feconde di risultati.

Precisazione questa che, in aggiunto alle consapevolezze del quadro generale, ci è imposta sia dal miglior modo di essere testimone delle operazioni in corso sia dal proposito di non distaccarcene (snobisticamente).

I contributi di Venturelli e di Rossini dicono delle consapevolezze sia pure esterne, ma anche del raccapriccio di questa inarrestabile corsa verso il precipizio.

È noto e palese che è in corso nel PD un…un (?) …un (vabbé gettiamo un benevolo cuore oltre l'ostacolo della difficile qualificazione) “confronto”. Sarebbe stato meglio il format di un'assise (ri) costituente, suscettibile di tradursi in un'autocritica e di una revisione programmatica e in una rimodulazione della forma di essere movimento, nella società e nelle istituzioni.

Evidentemente, ciò che è in atto (il congresso a mezzo “primarie”) non era e non è nei propositi dei gestori dei “resti di quello che fu il protagonista di trent'anni di vita pubblica, costretti a risalire in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza.

Questa opzione di rilancio non solo non è la soluzione del problema ma è il problema.

Infatti, assomiglia più, volendo genericamente essere “più popolare e meno populista” (come sostiene il più accreditato concorrente), agli istinti dei cani da pagliaio che rincorrono tutto.

A prescindere dalla sincera volontà di ridefinire la mission del partito, ciò che è in corso ha tutte le caratteristiche di un derby tra “correnti” e leader, alla ricerca di un vantaggio di posizioni interne.

Nessun partito in Europa pratica le primarie aperte. E ciò costituisce una prima vistosa anomalia. L'altra (ci fa strabuzzare gli occhi) è rappresentata dalla manifesta circostanza di un uso artefatto e travisato delle suggestioni “socialiste”. Che, volendo e dovendo essere sinceri, non sono mai appartenute alle premesse e ai percorsi del PD (nonostante l'appartenenza all'Internazionale Socialista e al gruppo S&D europeo).

Poi, mica possiamo sanzionarli noi, se continuassero in questo uso strumentale di ascendenze 8in cui non si sono mai riconosciuti).

Sorprende questa disinvoltura nel richiamarsi (e lo diciamo con il dovuto rispetto) ad una tradizione mai appartenuta nella remota e nella più recente storia della sinistra italiana.

Evidentemente i socialisti non sono più marchiati dalla lettera scarlatta.

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