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Focus Gaza

  28/07/2025

Di Redazione

Focus+Gaza

Nei giorni scorsi abbiamo ripreso, con un editoriale del Direttore de La Giustizia dedicato ad un'ampia analisi della profonda crisi mediorientale, questa rubrica che ha lo scopo di segnalare ai lettori del bacino socialista la testimonianza (in questo caso costante, in quanto La Giustizia, riferimento dell'Associazione Liberalsocialista, ha una cadenza quasi quotidiana) della rete di testate e di associazioni di area. Con questa edizione della rubrica abbiamo scelto di “stare sul pezzo” di  un incombente tema di politica estera, rappresentato dalla vicenda di Gaza, riproponendo allo scopo un secondo editoriale del Direttore de La Giustizia Mauro Del Bue. E, soprattutto, l'interessantissimo editoriale di Domenico Cacopardo, apparso sulla Gazzetta di Parma.  A seguire alcune lettere dei Lettori Eco e una breve chiosa finale della direzione di questa testata.

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RASSEGNA DELLA STAMPA CORRELATA

Sembra lontana la fine della Guerra di Gaza

di Domenico Cacopardo

Papa Leone XIV ­-  come da sua abitudine (utilizzare ogni occasione pubblica per affermazioni importanti)- lunedì 21 Luglio 2025 ha detto -nell'Angelus pronunciato a Castel Gandolfo- parole pesanti rispetto alla situazione bellica nella Striscia: «A Gaza si fermi subito la barbarie della guerra, no spostamento forzato della popolazione …» Ha quindi espresso dolore per l'attacco alla parrocchia cattolica di Gaza e pregato per le vittime. Ha chiesto il rispetto del diritto umanitario e fermamente condannato l'uso indiscriminato della forza. Ai cristiani del Medio Oriente: «Grazie per la vostra testimonianza di fede.»

Ed ha aggiunto due concetti risolutivi e pienamente centrati dal punto di vista giuridico, strategico e militare: «… rispettare l'obbligo di tutela dei civili, nonché il divieto di punizione collettiva, di uso indiscriminato della forza e di spostamento forzato della popolazione.»

Il che significa ricordare al mondo che la deportazione dei gazawi (di questo si tratta) è classificato come crimine di guerra. Una constatazione cruciale nell'era della legge della forza e dell'anarchia internazionale. Ho poi ascoltato (ma non l'ho letto riportato dalle cronache) Leone XIV sostenere che questa politica di deportazione non porterà mai Israele alla vittoria. Il che costituisce un'altra affermazione condivisibile e profonda: la violenza come modalità per determinare il trasferimento di poco più di 2 milioni di gazawi porta seco un carico d'odio nelle vittime, paragonabile a quelli che portarono e portano le vittime del nazismo, a prescindere dalla diverse caratteristiche dei due fenomeni, peraltro ben diversi e onestamente non paragonabili in un'orrenda classifica della ferocia. Fra parentesi, di una questione del genere dovrebbero occuparsi gli Stati Uniti di Trump in relazione alle deportazioni e reclusioni di massa per gli immigrati. Un esempio di ferocia inumana.

Vedete, lettori cari, scorrendo i social, si incontra di sovente una domanda, sempre la stessa: «Perchè?»Molti si esercitano nella non difficile demolizione della figura del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, raggranellando indizi e prove di un'indole criminale che si esercita nel colpire gli arabi di Gaza e tanti altri arabi dell'area.

Se ci si allontana emotivamente, si può constatare la funzione educativa e morale esercitata da Papa Leone XIV che dal suo mentore Agostino di Ippona trova le parole giuste per opporsi alla barbarie: spiegare le ragioni fondamentali di un cristianesimo che nasce intorno al culto di un Dio misericordioso per aderire con tutto se stesso trasformando il richiamo in una vita missionaria ed evangelica. Il fedele «spettatore» diventi attore e testimone. Probabilmente i tempi di Dio sono lenti e non sono idonei a determinare il cambiamento immediato delle tragiche situazioni della Striscia. Prendiamo dunque un'altra strada, cerchiamo quali siano le ragioni di Netanyahu e di gran parte della sua gente, quelle ragioni che hanno cancellato i valori di umanità  spingendo Israele sulla via di una persecuzione che agli occhi dei più appare cieca.

Questa parte di storia, si coagula intorno al 2005, quando il premier Aaron Sharon, l'eroe della guerra dello Jom Kippur (bloccato coi suoi carri alla periferia del Cairo dagli americani), in attuazione degli accordi di pace (tra Autorità palestinese e Israele) stipulati Oslo, ritirò le sue truppe dalla Striscia, con l'intento di rendere quel territorio (nel frattempo in via di trasformazione nel giardino delle primizie del Mediterraneo, mediante l'installazione di un gran numero di dissalatori, la bonifica di aree desertiche trasformate in aree produttive) ai palestinesi.

Mentre l'Autorità palestinese era persa nelle proprie inefficienze e tardava ad assumere il controllo della Striscia, Hamas -l'organizzazione finanziata dell'Iran e diretta da un ceto di terroristi ben addestrati e armati-, prese il potere soggiogando la popolazione araba.

Quasi vent'anni di lavoro in profondità hanno trasformato Gaza in un'area potentemente armata: centinaia di chilometri di cunicoli scavati nel deserto costituiscono il sistema nervoso delle forze terroristiche, sempre armate e finanziate dall'Iran, sino all'8 ottobre 2023, il giorno di un altro Olocausto: l'Operazione Diluvio al-aq?è consistita in una serie di attacchi di gruppi armati, provenienti con conseguente uccisione di 1200 civili e militari israeliani, e nel rapimento di circa 250 di questi, avvenuto il 7 ottobre 2023 nel territorio di Israele, pianificato e operato da ?amas, con il sostegno di altre milizie palestinesi.

In un solo giorno, 859 civili israeliani, 278 soldati (307 secondo altre fonti[) e 57 membri delle forze dell'ordine sono stati uccisi in località, kibbutz e basi militari nei dintorni della Striscia. I miliziani di Hamas hanno attaccato anche un festival musicale, il Nova festival, a cui partecipavano all'incirca 3 000 giovani, uccidendo 364 partecipanti e rapendone 44. Circa 250 persone, di cui circa 30 bambini, sono state rapite e portate via come ostaggi. L'attacco di Hamas, è stato ufficialmente intrapreso con l'intento di rispondere alle azioni provocatorie delle forze israeliane svolte nella Moschea al-Aqsa di Gerusalemme e alle violenze perpetrate nei campi dei rifugiati in Cisgiordania. Due anni quasi tre di conflitto ci hanno detto quali siano gli obbiettivi di Israele, anzi l'unico, prioritario scopo di questa guerra: sottrarre il popolo palestinese di Gaza alla presa di Hamas. Perciò queste azioni militari in corso per costringere i gazawi a lasciare la Striscia, isolando così indirettamente gli uomini di Hamas.

Non ci saranno tregue o armistizi in questa lotta. Si combatte per una vittoria che non è facile anche se il mondo sunnita nei fatti sostiene Netanyahu, perché vuole neutralizzare Hamas ed hezbollah. Ciò significa che dobbiamo aspettarci nuovi orrori, nuove stragi, benché il tracollo di Hamas non sembra avvicinarsi. Solo un argomento per evitare di precipitare nell'abisso: diffondere la consapevolezza che la linea scelta da Israele determinerà la crescita esponenziale dell'odio nei confronti del mondo ebraico e mobiliterà crescenti numeri di musulmani nella lotta anti-Israele.

Guardate gli almanacchi e rendetevi conto delle popolazioni in campo: 7.000.000 di cittadini dello stato di Israele (74% ebrei; contro 1 miliardo di sunniti e tra 130 e 200 milioni di sciiti): lo squilibrio delle forze in campo non è tale da consegnare significative speranze a Netanyahu.

Se questo è il paradigma proposto dalla guerra imposta da Hamas, con una presenza significativa di una popolazione sottoposta al ricatto non è detto che Israele debba sottostarvi contribuendo a stragi la cui responsabilità ha finito per coinvolgere i due contendenti. Questa sarebbe la ragione politica, etica e militare per dire basta e cambiare passo.

Ci sarebbe altresì qualcosa da fare e di lungo periodo: una missione europea di interposizione che garantisca la pace in quella piccola area, separando terroristi e israeliani per tutto il tempo necessario. Così l'Europa potrebbe esporre al mondo la sua anima civile e democratica, riacquistando quel poco o quel tanto di ruolo che mai è riuscita pienamente a onorare (vedi Balcani). Su questa via l'Unione europea avrebbe un ruolo cruciale da svolgere.

This is Europe's moment Stronger together Domenico Cacopardo (Kakoπ?ρδ?σ) www.cacopardo.it Presidente di s. del Consiglio di Stato r. strada N. Bixio 41 43125 Parma www.cacopardo.it

RASSEGNA DELLA STAMPA CORRELATA

Sembra lontana la fine della Guerra di Gaza

di Domenico Cacopardo

Papa Leone XIV ­-  come da sua abitudine (utilizzare ogni occasione pubblica per affermazioni importanti)- lunedì 21 Luglio 2025 ha detto -nell'Angelus pronunciato a Castel Gandolfo- parole pesanti rispetto alla situazione bellica nella Striscia: «A Gaza si fermi subito la barbarie della guerra, no spostamento forzato della popolazione …» Ha quindi espresso dolore per l'attacco alla parrocchia cattolica di Gaza e pregato per le vittime. Ha chiesto il rispetto del diritto umanitario e fermamente condannato l'uso indiscriminato della forza. Ai cristiani del Medio Oriente: «Grazie per la vostra testimonianza di fede.»

Ed ha aggiunto due concetti risolutivi e pienamente centrati dal punto di vista giuridico, strategico e militare: «… rispettare l'obbligo di tutela dei civili, nonché il divieto di punizione collettiva, di uso indiscriminato della forza e di spostamento forzato della popolazione.»

Il che significa ricordare al mondo che la deportazione dei gazawi (di questo si tratta) è classificato come crimine di guerra. Una constatazione cruciale nell'era della legge della forza e dell'anarchia internazionale. Ho poi ascoltato (ma non l'ho letto riportato dalle cronache) Leone XIV sostenere che questa politica di deportazione non porterà mai Israele alla vittoria. Il che costituisce un'altra affermazione condivisibile e profonda: la violenza come modalità per determinare il trasferimento di poco più di 2 milioni di gazawi porta seco un carico d'odio nelle vittime, paragonabile a quelli che portarono e portano le vittime del nazismo, a prescindere dalla diverse caratteristiche dei due fenomeni, peraltro ben diversi e onestamente non paragonabili in un'orrenda classifica della ferocia. Fra parentesi, di una questione del genere dovrebbero occuparsi gli Stati Uniti di Trump in relazione alle deportazioni e reclusioni di massa per gli immigrati. Un esempio di ferocia inumana.

Vedete, lettori cari, scorrendo i social, si incontra di sovente una domanda, sempre la stessa: «Perchè?»Molti si esercitano nella non difficile demolizione della figura del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, raggranellando indizi e prove di un'indole criminale che si esercita nel colpire gli arabi di Gaza e tanti altri arabi dell'area.

Se ci si allontana emotivamente, si può constatare la funzione educativa e morale esercitata da Papa Leone XIV che dal suo mentore Agostino di Ippona trova le parole giuste per opporsi alla barbarie: spiegare le ragioni fondamentali di un cristianesimo che nasce intorno al culto di un Dio misericordioso per aderire con tutto se stesso trasformando il richiamo in una vita missionaria ed evangelica. Il fedele «spettatore» diventi attore e testimone. Probabilmente i tempi di Dio sono lenti e non sono idonei a determinare il cambiamento immediato delle tragiche situazioni della Striscia. Prendiamo dunque un'altra strada, cerchiamo quali siano le ragioni di Netanyahu e di gran parte della sua gente, quelle ragioni che hanno cancellato i valori di umanità  spingendo Israele sulla via di una persecuzione che agli occhi dei più appare cieca.

Questa parte di storia, si coagula intorno al 2005, quando il premier Aaron Sharon, l'eroe della guerra dello Jom Kippur (bloccato coi suoi carri alla periferia del Cairo dagli americani), in attuazione degli accordi di pace (tra Autorità palestinese e Israele) stipulati Oslo, ritirò le sue truppe dalla Striscia, con l'intento di rendere quel territorio (nel frattempo in via di trasformazione nel giardino delle primizie del Mediterraneo, mediante l'installazione di un gran numero di dissalatori, la bonifica di aree desertiche trasformate in aree produttive) ai palestinesi.

Mentre l'Autorità palestinese era persa nelle proprie inefficienze e tardava ad assumere il controllo della Striscia, Hamas -l'organizzazione finanziata dell'Iran e diretta da un ceto di terroristi ben addestrati e armati-, prese il potere soggiogando la popolazione araba.

Quasi vent'anni di lavoro in profondità hanno trasformato Gaza in un'area potentemente armata: centinaia di chilometri di cunicoli scavati nel deserto costituiscono il sistema nervoso delle forze terroristiche, sempre armate e finanziate dall'Iran, sino all'8 ottobre 2023, il giorno di un altro Olocausto: l'Operazione Diluvio al-aq?è consistita in una serie di attacchi di gruppi armati, provenienti con conseguente uccisione di 1200 civili e militari israeliani, e nel rapimento di circa 250 di questi, avvenuto il 7 ottobre 2023 nel territorio di Israele, pianificato e operato da ?amas, con il sostegno di altre milizie palestinesi.

In un solo giorno, 859 civili israeliani, 278 soldati (307 secondo altre fonti[) e 57 membri delle forze dell'ordine sono stati uccisi in località, kibbutz e basi militari nei dintorni della Striscia. I miliziani di Hamas hanno attaccato anche un festival musicale, il Nova festival, a cui partecipavano all'incirca 3 000 giovani, uccidendo 364 partecipanti e rapendone 44. Circa 250 persone, di cui circa 30 bambini, sono state rapite e portate via come ostaggi. L'attacco di Hamas, è stato ufficialmente intrapreso con l'intento di rispondere alle azioni provocatorie delle forze israeliane svolte nella Moschea al-Aqsa di Gerusalemme e alle violenze perpetrate nei campi dei rifugiati in Cisgiordania. Due anni quasi tre di conflitto ci hanno detto quali siano gli obbiettivi di Israele, anzi l'unico, prioritario scopo di questa guerra: sottrarre il popolo palestinese di Gaza alla presa di Hamas. Perciò queste azioni militari in corso per costringere i gazawi a lasciare la Striscia, isolando così indirettamente gli uomini di Hamas.

Non ci saranno tregue o armistizi in questa lotta. Si combatte per una vittoria che non è facile anche se il mondo sunnita nei fatti sostiene Netanyahu, perché vuole neutralizzare Hamas ed hezbollah. Ciò significa che dobbiamo aspettarci nuovi orrori, nuove stragi, benché il tracollo di Hamas non sembra avvicinarsi. Solo un argomento per evitare di precipitare nell'abisso: diffondere la consapevolezza che la linea scelta da Israele determinerà la crescita esponenziale dell'odio nei confronti del mondo ebraico e mobiliterà crescenti numeri di musulmani nella lotta anti-Israele.

Guardate gli almanacchi e rendetevi conto delle popolazioni in campo: 7.000.000 di cittadini dello stato di Israele (74% ebrei; contro 1 miliardo di sunniti e tra 130 e 200 milioni di sciiti): lo squilibrio delle forze in campo non è tale da consegnare significative speranze a Netanyahu.

Se questo è il paradigma proposto dalla guerra imposta da Hamas, con una presenza significativa di una popolazione sottoposta al ricatto non è detto che Israele debba sottostarvi contribuendo a stragi la cui responsabilità ha finito per coinvolgere i due contendenti. Questa sarebbe la ragione politica, etica e militare per dire basta e cambiare passo.

Ci sarebbe altresì qualcosa da fare e di lungo periodo: una missione europea di interposizione che garantisca la pace in quella piccola area, separando terroristi e israeliani per tutto il tempo necessario. Così l'Europa potrebbe esporre al mondo la sua anima civile e democratica, riacquistando quel poco o quel tanto di ruolo che mai è riuscita pienamente a onorare (vedi Balcani). Su questa via l'Unione europea avrebbe un ruolo cruciale da svolgere.

This is Europe's moment Stronger together Domenico Cacopardo (Kakoπ?ρδ?σ) www.cacopardo.it Presidente di s. del Consiglio di Stato r. strada N. Bixio 41

43125 Parma www.cacopardo.it

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L'editoriale  Mauro Del Bue La tragedia di Gaza

Non voglio ripetere le premesse che immagino i miei 12 lettori conoscano: le mie storiche simpatie per Israele, il riconoscimento delle sue ragioni storiche, la legittima reazione alla strage barbara compiuta da Hamas il 7 ottobre del 2023 e anche il rifiuto netto della tesi dei movimenti pro Pal che proclamano la Palestina “dal fiume al mare”, cioè l'eliminazione del legittimo (istituito dall'Onu nel 1947) stato di Israele. Da rifiutare anche, ma forse si tratta di un dettaglio, la parola genocidio (eccidio di una razza) a proposito dei massacri di Gaza giacché più di due milioni di palestinesi vivono in Israele con gli stessi diritti degli altri. Vero, verissimo. Ma il dramma di Gaza non c'entra con tutto questo, anzi scolorisce, e forse tende a cancellare tutto quello che ho riconosciuto. Il vero responsabile di questa carneficina si chiama Netanyahu e la svolta é avvenuta nel 2024 quando, come ricorda Carlo Panella nel suo meticoloso ed esauriente articolo su L'Inchiesta, il ministro della difesa Yoav Gallant e il comandante dei vertici militari Herzi Halev sono stati bruscamente dimessi perché ritenevano che la guerra andasse conclusa perché gli obiettivi erano stati raggiunti. La strategia é uscita allo scoperto: massacrare e costringere i palestinesi a lasciare la Striscia per occuparla e intensificare il trasferimento dei coloni in Cisgiordania per rendere definitivamente impossibile la creazione di uno stato palestinese. Netanyahu ha affidato il comando politico a Smotricht e Ben Gvir, due fascisti (si definiscono proprio cosi, forse abusivamente) che intendono espellere tutta la popolazione palestinese da Gaza. Per questo e in linea con le posizioni:di Gallant e Halevi si sono dimessi i due ex generali Ganzt e Eisenkot. Dunque almeno da allora la guerra di Gaza ha assunto per Israele, o meglio per il suo governo, un carattere omicidiario e imperialista, e i massacri e l'affamamento della popolazione ne sono barbara conseguenza. Poco importa ormai che le delegazioni americana, israeliana e palestinese (Hamas) non abbiano trovato ieri un accordo almeno sul cessate il fuoco temporaneo. Si dia la possibilità ai giornalisti di tutto il mondo di entrare nella Striscia, si costruiscano corridoi umanitari per sfamare e medicare la popolazione, cessino i bombardamenti indiscriminati, non si spari ad ogni stormir di foglia o di uomo e di bambino. Chi ama Israele si sente tradito. Chi ne riconosce le ragioni ha ben presente che oggi si trova nel torto. Chi ricorda la strage del 7 ottobre non può non avvertire un forte brivido di disgusto e di orrore per il massacro di decine di migliaia di palestinesi. La comunità mondiale si é più volte dissociata. La Spagna e ora anche la Francia hanno riconosciuto lo stato di Palestina, legittimamente governato dall'Autorità nazionale palestinese in Cisgiordania. L'unica soluzione al conflitto é unificare Gaza e Cisgiordania, gradualmente epurata dalle colonie israeliane, sotto il governo dell'Anp e riconoscere il diritto ai due popoli e due stati. Questo sarà possibile se Netanyahu e Hamas non saranno più alla guida dei due contendenti Sarà possibile se l'odio, la morte e la vendetta cesseranno. Forse ci vorrà tempo. Molto di più di quello che pareva ipotizzabile prima del 7 ottobre. Ma altra soluzione se non la pace e la civile convivenza non c'è. E' uno sforzo che un parente di una famiglia ebrea massacrata da Hamas e che un genitore di figli trucidati dalle bombe a Gaza devono compiere. “Occhio per occhio si diventa ciechi”, amava ripetere il Mahatma. Impossibile?

Direttore. Nasce a Reggio Emilia nel 1951, laureato in Lettere e Filosofia all'Università di Bologna nel 1980, dal 1975 al 1993 é consigliere comunale di Reggio, nel 1977 é segretario provinciale del Psi, nel febbraio del 1987 è vice sindaco con le deleghe alla cultura e allo sport, e nel giugno dello stesso anno viene eletto deputato. Confermato con le elezioni del 1992, dal 1994 si dedica ad un'intensa attività editoriale (alla fine saranno una ventina i libri scritti). Nel 2005 viene nominato sottosegretario alle Infrastrutture per il Nuovo Psi nel governo Berlusconi. Nel 2006 viene rieletto deputato nel Nuovo PSI. Nel 2007 aderisce alla Costituente socialista nel centro-sinistra. Nel 2009 é assessore allo sport e poi all'ambiente nel comune di Reggio. Dal 2013 al 2022 ha diretto l'Avanti online.

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forum lettori lecodelpopolo@gmail.com

schierarsi senza leggere e riflettere crea solo fanatismo

Caro Eco del popolo, ho letto con interesse l' editoriale di Mauro del Bue pubblicato il 17 luglio e condivido la sua tesi che schierarsi senza leggere e riflettere crea solo fanatismo e superficialità. Il Nobel per la pace a Francesca  Albanese è semplicemente ridicolo, come del resto quello chiesto per Donald Trump. A me piace il confronto e mi sono cimentata con fonti sicure e posso asserire che stiamo assistendo alla fine della giustizia internazionale e, secondo alcuni giuristi, è sempre stata un' arma a doppio taglio, mentre altri sostengono che il problema non è la legge, ma la politica che dovrebbe farla rispettare.  Continua

Il diritto internazionale si è sempre basato sulla buona fede degli Stati, oggi quella buona fede si è sbriciolata. Anche Raji Sourani, direttore del centro palestinese per i diritti umani, difende vigorosamente il diritto internazionale, cita la Corte internazionale di giustizia che ha riconosciuto che a Gaza è in corso un possibile genocidio e ha ordinato a Israele di limitare l' uso della forza e rispettare la convenzione sul genocidio emettendo un mandato di arresto contro Netanyahu. Il problema sono gli Stati che hanno lasciato intendere che il diritto internazionale non deve necessariamente essere applicato con coerenza. Io credo nella giustizia, nella dignità dell' uomo, nei diritti umani non sono solo parole, sono le vite il dolore e la sofferenza delle persone. Un amico di Sourani gli ha detto che non riesce a guardare negli occhi la moglie e i figli perché non ha niente per sfamarli, il suo sogno è " voglio morire". Davanti a questo orrore non si può rimanere indifferenti, bisogna fermare la guerra e l'odio da qualsiasi parte arrivi.

C.L. Vicenza 25 luglio 2025

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Non sappiamo chi ringraziare, ma ci è pervenuto il comunicato che pubblichiamo appresso

Le campane della Torre Civica suonano per Gaza

“Questa sera, alle ore 22, le campane della Torre Civica di Cremona suoneranno per due minuti, in segno di partecipazione e vicinanza alla popolazione civile colpita a Gaza. Sarà un suono forte, limpido, che romperà il silenzio delle nostre sere estive. Due minuti di rumore, di consapevolezza, di solidarietà. Un gesto semplice ma denso di significato, per dire che non possiamo restare indifferenti di fronte al dramma umanitario che si sta consumando. L'iniziativa si inserisce all'interno della mobilitazione nazionale «Gaza muore di fame: disertiamo il silenzio», che invita città, istituzioni e comunità a manifestare pubblicamente la propria vicinanza alla popolazione civile palestinese, stremata da mesi di guerra, assediata dalla fame, dalla sete, dalla mancanza di cure.

Anche da qui, da Cremona, città di cultura, dialogo e pace, vogliamo unirci idealmente a chi oggi lotta per sopravvivere sotto le bombe, senza protezione e senza futuro. Le campane ci ricorderanno che dietro ogni conflitto ci sono persone, storie, umanità che chiedono solo di vivere in dignità e giustizia. Con questo gesto simbolico, vogliamo ribadire l'impegno a sostenere i valori fondamentali della convivenza umana: il rispetto dei diritti, la difesa della vita, la necessità di una risposta della comunità internazionale che sia guidata da principi di umanità, responsabilità e giustizia. Contro ogni guerra, per la costruzione di una pace giusta e duratura. Nel cuore dell'Europa, non possiamo ignorare questa sofferenza. Il suono delle campane sarà la nostra voce: un invito a fermarsi, a riflettere, a non voltarsi dall'altra parte. Perché il silenzio, oggi, è complice.

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MOZIONE 5 STELLE

Analogamente diamo notizia dell'avvenuta presentazione da parte della Consigliera Comunale Paola Tacchini, capogruppo della lista Movimento 5 Stelle - Cremona Cambia musica di attribuzione della cittadinanza onoraria alla relatrice speciale Albanese per la dedizione alla causa dei diritti umani. Attraverso una mozione indirizzata a sollecitare il Consiglio Comunale ad una attenzione ai grandi rivolgimenti della politica internazionale i. In particolare alla figura della relatrice speciale al centro del dibattito per le sue denunce delle sistematiche violazioni dei diritti umani da parte d e ll'esercito israeliano a Gaza.

La proposta, sostiene la proponente, mira a«dare rilievo al l'instancabile operato per

promuovere il rispetto del diritto internazionale, riconoscere il coraggioso, e spesso controcorrente, contributo per contrastare le atrocità e garantire giustizia alle vittime». Nella mozione (che né la diretta interessata né il Comune ci hanno fatto pervenire) si prospetta anche una cerimonia ufficiale «con il coinvolgimento attivo della cittadinanza per diffondere conoscenza del suo prezioso lavoro e dei valori che

esso incarna». «Saremmo onorati di poterla accogliere nella nostra comunità,riconoscendo il suo contributo per la costruzione di un mondo più giusto e umano.

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CHIOSA AI DUE SPUNTI

Il fatto che li abbiamo pubblicati entrambi (a prescindere che il primo ci è pervenuto anonimo e il secondo lo abbiamo copia incollato clandestinamente) dice sufficientemente di come la nostra testata pratica sul campo il principio della piena cittadinanza delle idee.

In qualche modo, il precedente numero del focus Haza ha (a firma del Direttore de La Giustizia) preventivamente interloquito con i contenuti della mozione Tacchini sulla cittadinanza straordinaria (che non si nega a nessuno, specie si presta  alle strumentalizzazioni partitiche).

Per la scampanata preannunciata in ora notturna (speriamo almeno a decibel tollerabili per la città, anche se ormai con i fuochi pirotecnici e “ospitate” sui tavoli istituzionali), ci sembra di percepire, attorno al Municipio, un clima di sciogliete le file del galateo.

In qualche misura, continua senza ritegno e senza freni l'impulso dei segmenti politici rappresentati o no nella Consiliatura ad usare l'istituzione come trampolino di lancio di campagne politiche. I cui contenuti sono, in democrazia, più che leciti, ma che si trova comodo, come appena detto, innescare col “drizzone” dell'evidenza mediatica.

Diciamo che bisognerebbe riflettere sull'opportunità di un uso strumentale della vita istituzionale municipale a servizio di cause che niente, come direbbe il magistrato Antonio, c'azzeccano con le prerogative e le funzioni amministrative.

A voler essere gretti, potremmo segnalare che il tempo e i sussidi (remunerativi) degli eletti vengono non raramente e non marginalmente metabolizzati dalle incursioni della politica nei consessi elettivi. Non ci pare che ciò costituisca una bella impronta comportamentale.

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Noi la pensiamo come segue

Innanzitutto ringraziamo gli autori dei due editoriali, Cacopardo e Del Bue, messi a disposizione della nostra testata. I due valenti giornalisti possono essere definiti “d'area” (uno addirittura in servizio permanente effettivo militante). Il loro lavoro consegna materiale prezioso. Pensiamo sempre con raccapriccio al suicidio sacrificale dei veterans intellettuali socialisti, che hanno rinunciato a "testimoniare" organicamente un contributo di storia e cultura politica. I "colonnelli" si sono dileguati.  Riappaiono di tanto in tanto a gettone nei talkshow. Ad essere circostanziati, il nostro ex parlamentare per 5 legislature e "pupillo" del leader maximo, di recente è intervenuto su questioni politiche: la protesta contro l'assottigliamento dei vitalizi.

Ciò premesso (senza livore) aggiungiamo alcune puntualizzazioni in materia di crisi in corso nel Quadrante Mediorientale.

Lo Stato della Palestina, come puntualizza su Corsera Andrea Nicastro, esiste solo sulla carta. Come riferimento geografico ha i territori assegnati dalla Risoluzione ONU 181 del 1947, che divise la Palestina Storica sotto mandato britannico in due entità territoriali: 56% alla comunità ebraica che accettò la Risoluzione e costituì lo Stato di Israele e il restante 44% alla complessa entità arabo- palestinese che non fece altrettanto. Limitandosi, si fa per dire, a contrastare nei fatti la demarcazione statuale decisa dall'ONU,  a rifiutare il reciproco riconoscimento, ad ingaggiare una guerra che dura da 80 anni, a proclamare la strategia di annientamento dello Stato israeliano. Nel 1988 il leader Harafat (non universalmente accettato da un'entità fortemente tributaria di un vassallaggio variegato del vicinato arabo e, a distanza, degli sponsors interessati a mantenere friabile il Medioriente) postulò lo Stato della Palestina. Proclamazione che,  nonostante il sostanziale gentleman agreement, sarebbe restato senza esito per effetto della permanenza sia del pregiudizio su tutto il fronte della questione degli arabo-palestinesi e dei circostanti arabi di quasi tutte le professioni sia del manifestarsi nell'opposto campo ebraico dell'ombra lunga, divenuta manifesta con la crescente invadenza dei Coloni e del loro aggregato politico militare (che marginalizza l'originario timbro liberalsocialista di Ben Gurion e Golda Mayer), di un pesante condizionamento regressivo dell'impronta liberaldemocratica. La proiezione di tale incontrovertibile processo involutivo (che grava sull'unità entità statuale di impronta liberaldemocratica dell"area) non può e non deve giusticare l'arbitro assiomatico con cui interessatamente si propugna la sconfitta del premier Nethanyau con la sconfitta preludio dell'annientamento di Israele. Di cui l'ingiustificata pretesa del riconoscimento unilaterale (in assenza di reciprocità) dello Stato della Palestina è plateale segnalatore.

Riflessione: giusto non girararsi dall'altra parte (di fronte ai bombardamenti e ai bimbi denutriti). Ma da 80 anni l'occupazione sistematica dei palestinesi è la cancellazione di Israele. Quasi sempre con terrorismo sistematico e guerre permanenti. Vero che non sono tutti terroristi. Ma vero anche che al loro interno non si ribellano all'ala terrorista che comanda. Sicuramente va fermata la guerra. Si ricordi però che fine ha fatto Rabin. I "fratelli" mussulmani dell'area m.e. si guardano bene dal favorire la convivenza. Perché gli va bene questa condizione  di instabilità.  L'amico di Sourani lo capisco. Ma pretende che il nemico (e i suoi alleati occidentali) si facciano carico del loro sostentamento mi sembra irrealistico (soprattutto in costanza di decine di sequestrati).

Con pieno rispetto della posizioni liberamente espresse (ma anche con la “pretesa” di non essere presi per i fondelli). Il dibattito ovviamente continua. (e.v.)

Dall'archivio L'Eco Attualità

  martedì 26 aprile 2016

25 aprile del 71° della Liberazione a Cremona. Manifestazioni partecipate, ma tra luci ed ombre

Pagine inedite della Resistenza Cremonese. Ferruccio Parri a Cremona. Nell’angusto ambiente cremonese Calatroni, di fatto, era molto sorvegliato e in assenza di telefoni decise di farsi sostituire negli abboccamenti da una sua giovane ma fidatissima amica, probabilmente ignara dei pericoli a cui si sarebbe esposta…

  venerdì 30 dicembre 2016

L'EcoNewsLetter del 30 dicembre 2016

Augurandovi un ottimo 2017 la redazione de L'Eco del Popolo vi propone una rassegna degli ultimi post pubblicati

  venerdì 22 gennaio 2021

Ma cos'é quella robina lì?

(una chiosa alla performance del detentore del nome e del simbolo)

  mercoledì 3 novembre 2021

New Mayor a New York

Dal nostro corrispondente Luigi Cazzaniga

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